La mia foto
PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea e dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.); e sin da ragazzo frequentatore della montagna, davanti a lei costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

venerdì 20 dicembre 2019

--immersioni: "LA NEVICATA"


La forma tondeggiante che ricorda la bocca di un grande cratere e le rocce laviche scure e rossastre, sono elementi che chiaramente identificano l'antica origine vulcanica del lago di Castelgandolfo.
Durante le mie immersioni, inoltre, in diversi punti mi è capitato più volte di vedere il fondale ricoperto di una patina biancastra dovuta ad emissioni solforose, residue testimonianze dell'attività eruttiva che in epoche passate caratterizzava quest'ampia area geografica.
In una particolare zona del bacino però questo fenomeno è tanto evidente, e penso quasi sicuramente causato da un qualche immissario sommerso apportatore di acque ricche di zolfo, che il panorama sommerso si accende di una surreale e suggestiva luce biancastra quando illuminato dal faro subacqueo.
Sia per questo motivo, ma anche e soprattutto per la decisa pendenza del fondo, che da anni quando posso torno a tuffarmi in questo sito che praticamente è del tutto sconosciuto ai sub locali.
Qui il "Filmetto" della scorsa discesa effettuata in circuito chiuso (E.C.C.R._ 82mt/91min._ temp.acqua 13°-10°_ dil. TMX 12/44).

sabato 23 novembre 2019

--immersioni: "E L'ULTIMO ... CHIUDA IL CANCELLO !"


Perchè altrimenti potrebbero entrare degli spifferi di vento.
Senza variare per diramazioni laterali, con l'apparato a circuito chiuso seguo fino alla batimetrica degli 83 metri un filo guida, da tempo posizionato, che s'indirizza verso il fondo. Con le solite condizioni di visibilità del Lago di Castelgandolfo, trovo l'acqua un po' torbida nella zona che dalla superficie arriva a circa una ventina di metri. Poi, invece, il fascio dell'illuminatore ed il mio sguardo possono spaziare in avanti senza ostacoli.

lunedì 18 novembre 2019

--immersioni: "ALLE ACQUEVIVE"


Una volta giunto e fattosi giorno notavo che a causa delle abbondanti piogge cadute nei giorni precedenti nella zona di Scanno (AQ), il torrente Tasso, immissario dell'omonimo lago, invece di apportare acqua limpida come normalmente accade aveva un colore marrone che macchiava della stessa tonalità una parte del bacino.
Nel mio giro subacqueo iniziato presso le Acquevive, indirizzandomi verso il Tasso ad un certo momento mi si parava una nuvola di fitta sospensione davvero poco invitante che, muovendosi con andamento a me contrario, chiudeva totalmente gli orizzonti sommersi. Era la stessa acqua vorticosa e fangosa che avevo osservato all'aria e che una volta riversatasi dentro il lago, prima di perdere la sua spinta per inerzia ancora fluiva lontana dalla superficie.
Sul fondo, morti, ho visto diversi gamberi. Fatto che mi aveva colpito anche nell'immersione di una settimana fa.

giovedì 14 novembre 2019

^^montagna: "L'EMOZIONE DELLA PRIMA NEVE"



Dopo un'ottobrata con temperature primaverili se non in alcuni giorni addirittura estive prolungata anche ai primi di novembre, tant'è che il 5 a Pescara con 26° ho fatto il bagno al mare, finalmente arriva la prima neve ad imbiancare l'Appennino Abruzzese che, ripetuta ed immutata, genera l'identica emozione di sempre.
Scegliamo di salire per i 1500 metri di dislivello sulla vetta più alta del Massiccio della Majella per la rava della Giumemta Bianca, direttissima, decidendo nella parte superiore di uscire per la variante che da continuità alla linearità della sezione bassa e che attraversa una serie di rocce formate da guglie d'erosione incrostate della prima galaverna di stagione, ben visibili dal basso ma poco intuibili dalla cima.

sabato 2 novembre 2019

--immersioni: "SECCA PARADISO"


Già mentre scendevamo a mezz'acqua seguendo la cima guida del pedagno che congiungeva la superficie al cappello della secca, quaranta metri in basso, con agganciate lateralmente le bombole di bail-out io in circuito chiuso e decompressive Federico in circuito aperto, avevamo dovuto faticare non poco per rimontare una fastidiosa corrente proveniente da ovest. La stessa diveniva ancor più intensa negli ultimi metri che avevamo da percorrere poco prima di atterrare sulla nostra meta. Proprio in questa fase notavo anche che la piccola zavorra di piombo del pedagno, evidentemente posatasi e poi scivolata sul costone in un tratto ripido, si spostava a balzelli sulla sabbia del fondo spinta dalla massa dell'acqua in movimento.
Solamente quando iniziavamo a nuotare radenti le propaggini rocciose della secca, gli effetti della corrente finalmente diminuivano a causa dell'attrito fino a non sentirli quasi affatto quando c'infilavamo dietro scogli, spigoli o anfratti. Da quel momento abbiamo iniziato a gustarci a pieno la bellezza sommersa del sito che per tale motivo, e non a torto, è stato chiamato da quelli che per primi ci si sono tuffati, Paradiso.
Lasciandocela alla nostra sinistra abbiamo costeggiato una parete fittamente popolata di paramuricee che si accendevano di rossi e di gialli intensi quando investite dai nostri illuminatori. Effetto fisico ben noto e vissuto chissà quante volte da tutti i sub, ma che nonostante ciò rinnova la meraviglia quando sott'acqua quell'informe ramaglia apparentemente nera, o grigio scura nella penombra monocromatica della profondità del mare, quasi inaspettatamente prende vita di colori mozzafiato semplicemente grazie ad un colpo di luce artificiale.
Separato dal corpo principale da una larga fascia sabbiosa, a destra c'era un grosso, solitario ed interessante scoglio anch'esso pullulante di gorgonie. Per un momento avevo pensato di raggiungerlo, ma per far ciò però avremmo dovuto nuovamente avere a che fare con la corrente che intanto non aveva mollato. Osservando infatti le sottili estremità dei rametti gialli e rossi, le potevamo vedere incessantemente vibrare al forte vento marino.
Perciò abbiamo continuato sempre vicini al costone con la profondità che aumentava, osservando il rapido fuggi-fuggi dei fitti branchi di anthias color rosa/fucsia spaventati dalle nostre sciabolate luminose, ed una grande murena non intanata che con indifferenza a mala pena ci osservava, affatto impressionata da noi.
Prossimo al punto più basso della nostra immersione, adagiato sul chiaro della sabbia, abbiamo anche notato un grande cavo arrotolato in spire circolari, probabilmente caduto da qualche peschereccio. I tempi di fondo e relativi consumi iniziavano ad essere importanti in particolar modo per Federico che era in circuito aperto per cui, comunque in squadra, abbiamo deciso d'iniziare a riguadagnar quota zigzagando lentamente nel sottobosco bicolore.
A volte, quando l'amico si trovava diversi metri avanti o sopra di me, potevo osservare nettamente la sua sagoma allungata dalle pinne stagliarsi, incorniciata dal grappolo di bolle che fuoriuscivano dal suo autorespiratore: icona perfetta del sub immerso.
In tal maniera siamo tornati sulla sommità di questo ampio pianoro subacqueo dove abbiamo nuovamente incrociato l'intensa corrente, e da dove abbiamo lanciato in alto le nostre piccole e gonfiabili boette rosse segnala sub che consentivano all'Amico Tony del TREMITI DIVING CENTER, il nostro disponibile, professionale e competente barcaiolo, d'individuare la nostra posizione e dopo i dovuti tempi di decompressione recuperarci in superficie.

