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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea e dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.); e sin da ragazzo frequentatore della montagna, davanti a lei costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

mercoledì 7 settembre 2016

^^montagna: "MONVISO: CRESTA EST"


Anche se per circa 150 metri il Monviso (3841 mt.) non entra nella cerchia dei 4000 delle Alpi, la sua sagoma piramidale per linea seconda solamente al Cervino e la sua storia alpinistica ne fanno una montagna che, almeno per quello che mi riguarda, ha infiammato la curiosità di salirla.
Sulla bella e logica Cresta Est si snoda un itinerario alpinistico di media difficoltà (1200 metri di dislivello/AD/IV°), assolutamente da non prendere sotto gamba a causa della sua lunghezza, della quota e della non eccelsa qualità della roccia.
Dopo la sveglia alle quattro del mattino, ancora che è notte non solo fuori lasciamo il rifugio Quintino Sella, e con il piccolo cono di luce delle lampade frontali poste sul casco ci facciamo strada brevemente e comodamente fino al Colle di Viso. Poi via via sempre più faticosamente sulla ripida e sdrucciolevole morena detritica di instabili sfasciumi formata dalla confluenza dei due inclinatissimi canali che delimitano questo versante della montagna: a destra il Canale del Lago Grande, ed a sinistra il canale Baracco.
Puntiamo verso quello di sinistra alla cui base dovrebbero esserci della tracce di vernice gialla o rossa, a seconda delle relazioni reperite, ad indicare l'attacco della "via". In fondo a questa "goulotte" ad oggi 3 settembre 2016, c'è ancora una lingua di neve ghiacciata che dobbiamo rimontare sul suo lato sinistro. Con lo scuro ancora presente e scivolando ripetutamente, sforzandoci inutilmente di trovare le invisibili sverniciate, saliamo troppo.
Con circa un centinaio e passa di metri dislivello fatti, di ridiscendere non se ne parla e decidiamo quindi di seguire la cordata che ci precede che ha commesso il nostro stesso errore, e così troviamo un unico varco accessibile posto proprio in un punto in cui la larghezza della lingua di neve è ridotta al minimo e che, con un paio di delicati movimenti in verticale su terreno semovente e franoso, ci fa giungere su una larga cengia erbosa. Finalmente siamo sulla cresta proprio quando il sole sta sorgendo.
Mentre ci rifocilliamo sgranocchiando qualcosa e bevendo un po', ci leghiamo ed iniziamo decidendo di effettuare la scalata in conserva, lunga o corta a seconda del terreno, ma sempre con protezioni intermedie tra di noi e nei tratti più esposti anche con soste e tiri di corda.
Il panorama sotto di noi è da cartolina: da un ovattato mare di nuvole, come isole vengono fuori i monti tutt'attorno ed in primo piano, in basso, il Lago Grande di Viso ed il rifugio Sella.
Guadagnamo metri sulla cresta stando a volte alla sua destra (nord), o alla sua sinistra (sud), superando cengie erbose, paretine appigliate ed esposti ma brevi traversi, con difficoltà alpinistiche al massimo di III° grado.
La via è sporadicamente segnata a tratti da rare spennellate di vernice rossa che spesso si mimetizzano con i licheni delle rocce, da pochi chiodi di via, ed un telaio di bicicletta arrugginito, chissà chi si sarà mai preso la briga di portalo quassù?
Sopra di noi vediamo sempre l'imponente struttura rocciosa del Torrione Saint Robert verso il quale dobbiamo puntare, per arrivarci dobbiamo salire su terreno che inizia a divenire un po' infido con passaggi tecnicamente non difficili, ma estremamente delicati per quanto riguarda l'instabilità delle rocce.
Arrivati sotto il torrione noi lo aggiriamo a sinistra, prima traversando su una breve e solida cengia e poi risalendo per un lunghissimo e ripidissimo canale al cui interno scavalliamo crestine, salti e paretine, ma su terreno roccioso ostico perchè costantemente per nulla solido se non a tratti al limite del franoso e che, per prudenza, nei rari punti dove poter far sosta ci imponiamo di fare con sfilate in progressione di cordata.
Con pazienza finalmente giungiamo al colletto posto sopra il Saint Robert che visto dall'alto con i suoi scurissimi appicchi verticali che cadono nel vuoto sul versante nord, ed il triturato inclinatissimo canalone a sud dal quale siamo appena giunti, fa impressione.