giovedì 31 ottobre 2019

--immersioni: "IL PIGNO"


Prospicente la verde e folta pineta che caratterizza l'Isola di San Domino alle Tremiti, sul versante orientala proprio a sud di Cala Matano, ci sono la punta e la cala del Pigno, a ricordare appunto le pigne del bel bosco di sempreverdi, e di fronte a 300 metri al largo, l'omonima Secca.
Si effettua l'immersione prima scendendo sul cappello della secca, per poi lasciarsi andare giù sui suoi contrafforti popolati di gorgonie gialle e rosse ed anche di alcuni rami di Gerardia Savaglia, il falso corallo nero.

domenica 27 ottobre 2019

--immersioni: "SECCA DI PUNTA SECCA"


E' sempre bello il tuffo alla Secca di Punta Secca dell'Isola di Capraia delle Tremiti, per antonomasia da sempre considerata l'Immersione con la "I" maiuscola della zona.
Al di là però di quella che può essere un'improbabile ed inutile graduatoria di bellezza delle varie immersioni fattibili nell'arcipelago, di sicuro gli scorci che gli occhi possono gustare una volta che si giunge ai così detti due archi sommersi che attraversano il massiccio roccioso da una parte all'altra, comunque emozionano sempre.
Il più grande dei due ha un'imponente ed alta volta sotto la quale ogni volta che vi transito, la meraviglia si rinnova grazie allo spettacolo che la natura geologica ha creato chissà come e quando. Il tutto è decorato da un esteso bosco di paramuricee che già dai 30 metri colonizza ogni possibile anfratto.
Nell'immersione odierna proprio quando eravamo giunti sul fondo sotto la gigantesca volta, un'intensa corrente in pieno c'investiva. Per forza di cose, a causa di ciò, dovevamo variare il nostro piano e profilo iniziale che prevedeva di scendere ancora oltre, tant'è che per riguadagnare i primi metri della risalita ci siamo dovuti aiutare anche con le mani aggrappandoci alle rocce.
Nella fase finale della decompressione sul cappello della secca a 7-8 metri, abbiamo incontrato barracuda che razzolavano in mezzo a fitti branchi di castagnole, attenti, alla ricerca di qualche preda.

domenica 20 ottobre 2019

^^montagna: "IACCETTO DI CAPO PEZZA"

Partendo dai 1450 metri di quota dei Piani di Pezza, appena usciti dal bosco e giunti ad un bivio, non indirizzarsi verso destra al Rifugio Sebastiani ma proseguire dritti per raggiungere poco dopo la zona detta Iaccetto di Capo Pezza, dove si trovano delle caratteristiche placche con belle e zigzaganti rigole d'erosione delle vie aperte da Vincenzo Abbate, a circa 1900 metri di quota, poste praticamente al centro del circolo glaciale formato dal Colle delle Trincere, Punta Trento, Colle dell'Orso, il Costone Orientle e le creste d'unione.
Il locale toponimo Iaccetto, ghiaccetto, è calzante in quanto la poca altezza dell'arco diurno del sole nella stagione invernale fa si che per diversi mesi questo settore non sia toccato dai suoi raggi, con conseguenti basse temperature che per lungo tempo fanno resistere gli accumuli nevosi.
Proprio per questo motivo nella nostra giornata d'arrampicata il sole ci ha scaldati solo per un'oretta, per il resto siamo stati alla più che fresca ombra di un 19 di ottobre.

venerdì 4 ottobre 2019

--immersioni: "SOLITUDO"





In questa solitaria immersione nel Lago di Castelgandolfo in e.c.c.r. con diluente HelAir 12/44, non ho visto nulla di particolare.
Un piatto fondale di scuro sedimento che scivola verso il basso con pendenza poco marcata sul quale non c'era neanche un masso, a tratti imbiancato da un sottile e bianco strato dovuto ad emissioni solforose, in generale è poco appetibile per la maggior parte dei sub.
Eppure nonostante il desertico piattume, immerso nel buio assoluto reso anche freddo dall'acqua a 10°, che ho raggiunto solo dopo aver attraversato uno strato molto torbido, sono riuscito comunque a trovare motivi nel pendolo dei pensieri che ondeggiavano tra l'ignoto sconosciuto e la personale curiosità che mi spinge ad andare avanti.
Ho trascorso gli ultimi scampoli sott'acqua osservando un granchio d'acqua dolce proprio in corrispondenza del punto della riemersione.

lunedì 30 settembre 2019

^^montagna: "CRESTA DEI FIORI"



Il 4 giugno 1995 Vincenzo Abbate e Luca Lunari salgono per la prima volta sul Monte Tino (serra di Celano), questa cresta da loro chiamata dei Fiori perchè i vari salti erbosi che intervallano la parte rocciosa ad inizio estate, momento d'apertura, erano in piena fioritura.
Noi in una giornata di fine settembre soleggiata e con una leggera ventilazione che rendeva ideale la temperatura la ripetiamo trovandola bella anche senza fiori.

lunedì 23 settembre 2019

^^montagna: "MAI TARDI"




La via Ciai-Pasquali, sulla parete est del Corno Piccolo che esce poco sotto la sinistra orografica della sommità della Punta dei Due, è una di quelle tipiche classiche del massiccio nelle quali gli apritori "GranSassiti" dell'epoca erano schiacciati da una sorta di complesso d'inferiorità nei riguardi dei colleghi che scalavano ed aprivano vie nello stesso periodo sulla catena delle Alpi. Questo fatto spesso li portò a sottostimare le loro esplorazioni su roccia compiute su questo gruppo montuoso.
Dopo averla ripetuta in tutto tre volte, tranquillamente posso affermare che proprio in uscita nell'ultima sfilata di corda ci sono difficoltà fino al V° superiore, cosa ben diversa dal IV° superiore riportato su varie relazioni.
In questa domenica di settembre abbiamo avuto una piacevole temperatura quando ci trovavamo al sole, mentre all'ombra decisamente il freddo si faceva sentire, tant'è che nel primo tiro la roccia gelata faceva perdere sensibilità alle dita delle mani.
Questa via è stata aperta il 12 agosto 1941 da Omero Ciai, un diciotene soprannominato dagli amici "il lupo", e da Pasquali.
Ciai, nato a Roma il 7 luglio del 1923, studiava ingegneria quando allo scoppio della seconda guerra mondiale si arruolò negli alpini con il grado di sottotenente. Dopo l'8 settembre del 1943 scelse di appoggiare le truppe di liberazione anglo-americane. Venne catturato dai tedeschi, deportato in Germania ed inquadrato coercitivamente nella divisione Monterosa della Repubblica Sociale (Repubblica di Salò,) che stava riorganizzando i suoi ranghi.
Quando la Monterosa fu fatta rientrare in Italia, con alcuni suoi uomini disertò ed iniziò la guerra partigiana con il nome di battaglia "Mai Tardi". Combattè prima in Valle d'Aosta e Piemonte con le Brigate Garibaldi, e poi in Liguria dove divenne vicecomandante della Brigata Garibaldi Coduri, e quindi capo di stato maggiore della Brigata Dall'Orco.
Nel 1945 durante un rastrellamento tedesco venne catturato. Fu giustiziato il 22 gennaio 1945 a Sestri Levante (GE), con un colpo alla nuca dopo lunghi tormenti.
Il suo comportamento nella guerra di liberazione dell'Italia gli valse la Medaglia d'Oro al Valor Militare alla memoria. L'Università La Sapienza di Roma gli ha conferito la laurea Honoris Causa in ingegneria.
Oggi una targa marmorea lo ricorda in Via dei Vascellari a Roma, dov'era la sua casa.

mercoledì 18 settembre 2019

^^montagna: "Via S.U.C.A.I."



Paolo Consiglio, Marino Dall'Oglio, Luciano Sbarigia e Roul Beghè, membri della Sezione Universitaria del Club Alpino Italiano di Roma (S.U.C.A.I.), il 2 ottobre 1948 sull'assolata ed esposta parete est della Vetta Occidentale del Corno Grande salirono per la prima volta questa linea (IV°+/AD+/350 mt.).
L'orientamento alpinistico potrebbe risultare non semplice se, non conoscendo la zona, prima d'iniziare la scalata non si ha l'accortezza di osservare con attenzione da una certa distanza, ad esempio dal bivacco A.Bafile, l'ampia placconata dove si snoda la via. Inoltre questo fattore di disorientamento può amplificarsi in quanto la S.U.C.A.I. incrocia altre vie di maggiori difficoltà.
In una calda e bella giornata infrasettimanale di settembre, assieme a mio fratello l'ho voluta ripetere perchè, se non ricordo male, l'ultima volta per me fu più o meno una decina d'anni fa.

martedì 10 settembre 2019

--immersioni: "EVERY BREATH YOU TAKE"


Attento ed emozionato molto più di te,
osservo ogni tuo respiro,
scie di bolle argentate che fuoriuscendo dal tuo autorespiratore,
ingrandendosi risalgono verso l'alto.

domenica 1 settembre 2019

^^montagna: "CIMON DELLA PALA"


"Perchè ciò che sopra ogni cosa
ci è caro cercare là in alto,
non è l'orgoglio e la gloria,
ma la bellezza e la gioia."

Antonio Berti - autunno 1956



Nelle gruppo delle Pale di San Martino di Castrozza (TN), la NORMALE AL CIMON DELLA PALA di 3184 mt (L.Darmstadter, Luigi Bernard, J.Stabeler 9 luglio 1889), detto anche il Cervino delle Dolomiti, è una bella e gratificante via alpinistica che sale su una montagna a dir poco magnifica!
Sebbene dal punto di vista tecnico si affrontano passaggi al massimo fino al III° grado, complessivamente l'ascensione risulta essere impegnativa (AD-). Ci siamo mossi sempre con la costante accortezza e consapevolezza di trovarci in un ambiente severo sapendo di posare le mani ed i piedi su di un terreno ovunque delicato, con passi su ghiaia, ricco di spaccature, crepe, fessurazioni vecchie e nuove, testimonianze dell'eterna vitalità del lavorio erosivo dei rigidi agenti atmosferici dell'alta montagna.
Inoltre nella programmazione della nostra ascensione abbiamo attentamente valutato anche il fatto che l'avvicinamento ed il rientro erano comunque lunghi, soprattutto in relazione agli orari dell'ultima discesa da monte delle funivie, fruibile per gli escursionisti ma praticamente impossibile agli alpinisti. Giocoforza quindi abbiamo anche preventivato un necessario pernotto in quota.
Giovedì 29 agosto siamo partiti alle 8 e 10 con la prima corsa degli impianti di Colverde ed in breve abbiamo così raggiunto la stazione superiore a 2700 metri circa, e pochi minuti dopo siamo entrati nel vicinissimo Rifugio Pedrotti per chiedere se c'erano eventualmente posti per la notte.
Tutto completo, allora al rientro dalla scalata programmiamo di rimanere in quota a dormire nel piccolo e spartano, ma accogliente, "Bivacco Fiamme Gialle" che praticamente è la copia identica del Bivacco Bafile al Gran Sasso d'Italia.
Con sulla schiena gli zaini un po' più sovraccarichi delle necessarie riserve d'acqua, di buon passo abbiamo iniziato l'avvicinamento per il non lontano Passo Bettega che ci ha immesso nella bella valle morenica detta Dei Cantoni nella quale, prima perdendo un po' quota e poi risalendola tutta su sentiero tra pietre, tratti più ripidi attrezzati con corde fisse e sparute macchie di neve residua, siamo arrivati al Passo di Travignolo (2950 mt), sovrastante l'omonimo ghiacciaio sul versante opposto a quello di salita. Da qui con un non lungo traverso ascendente a sinistra, sudatissimi, in due ore siamo arrivati al Bivacco posto a 3005 metri.
Il tempo di occupare con gli zaini che non abbiamo portato nella scalata vera e propria le brande non "prenotabili on-line", bere e mangiare qualcosa, prepararci e preparare il materiale per la salita, e siamo andati ad iniziare la vera e propria ascesa al Cimon della Pala.
Su ghiaione di tutte le dimensioni in breve abbiamo raggiunto il bordo sotto la spalla del Cimone. Poi siamo andati su una non difficile ma aerea crestina che ci ha condotto su di una sella dalla quale, scendendo con passi esposti (II°), siamo arrivati ad un caratteristico buco della roccia detto "Bus del Gat", che abbiamo dovuto scalare al suo interno sul pavimento terroso (II°), per uscire con passi di gatto appunto, dopo aver tolto tutto quello che avevamo appeso agli imbraghi dal suo stretto pertugio in alto.
Immediatamente dopo ci siamo ritrovati alla base di un incassato canale tra alte pareti, non ripidissimo ma un po' franoso e scivoloso con alcune rocce verdastre che con cautela abbiamo risalito tutto sino ad un forcellino che delimita in basso la Torre Grohmann.
Da qui ci siamo legati, ed in sette sfilate di corda abbiamo raggiunto la croce sul Cimon della Pala, non prima di aver percorso negli ultimi metri un saliscendi su di una cresta terrosa.
Stavolta abbiamo posticipato i nostri immancabili goliardici rituali per la vetta raggiunta. Il tempo grigio e nebbioso delle ultime ore infatti si era trasformato in concrete gocce d'acqua. A parte però il bagnato dal quale ci siamo riparati con le giacche cerate, erano dei nuvoloni troppo vicini, plumbei e cupi di tuoni che facevano eco non solo fuori sui monti.
Dalla vetta non si scende per sentiero, ed allora con sette corde doppie sulla via di salita, compresa l'ultima seppur breve ma prudenziale dentro il Bus del Gat, abbiamo manovrato con accortezza evitando tempi lunghi, fino a ritrovarci fuori dalle difficoltà alpinistiche con il temporale che intanto s'era allontanato, meglio così.
Le ore rimaste fino al calar della notte sono state nel Bivacco Fiamme Gialle alla luce delle lampade frontali. Chiacchiere, risate, panini un po' asciutti, cioccolata, frutta secca, biscotti e birra. Poi, al termine dell'intensa giornata con la stanchezza che iniziava a farsi sentire, è arrivato il sonno mentre la pioggia picchiettava sul tetto metallico del nostro ricovero.
Venerdì 30 agosto alle sette del mattino chiudiamo e serriamo la porta del piccolo posto che ci ha ospitati, iniziando la discesa verso la funivia per la stessa via dell'avvicinamento. Una volta arrivati però, prima di imbarcarci, sgravati degli zaini veloci siamo saliti alla vicinissima cima Rosetta (2743 mt), dalla quale si gode un ampio panorama su tutti i monti intorno, sulla verde vallata in basso con al centro San Martino di Castrozza e sul magnifico Cimon della Pala posto proprio di fronte.

venerdì 23 agosto 2019

^^montagna: "SPAZZACAMINI"