Appena riprendiamo la salita sentiamo sotto di noi un cupo ed interminabile frastuono di frana pietrosa, che amplificato a dismisura dalla pareti del canale, rimbombando ripetutamente, ci ammutolisce.
Continuiamo silenziosi e sempre in conserva per esili fessure e passaggi esposti, ma almeno la roccia pare iniziare ad essere più stabile sotto le mani ed i piedi. Superato uno di questi, tra di me lo valuto di IV°... in conserva sulla cresta est del Monviso? ... Abbiamo materiale, si fa sosta. Poi si continua. Mio fratello ed io abbiamo una discussione: lui vuole essere più veloce ed io essere più sicuro, abbiamo tutti e due ragione. E' la stanchezza, non solo fisica, che viene a galla.
Visto che la lunga e non banale discesa dalla vetta sul versante sud per la "via normale" passa per il bivacco "Andreotti" (3225 metri), iniziamo quindi a prendere concretamente in considerazione l'ipotesi di un eventuale pernotto lì, quindi continuiamo la scalata senza aver più in testa l'assillo della lunga discesa dalla vetta fino al rifugio Sella entro sera.
Ancora in cordata scaliamo dentro uno stretto camino/fessura formato dal corpo principale del monte ed una grande lama di roccia, subito seguita da breve parete sulla quale ci si può proteggere grazie ad un cordino metallico, però poco visibile. Poi con passi delicati su pietrisco, leggermente in discesa per filo di cresta ed osservando poco sotto di noi sul versante nord un profondo canale detritico, che è fastidioso solamente da guardare. Meno male che non si doveva salir da lì penso tra di me.
Siamo in alto ed ora le enormi rocce sopra di noi assumono un aspetto decisamente rossastro, bene, la relazione che ho tra le mani testualmente dice: "... si percorre un breve tratto in discesa portandosi alla base di un ultimo torrione di rocce rosse, che si aggira in diagonale ascendente verso destra ... ecc. ecc. ".
E così andiamo pure sopra quest'altro torrione. Fin'ora abbiamo perso il conto di non so quante torri di roccia abbiamo superato.
Un ultimo passaggio tecnico: paretina, fessura e cengia. Siamo stanchi, la vetta è vicina e lo dice anche l'altimetro, però anche sul non difficile non serve la fretta ma solo non allentare l'attenzione, oggi quarta compagna di cordata. Con sollievo vediamo, era ora, i bolli gialli della via normale perchè l'ultimissimo tratto della "via della Cresta Est" si ricongiunge alla "Normale da Sud". Ed allora noi a cercare il bollo giallo successivo a quello che abbiamo a pochi centimetri dal naso. Ma c'è ancora da salire ancora fino ad intravedere finalmente la croce di vetta, che un po' alla volta si fa sempre più grande.
E' fatta, siamo contenti e molto stanchi, e la solita caciara fatta di birretta e risate la rimandiamo ad altro momento.
Non c'è nessun altro, siamo soli e finalmente seduti e non in movimento per una ventina di minuti ci godiamo la vetta del Viso.
Poi giù a perdere quota sulla lunghissima normale superando ancora con attenzione numerosi passaggi di II° in disarrampicata, fino al bivacco "Andreotti" per trascorrere la notte. Qui incontriamo tre alpinisti locali che il giorno successivo sarebbero a loro volta saliti sul Viso. Uno di loro, il gentilissimo Teresio, fornito di fornelletto ed acqua ci offre una quanto mai graditissima cena a base di lenticchie cotte al momento!
Sulla branda del piccolo ricovero trascorro la notte svegliato, che è sempre buio fuori, dai preparativi per la salita di Teresio ed i suoi due amici. Lo saluto ringraziandolo nuovamente.
Fattosi giorno a nostra volta riprendiamo la discesa lungamente dentro una grandiosa valle morenica fino al colle delle Sagnette, dove ci attende l'ultimo tratto tecnico sull'omonima e non banale ferrata, e quindi via verso il rifugio Sella e poi al Pian del Re dove arriviamo nel primo pomeriggio.
L'ultima nota è di carattere, se si vuole, storico. La montagna del logo della famosa casa cinematografica "PARAMOUNT" è il Monviso. Il suo proprietario si trovava in Piemonte presso delle cantine per comprare del vino, quando rimanendo colpito dalla sagoma del Viso che imponente si stagliava all'orizzonte, decise che quella splendida cartolina sarebbe diventata la sua icona.

4 commenti:

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