Al bel fresco della parete nord del Corno Piccolo, saliamo strisciando come spazzacamini dentro strette canne fumarie, una caratteristica struttura rocciosa che rende particolare la via Marco Florio.

domenica 18 agosto 2019

--immersioni: "BURBERA ACCOGLIENZA"




Al solito sulle sue sponde all'aria il bel Lago di Scanno in questa domenica di pieno sol Leone ci ha accolti in maniera amena, gaia e festosa con il suo paesaggio da cartolina bucolica che tantissimi turisti attrae proprio in questi classici giorni di ferie nazionali.
Al solito, però, lo stesso lago non ha mancato di manifestare la sua doppia personalità per chi come noi è voluto tornar a fargli visita sotto le onde.
Con modi burberi ci ha accolti con un bel salto in basso di sedici gradi di temperatura dell'acqua, 22° in superficie contro i 6° trovati alla quota raggiunta, ed una fangosa visibilità scarsa o a tratti anche nulla che ci imponeva di avanzare letteralmente a tentoni con le mani.
Di pari passo queste impegnative condizioni d'immersioni generano due tipi di sensazioni ed emozioni diverse che di seguito ed in un ininterrotto continuo si alternano e si susseguono l'una all'altra: da una parte la massima attenzione e concentrazione all'ambiente, alla navigazione, ai controlli sugli apparati, sugli strumenti, sul compagno di fianco e su di noi; dall'altra la gratificazione e la soddisfazione di poter stare con gli occhi e con lo spirito in questo strano mondo buio sommerso, in un pendolare andirivieni di curiosità ed interrogativi che sono l'essenza dell'esplorare.

martedì 13 agosto 2019

--immersioni: "SCOGLIO DELLA BOTTE"




Partiti da San Felice Circeo (LT), in una caldissima ed umida giornata d'agosto, su di uno spazioso gommone abbiamo navigato per circa 21 miglia nautiche per raggiungere lo Scoglio della Botte, un piccolo monolito che solitario sbuca fuori nelle acque delle isole Pontine, transitando vicini l'isola di Zannone con sullo sfondo la più estesa Ponza.
Fino al 1974 questo microscopico isolotto roccioso era usato come bersaglio dalla Marina Militare per esercitazioni di tiri d'artiglieria, naturalmente senza cariche esplosive, tant'è che durante l'immersione in un tratto sabbioso abbiamo anche notato un'ogiva di un proiettile sprofondata in mare (al minuto 2 e 18 secondi del "filmetto").
Il fondale che abbiamo esplorato in circuito chiuso (73 mt./105min.), è davvero unico ed interessante perchè i pendii sommersi di un versante dello scoglio, sprofondano giù con bellissime pareti verticali e gigantesche rocce in un'acqua che abbiamo avuto la fortuna di trovare straordinariamente limpida. Il nostro tuffo è stato ulteriormente abbellito incontrando alla massima profondità da noi toccata una piccola e bianchissima colonia di Corallo Nero (antipathella subpinnata), mentre alle quote della decompressione l'alga Cystoseira, caratterizzata da piccole appendici sferiche, colonizzava ogni anfratto.
Viste le distanze da percorrere di sicuro dal punto di vista logistico la giornata è stata lavorata, però sia grazie all'organizzazione, la professionalità e l'ospitalità di Tonino (NAUTILUS D.C.) e la bellezza del sito sommerso, consiglio l'immersione non solo agli amanti delle profondità perchè lo Scoglio offre spunti per le esigenze di tutti i sub.

lunedì 12 agosto 2019

^^montagna: "DIEDROLOGIA APPLICATA"


Scalata sulle assolate Fiamme di Pietra del Corno Piccolo per un suo "atletico" diedro che non concede sconti, e successiva salita sulla cuspide della Punta dei Due.

venerdì 9 agosto 2019

^^montagna: "TAMAR(r)A E LA POCHETTE"


Ci sono alpinisti che sono ricordati per le loro gesta ed imprese.
Altri ai quali sono state dedicate cime, creste e vette.
Altri ancora che hanno dato nomi a manovre di corda, movimenti, rifugi e bivacchi.
Però nessuno, e dico nessuno, sarà ricordato come TAMAR(r)A per la sua stilosissima ...
pochette !

sabato 3 agosto 2019

^^montagna: "VIA PINELLI-RAMORINO"




Per la seconda volta dopo quattro anni (su questo sito post di agosto del 2015), io e mio fratello ripetiamo la Pinelli-Ramorino, storica via alpinistica che risale un pronunciato pilastro posto in una zona remota del versante sud della Vetta Orientale del Corno Grande nel massiccio del Gran Sasso d'Italia.
A mio modo di vedere questa scalata va suddivisa in tre parti ben distinte che richiedono ognuna una modalità d'approccio.

Prima parte L'avvicinamento che inizia proprio alle spalle della piccola costruzione di lamiera rossa del bivacco, come buongiorno propone a freddo un lungo tratto di un centinaio di metri di sviluppo di alpinismo orizzontale che ci ha fatto muovere i primi passi su una naturale linea della parete che forma per i piedi un'esilissima cengia cosparsa di sfasciumi la quale oltrepassa un paio di canali, che precipitano verticali verso il basso, ed uno spigolo. Superato quindi un caratteristico intaglio, abbiamo attraversato prima per sfasciumi di roccia e poi per ripide erbe il canale Haas-Acitelli. Questo sarà l'unico pezzo dove sempre con la massima attenzione ci si può permettere il lusso di camminare con sotto e sopra gli occhi uno smisurato caos di rocce e precipizi, prima di arrivare ad un erboso pulpito dal quale con una breve doppia di una decina di metri che supera un roccione strapiombante, ci siamo calati nel sottostante canale Sivitilli. Risaliti per qualche metro finalmente siamo arrivati all'attacco della Pinelli-Ramorino proprio alla base del pilastro dove abbiamo riposato un po' ed anche bevuto perchè intanto il sole, che ci ha fatto sentire la sua bollente compagnia per il resto della giornata, s'era alzato.

Seconda parte Anche in questa nostra seconda ripetizione volutamente ci siamo discostati dalle varie relazioni che descrivono la linea di salita più a destra di quella scalata da noi che invece si snoda verso l'alto tenendosi costantemente solo a due, o al massimo tre metri e non di più, di poco a destra del filo un po' arrotondato del pilastro, in modo da avere quasi sempre a vista il profondo canale che lo incide al suo lato di mancina. Così l'arrampicata risulta praticamente verticale con roccia quasi sempre buona, a parte qualche sezione delicata, con un secondo bellissimo tiro in camino che per tutta la sfilata di corda per quanto mi ha entusiasmato, mi ha fatto dimenticare la voglia di bagnare la bocca arsa dal gran caldo divenuto pesante, con un sorso d'acqua. Abbiamo anche riconosciuto e superato la zona di una sosta che mi è particolarmente rimasta in mente nell'ascensione del 2015. La linea della via sfila 5 tiri di corda; le soste sono da attrezzare, tranne la seconda (addirittura di tre chiodi), e quella d'uscita con fettuccia su blocco; tranne un chiodo trovato, tutta la via lungo i tiri è da proteggere (noi abbiamo usato molto i friends). La Pinelli-Ramorino è una logica scalata che a noi è piaciuta. Non era ancora finita, mancava la terza parte, quella finale proprio quando nonostante la naturale stanchezza che iniziava a farsi sentire, ed il gran caldo bisognava rimanere concentrati.

Terza parte Per giungere infatti proprio in cima al pilastro c'erano ancora da percorrere un centinaio di metri di sviluppo sui quali al massimo si superano difficoltà di II° grado, ma su di un terreno infido fatto di rocce instabili totalmente triturate dal ghiaccio invernale. In conserva e sempre con una protezione intermedia tra noi, a corda corta così siamo risaliti con movimenti attentamente soppesati, prima ad uno stretto forcellino visibile dall'ultima sosta, poi lasciandocelo a sinistra ad un grande buco nella parete che forma una finestra, prima di scendere delicatamente di qualche metro ed aggirare sulla sinistra con gli ultimi passi alpinistici il cocuzzolo tondeggiante del pilastro che su di una sella si spegne sulla cresta principale. Da quel punto in poi, fuori dalle difficoltà, abbiamo potuto riporre le corde e camminando sempre appena sul lato sinistro della cresta, ed oramai in vista della Vetta Orientale, siamo sbucati ad incrociare i bolli del sentiero dove finalmente ci siamo potuti sedere a riposare e stappare la lattina di birra.
Poi nell'ordine: discesa per tracce di sentiero fino all'alveo del purtroppo a secco del Calderone, risalita al Passo del Cannone, quindi Sella del Brecciaio, Sella di Monte Aquila, Piazzale dell'Albergo dove finalmente smettiamo di camminare, auto fino a Castel del Monte , sosta al bar e birra fresca.

martedì 23 luglio 2019

^^montagna: "CAMPANILE LIVIA GARBRECHT"




Salita par la variante Gigi Mario della Via dei triestini, al campanile delle Fiamme di Pietra.

lunedì 15 luglio 2019

--immersioni: "CLEAR WATER"




Ogni tanto ci ritorno. Nonostante la bassa profondità, il piccolo lago sorgivo di Posta Fibreno in provincia di Frosisone da sempre offre un'acqua con una limpidezza unica.
La bellezza dell'immersione sta appunto in questo: avere la sensazione di restarsene sospesi quasi nel vuoto assoluto in un'atmosfera singolarmente luminosa e rara da trovare, con gli occhi che si gratificano osservando le sfumature liquide blu e azzurre che si alternano alle varie tonalità di verde delle piante e delle fluttuanti matasse d'alghe che sembrano ovatta.

lunedì 8 luglio 2019

^^montagna: "LA VIRGOLA"




Concatenando la sezione bassa della via Sivitilli-Giancola-Fantoni-Modena con la via della Virgola, che fedelmente segue l'inconfondibile e caratteristica fessura/camino che le dà il nome, praticamente ne viene fuori una bella scalata su tutta la parete nord della prima spalla del Corno Piccolo, dai prati fin sul filo della cresta.
L'esposizione a settentrione e l'ombra in questa parte della montagna hanno stemperato quel gran caldo sentito di primo mattino durante l'avvicinamento.

giovedì 4 luglio 2019

--immersioni: "IL MUCCHIO BIANCO"


In località Favazzina di Scilla (RC), dalla Secca dei Francesi il picco roccioso la cui sommità si eleva a più di 40 metri di profondità, mi sono lasciato andare giù dai suoi contrafforti attraversando una fitta ed estesa colonia di corallo nero (Antipathes subpinnata/Antipatella subpinnata), che contrariamente a quanto farebbe pensare il nome imbianca il panorama blu con i suoi vaporosi e sottili rametti. Di nero, effettivamente, ha solamente lo scheletro visibile quando l'organismo è morto e secco.
Ho trascorso tutto il tempo di fondo vagando dentro questo insolito bosco sommerso fin quando iniziando a tornar su me lo sono lasciato in basso tra le pinne per riguadagnare il cocuzzolo del pinnacolo. In questa fase ho incontrato scorfani e murene.
Staccandomi dalla vetta, prima in libera e successivamente sul filo del mio pedagno lanciato ho completato l'ascesa fino alla superficie dove Franco mi recuperava (75mt per 110 min. in E.C.C.R.).
Non è inutile, anzi, sottolineare e mai dimenticare il fatto che le immersioni nello Stretto di Messina vanno effettuate solo ed esclusivamente in calma assoluta di corrente che da queste parti ciclicamente compie un andirivieni da nord a sud e viceversa, spostando immense masse d'acqua che per il sub diventano assolutamente impensabili da contrastare.

martedì 2 luglio 2019

--immersioni: "SOTTO LA MONTAGNA"




La Montagna di Scilla (RC), sito d'immersione raggiungibile anche da terra, è un gigantesco monolito roccioso ammantato di un intricato sottobosco di bellissime paramuricee gialle e rosse, la cui base è appoggiata a circa quaranta metri su di un fondale molto inclinato. Il tuffo, che rientra quindi negli standard "ricreativi", è molto gratificante appunto per gli accesi colori che queste colonie di organismi dall'apparenza di piante offrono a perdita d'occhio.
Con l'apparato a circuito chiuso sono sceso fino ad 85 metri, grosso modo la quota delle più basse propaggini rocciose "Sotto la Montagna", potendo ancora ammirare lo spettacolo delle gorgonie che mi hanno sempre accompagnato popolando fittamente tutta la scogliera sommersa, praticamente fino alla massima batimetrica da me raggiunta.

domenica 30 giugno 2019

--immersioni: "DISCESA SULLO SCALONE"


Profonda discesa ad 81 metri in circuito chiuso al così detto Scalone dello Stretto di Messina, la lunga bastionata rocciosa sommersa lunga poco meno di due miglia nautiche, il cui più elevato gradino ad una ventina di metri forma un netto taglio che dalle verdi praterie di posidonia cade giù verticale, seguito poi da una singolare serie di salti e pareti calcaree ricche di vita, i gradoni dello Scalone appunto.

domenica 16 giugno 2019

^^montagna: "VIA DEI GASTEROPODI"




Poco prima di entrare nello splendido Vallone di Santo Spirito a Fara San Martino (CH), osservando sulla destra si notano delle inclinate stratificazioni calcaree che vanno a formare degli speroni. Su di uno di questi Iurisci e Iubatti nell'ottobre del 2006 hanno aperto la divertente via dei Gasteropodi che si snoda su di un'aerea cresta.
Per cercare di evitare il gran caldo esploso di colpo, attacchiamo di mattina presto aiutati anche dal fatto che il cielo coperto ci ha donato anche qualche tuono e un po' di goccioloni di pioggia.
Terminata la scalata ed appena iniziate le tre doppie di discesa (60mt/35mt/50mt), delle quali l'ultima con un tratto di una decina di metri nel vuoto, le nuvole sgomberavano il cielo lasciandolo tutto all'implacabile sole che con il suo calore ci ha bolliti per bene nel nostro sudore.
Arrivati giù l'unica cosa da fare per rinfrescarci era di tuffarci nelle fredde acque della sorgente Del Verde.

sabato 15 giugno 2019

--immersioni: "E TI VENGO A CERCARE"




Profonda discesa fino ad 85 metri sul versante nord dell'Isola di Capraia alle Tremiti, per tornare nuovamente dopo tanto tempo sul relitto di un motopeschereccio.
L'acqua limpida era tale fino a circa 65 metri poi una spessa nuvola di sospensione ammantava tutto di una nebbia che mi offriva al massimo 3 o 4 metri di orizzonte davanti alla maschera, perciò dato che il battello affondato è disposto con la poppa verso terra e non è una grande nave individuabile comunque a prescindere dalla visibilità, in pratica diventa un piccola profilo di sagoma dissolta nella bruma del fondo.
Con queste condizioni probabilmente ci sono passato accanto ad una decina di metri, chissà, non accorgendomi assolutamente della sua presenza.
In qualsiasi maniera sia andata, relitto incontrato o meno comunque per me ne è valsa sempre la pena. Ringrazio la Ciurma del Tremiti Diving Center che con puro spirito di Amicizia ci scorrazza a nostro piacimento in questi vagabondaggi sommersi.

domenica 9 giugno 2019

^^montagna: "CRESTA OVEST DELLA SERRA DI CELANO"


La netta ed inconfondibile Cresta Ovest della Serra di Celano (monte Tino 1923 mt), sebbene alterni tratti di roccia a tratti erbosi, è sempre molto aerea, panoramica ed esposta. Per questo motivo l'abbiamo scalata in conserva protetta, ed in alcuni brevi pezzi con la classica progressione.
La bellezza della linea e dell'ambiente, accoppiati all'affiatamento della cordata ha fatto si che alla fine ne venisse fuori una bella e svagante giornata di montagna.

venerdì 7 giugno 2019

--immersioni: "AGLI ARCHI"


Seppur più che conosciuti, in ogni parte ci sono alcuni siti d'immersione che per la bellezza e la particolarità dei loro fondali sono sempre in grado di rinnovare emozioni al sommozzatore che ha l'opportunità di frequentarli, e gli Archi della Secca di Punta Secca dell'Isola di Capraia nell'arcipelago delle Tremiti senz'ombra di dubbio rientrano in questa categoria.
Grazie all'essenziale assistenza, e soprattutto all'estrema disponibilità e cortesia degli Amici della Ciurma del "TREMITI DIVING CENTER", in una giornata infrasettimanale abbiamo potuto ripetere con nostra grande soddisfazione il tuffo in quella che è considerata la chicca di questi fondali.
In pratica i così detti Archi sono due passaggi, uno più piccolo e l'altro decisamente più grande, che attraversano da parte a parte un pronunciato costolone roccioso che indirizzato verso l'alto fino a 6 metri di fondo va a creare una secca un po' distante dall'estremità dell'isola, mentre verso il basso termina sul sedimento sabbioso ad un'ottantina di metri circa.
L'atmosfera creata dall'insolita ed imponente geometria calcarea sommersa, accoppiata alla bellezza dell'intricato ed esteso sottobosco di paramuricee rosse e gialle, genera un costante senso di meraviglia che, come già detto, rimane invariato nel tempo.

--immersioni: "SOMMO PERTUSO"




Da San Felice Circeo, dopo aver navigato con il gommone in direzione delle Isole Pontine per 13 miglia nautiche, abbiamo raggiunto la verticale di un'ampia sommità sommersa situata ad una cinquantina di metri dal pelo dell'acqua, le cui propaggini più fonde abbondantemente superano i 100 metri.
Ormeggiato il mezzo nautico quindi ci siamo potuti immergere per attraversare un caratteristico pertugio sommerso nella roccia, il pertuso appunto, che forma un arco sulla cui volta c'erano un gran numero di belle spugne gialle.
La discesa con gli apparati a circuito chiuso tra gorgonie, stelle pentagono, astrospartus ed altra vita marina tipica del coralligeno Mediterraneo è poi continuata fino a 75 metri dove, comunque, si vedeva il pendio sommerso perdersi ancora verso il basso nell'acqua oggi molto tersa.
Nel percorso di rientro fino alla linea di discesa/risalita, abbiamo rimontato una lieve bava di corrente che però non ha assolutamente disturbato la pinneggiata. Il resto è stata la lunga decompressione sul cavo d'ormeggio.

domenica 12 maggio 2019

^^montagna: "R.D.V."


Sui monti d'Abruzzo, arrivati quasi alla metà di maggio, code di perturbazioni fredde sono la causa di precipitazioni nevose e di persistenti temperature basse che di fatto di poco fanno variare, per lo meno alle quote al di sopra dei 1800 metri, la consistenza del manto.
Vista allora il permanere della situazione proficua per lo scialpinista, decidiamo di effettuare un'uscita sulla Majella optando di salire dalla Rava del Ferro gli amici, e dal Canale Intermedio il sottoscritto, per poi scegliere di sciare tutti assieme nella bella Rava della Vespa a chiudere un classico e lungo anello di queste zone.

mercoledì 8 maggio 2019

--immersioni: "L'ANGUILLA"


Durante la discesa nelle acque del Lago di Castelgandolfo, a circa 40 metri illumino con la torcia subacquea due anguille.
Una fugge via immediatamente mentre l'altra inzia a nuotare tranquilla e con costanza verso il fondo. Decido di seguirla e così la posso osservare per un lungo tratto mentre lenta e per nulla infastidita dalla mia presenza sinuosamente procede ondeggiando il suo lungo corpo a non più di un centimetro dal molle pavimento sottostante, non sollevando il minimo sbuffo di limo.
A 70 metri arriviamo ad un bivio: lei (o lui?), continua la sua discesa ed io, invece, inizio la risalita.

martedì 30 aprile 2019

^^montagna: "CANALONE EST ALL' ACQUAVIVA"


Con la scalata in condizioni invernali al Canalone Est del Monte Acquaviva (2737 metri), abbiamo intrapreso un vero e proprio "viaggio" durato due giorni in un angolo isolat e remoto della Majella.
Chi decide di venire a scalare da queste parti lo fa sicuramente non per cercare l'estetica nelle difficoltà tecniche dei singoli passaggi o tratti della progressione, ma per vivere un'immersione totale di alpinismo esplorativo.
Dai circa 800 metri di quota della base dell'incassato Vallone di Palombaro (tra salita e discesa supereremo in totale più di 4000 metri di dislivello), stracarichi oltre che del normale equipaggiamento da scalata anche del necessario per rimanere fuori due giorni, siamo partiti alle 10 e mezza della mattina per risalirlo tutto ed arrivare all'accogliente Rifugio Martellese (2034 mt), dove abbiamo trascorso il resto della giornata accendendo il fuoco del camino, cucinando, e la notte appisolandoci sui tavolacci in legno delle brande a castello.
Per primo come d'abitudine, che era ancora scuro ho aperto gli occhi ed ho dato la sveglia a Fausto e Marcello, quindi al sorgere del sole ci siamo mossi per iniziare l'avvicinamento alla parete di nord-est del Monte Acquaviva.
Abbiamo così prima rimontato il Monte Martellese (2259 mt), quindi siamo scesi alla caratteristica sella della Carrozza (circa 2150 mt.) naturale spartiacque tra la Valle dell'Inferno e la Val Forcone, per poi immetterci nella parte alta di quest'ultima che abbiamo costeggiato fino ad arrivare all'attacco della via.
A dir la verità il programma iniziale era quello di scalare il Canalone Claudia, però una volta arrivati e constatato che un suo tratto era a secco di neve ci siamo decisi per il vicino Canalone Est, o Via del Nevaio, superando proprio all'attacco l'unico tratto scoperto con passi di II° su rocce sparse ed erbe, seguiti poi dalla continuità del manto fino all'uscita che, su neve durissima, abbiamo variato alla nostra sinistra per goulotte più pendente. Al termine delle difficoltà è seguito il rimonto sulla tondeggiante cupola sommitale dell'Acquaviva che già di per se estesa, con la pesantezza delle gambe che iniziava a farsi sentire a noi pareva allungata ancor di più.
Nonostante poi i 33 centilitri di birra contenuti nella lattina siano stati davvero pochini per dissetare le nostre gole prosciugate, sono comunque bastati per fare la solita caciara di soddisfazione per l'obbiettivo raggiunto.
La parte finale è stata poi la lunghissima discesa, con tappa al rifugio per recuperare sacchi a pelo e vettovaglie varie. A valle giungevamo stanchissimi ma gratificati.
La discreta e continua presenza dei camosci, i veri padroni di questi monti, ci ha fatto compagnia in questi due giorni immersi nella Majella.

lunedì 22 aprile 2019

^^montagna: "VALLONE BIANCO"


Il Vallone Bianco è un inciso canale che dalla vetta del Monte Porrara (2136 mt) scende dritto in direzione ovest fino ai 1200 metri di quota dove incrocia la strada che congiunge Campo di Giove a Rivisondoli.
Durante l'inverno, spesso le valanghe che partono proprio dalle creste sommitali spazzano con la loro forza l'intero versante giungendo non di rado fino alla strada che per motivi di sicurezza viene interdetta al transito.
Per effettuare quindi una scialpinistica in questa zona, bisogna assolutamente attendere che le cornici nevose sommitali siano cadute giù ed avere la certezza che tutto il pendio sia ben assestato.
Queste sono state le condizioni che abbiamo trovato nell'uscita al Vallone Bianco (scialpinisticamente classificato B.S.A.), per il quale siamo saliti e scesi.

domenica 21 aprile 2019

--immersioni: "IL ROSPO"


Nel Lago di Bracciano una piccola statua di rospo è stata posizionata alla batimetrica dei 53 metri, sulla spiaggia prospicente la località di Trevignano Romano.
Dato che i fondali di questo specchio d'acqua degradano in maniera lievissima, raggiungere in immersione il sito del batrace partendo dalla spiaggia come di norma si procede, fa diventare la faccenda da non sottovalutare per ciò che concerne i tempi di permanenza alla massima quota, e di conseguenza per la relativa decompressione e scorte di gas.
Di per se la visione della seppur simpatica statuetta dell'anfibio tutto sommato è poca cosa, però essa diviene la scusa per una discesa d'interesse nel lago, sempre naturalmente per chi sia motivato all'atmosfera crepuscolare che questo particolare ambiente sommerso sà offrire.
L'acqua aveva una visibilità più che discreta e con temperatura di una quindicina di gradi in superficie, rispetto alla decina del fondo. Ho incontrato poggiati sul fango anche una paio di lucci ai quali, grazie alla silenziosità dell'apparato a circuito chiuso, sono riuscito ad avvicinarmi fino a qualche spanna. Per un po' mi hanno osservato poi, infastiditi più che spaventati, scodando si sono allontanati sollevando una nuvola di mota.

venerdì 12 aprile 2019

domenica 7 aprile 2019

^^montagna: "INVERNALE (o primaverile?) SUL PIZZO CEFALONE"


Il programma di massima era quello di andare a scalare un canale sulla vetta occidentale del Corno Grande. Durante l'avvicinamento alla sella di Monte Aquila, però gli accumuli di neve ventata caduta il giorno precedente ed assolutamente non coesa con il manto già assestato, in certi punti sprofondavamo ben oltre la caviglia, mi facevano scegliere di variare decidendo quindi di raggiungere la vetta del Pizzo Cefalone(2533 mt).
Nel lungo e bellissimo saliscendi di cresta, abbiamo riguadagnato prima il rifugio Duca degli Abruzzi e poi la base rocciosa della nostra meta, raggiunta andandoci a cercare decise rampe di neve dura in un panorama di rocce ricoperte di un'insolita, per il periodo, galaverna.

domenica 31 marzo 2019

^^montagna: "VIA STORICA ALLA META"


Nel Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, ascensione invernale per la parete nord-est del Monte Meta (2242 mt) sull'alpinistica Via Storica, che iniziando poco prima di un netto costolone roccioso salendo situato sulla sinistra e grosso modo a metà del Canalone Centrale, su costanti e sostenute pendenze finisce poco distante della croce di vetta.
Su tutta la linea abbiamo trovato neve portante ed in ottima condizione per gli attrezzi, tranne immediatamente dopo l'inizio del terzo tiro, quando non appena ripartiti dalla sosta abbiamo dovuto superare un tratto di rocce poco proteggibili ed a secco (III°), o con neve poca e marcia sopra.
Un ripidissimo muro è stato l'ultimo ostacolo da svalicare prima di uscire dalle difficoltà sulla panoramica cresta.

lunedì 25 marzo 2019

^^montagna: "GEMELLO CON VARIANTI"


La sezione settentrionale del lungo massiccio del Sirente è caratterizzata da due ampi, evidenti ed inconfondibili canaloni glaciali chiamati "Gemelli", rispettivamente di sinistra e di destra, che interrompono la continuità dell'articolata ed estesa parete nord.
In solitaria dai 1100 metri dei Prati del Sirente sono partito al sorgere del sole, sei del mattino, trovando un'insolita temperatura per il periodo di -5°. Di lena ho rimontato i ripidi pendii boschivi sotto la bellissima faggeta ancora spoglia di foglie ed a quota 1500 metri ho dovuto calzare i ramponi. Proseguendo, sono uscito dal bosco venendomi a trovare sotto l'imponente bastionata rocciosa.
Traversando a destra ho rimontato sopra vecchi slavinamenti e svalangamenti fino a giungere sotto la direttrice del canale Gemello di sinistra.
Da questo punto ho iniziato la vera e propria salita pestando neve molto dura con tratti ghiacciati.
Nella parte superiore, a quota 1850 metri circa, ho deciso d'indirizzarmi sulla sinistra dove si apre un altro canale più ripido di quello già salito, è la variante Iurisci che termina più in alto dell'uscita normale e proprio in vista della cima di Punta Macerola a 2258 metri.
In discesa dopo aver imboccato il Gemello sono andato giù per un tratto, quando a circa 1950 metri di quota prima di incrociare nuovamente la variante Iurisci percorsa, alla mia destra una bella rampa m'invitava nuovamente a scalare.
Salgo fino ad una selletta, 45-50°, dalla quale in basso a mancina notavo le mie peste della precedente ascesa. Piegavo poi decisamente a destra indirizzandomi verso una strettoia tra massi, con inclinazioni via via crescenti dai 55° fino ai 75° e con neve ancora ben solida sotto i ramponi.
Aiutandomi con le mani delicatamente ho superato un muretto di rocce con passi su misto di III°. A quel punto avrei dovuto traversare 2-3 metri a sinistra e poi risalire di poco per andare sul finale speroncino nevoso, visto prima dall'alto, che si ricongiungeva alla linea di vetta principale. La pendenza continuava ad essere sostenuta con l'aggiunta della neve diventata qui marcia.
Mi mancava davvero poco perché al massimo erano 3 i movimenti più impegnativi, poi le difficoltà sarebbero calate. Ero fortemente tentato.
Ho guardato verso il basso le mie lontane peste proprio all'inizio del tratto molto ripido. Slegato, senza protezioni e solo non era il caso, ed ho deciso di scendere.
Anche ripercorrere disarrampicando il pezzo appena salito, però non era uno scherzo.
Concentratissimo nei pensieri e nei singoli movimenti demoltiplicati, al rallentatore sono andato giù centimetro dopo centimetro faccia a monte, fin quando finalmente non ho riguadagnato il più tranquillo scivolo del gemello.
Alpinismo.

domenica 17 marzo 2019

^^montagna: "FILO DI SCOZIA"


Il canalino di alpinismo invernale Filo di Scozia, aperto da G.Guzzardi nel dicembre del 1989, è situato sulla destra orografica del terzo superiore del Majori, l'imponente valle glaciale che caratterizza il versante settentrionale proprio sotto la vetta del Sirente.
La quindicina di centimetri di neve fresca recentemente scesa che si è depositata sopra quella già oramai trasformata, ha reso l'avvicinamento davvero lavorato. Infatti in salita ho dovuto battere la traccia dal momento in cui ci siamo ritrovati sulla radura, proprio alla base del ripido vallone, fino all'attacco.
Il canale della via comunque è sempre aperto, panoramico e con pendenze mai eccessive. Un'impennata finale poco prima di uscire sulla bella ed aerea cresta del Peschio Fradicio, quella che separa il Majori dalla Valle Lupara, è stato l'ultimo ostacolo alpinistico da superare.

lunedì 11 marzo 2019

^^montagna: "SOGNO DI PRIMAVERA"


Stavolta assieme all'amico Fausto, a distanza di una settimana mi trovo nuovamente alla base del versante nord di Monte Canale nel gruppo del Sirente (Appennino Abruzzese), per scalare la via invernale Sogno di Primavera che sale nella profonda ed incassata gola che si apre tra la linea principale della montagna ed il suo avancorpo, detto "Pala" a causa della sua forma.
All'interno della goulotte, che offre decise e costanti inclinazioni, abbiamo preferito salire in progressione di cordata arrampicando sempre sopra una neve durissima ed in un ambiente che ai nostri occhi ai lati offriva ripidissimi spalti rocciosi sempre in ombra, in basso un panorama che scivolava ed in alto un gendarme di calcare che andava aggirato alla sua sinistra.
A seguito di questa struttura mi sono ritrovato, a sostare con chiodo da me piantato per assicurare Fausto che seguiva, su un'esile sella guadagnata con qualche passo ancor più inclinato dei precedenti su neve farinosa, dalla quale alla nostra destra avevamo un bell'affaccio verso il Canalone Brecciarola. Da questo piccolo pulpito la roccia che avevamo di fronte ed in alto, sebbene a vista pareva presentare difficoltà tecniche contenute era repulsivamente marcia e quindi da scartare. Come da relazione quindi bisognava riguadagnare la linea traversando verso sinistra su quello che noi abbiamo giudicato il tratto chiave della via: alcuni metri verticali quasi a secco di neve che per forza di cose erano da scalare con piccozze nelle mani e ramponi ai piedi.
Non prima di essere calato di qualche metro dalla sosta, con circospezione ho superato questo passaggio (III°), che ci faceva lasciare definitivamente la "goulotte" per finire così sul profilo principale del Monte di Canale e ritrovare neve piu' compatta sotto i ramponi.
Da qui seguendo l'ideale traccia che sale poco a sinistra della cresta, con un paio di lunghezze di corda siamo arrivati sulla sommità di un panoramico cocuzzolo roccioso. Poi con attenzione siamo ridiscesi per rocce e neve molle ad un intaglio, quindi ancora su per l'ultima fatica sul pendio sommitale sul quale ho sudato arando la neve crostosa e non portante che in certi punti sfondava anche fin sopra il ginocchio, per giungere alla fine della scalata di questa bella via sulla vetta battuta dal vento.

lunedì 4 marzo 2019

^^montagna: "CANALE DELLA FONTE"


Sulla destra orografica del lungo spigolo di nord-est del Monte Canale (2151 mt.) nel Massiccio del Sirente, solitario, isolato e poco frequentato il canale detto della Fonte, salito per la prima volta l'otto maggio del 1994 (V.Abbate, A.Pellegrini e M.Risi), con un dislivello di circa 500 metri dall'attacco all'uscita in cima, si snoda su costanti pendenze di 45°-50° in un variegato ambiente montano invernale con un paio di caratteristici passaggi tra corridoi rocciosi.
Partiti dallo Chalet del Sirente (1170 mt.), raggiungiamo la bella Piana di Canale dalla quale, prima d'infilarci nella fitta faggeta e perdere le prospettive, possiamo osservare per bene la base dell'attacco verso il quale per decisa linea retta c'indirizziamo ed arriviamo pestando la traccia e superando sulla loro massima pendenza un paio di ripidi saliscendi poco intuibili dal pianoro.
Poi nel primo terzo della salita della via troviamo una faticosa neve non trasformata e quindi non portante, mentre nei restanti due terzi gli attrezzi aggrappavano benissimo. Abbiamo superato anche qualche breve tratto di facile misto ed erbe gelate prima della quasi ghiacciata rampa finale sotto la vetta.
Invece per la discesa dei tre rami d'uscita del Canale Brecciarola o Canalone di Monte Canale, abbiamo optato per quello orograficamente più a destra che ci ha offerto neve durissima sulla quale le punte anteriori dei ramponi penetravano appena.

domenica 17 febbraio 2019

^^montagna: "DIRETTISSIMA A MONTE OCRE"


Sull'articolato versante nord-est del Monte Ocre, tra pareti, guglie, avancorpi e crestine rocciose si dipanano alcuni canali con simili difficoltà e tra di loro vicini, che offrono in condizioni invernali interessanti salite alpinistiche con gli attrezzi.
Dopo aver effettuato un'avvicinamento di circa un'ora scaliamo la "direttissima" che con neve un po' di tutti i tipi (dura e portante, molle, crostosa e sfondante con polvere sotto), un dislivello di 500 metri ed uno sviluppo di 600 su pendenze continue, ci fa uscire proprio poco distanti la vetta del Monte Ocre a 2208 metri di quota.

domenica 10 febbraio 2019

^^montagna: "VIA PASQUALE DEL VECCHIO"


In prossimità di Celano (AQ), proprio alle spalle del paese inconfondibile si vede la Serra di Celano (1923 mt.) che dal versante meridionale si caratterizza prevalentemente con ripidi pratoni.
La personalità alpinistica di questa cima un po' isolata che a malapena sfiora i duemila metri, invece viene decisamente fuori con la sua parete nord: una muraglia di calcare molto articolata sulla quale si snodano itinerari di scalate invernali.
Salendo per il Vallone dei Curti in un paio d'ore d'avvicinamento (la neve alta, morbida e polverosa ci ha rallentati), raggiungiamo l'attacco della Via PASQUALE DEL VECCHIO dopo aver costeggiato i bei contrafforti rocciosi del versante settentrionale alla base della Serra.
Visto che il canale, che nella prima parte sale dentro una sorta di zig-zag, ci si è presentato con neve in abbondanza e non trasformata, misto di rocce friabili appena impiastrate di ghiaccio sottile e sparuti tratti d'erba gelata, ho preferito scalarlo in cordata, via via proteggendomi con fittoni, friends ed anche piantando un chiodo in una fessura delle rocce affioranti sulla destra orografica, a protezione di un non difficile tratto verso destra però abbastanza esposto, seguito poi da uno scivolo molto inclinato e quindi ancora a mancina, oramai quasi alla fine della lunghezza della corda, a trovare belle fessure proprio sotto un'alta fascia calcarea dove con friends ho attrezzato una buona sosta per recuperare gli amici.
Ad evitare la roccia verticale sopra di noi, sono andato ancora prima a destra e poi dritto sulla massima pendenza fin sul filo della cresta al termine delle difficoltà.

venerdì 8 febbraio 2019

^^montagna: "VIA DEL TESCHIO"


Sul versante nord-est del Monte Cagno (Rocca di Cambio-AQ.), su un ripido declivio di rocce rotte si snoda la Via del Teschio.
Dopo aver risalito tra macchie di faggi un canale il cui fondo era stato reso duro da uno scivolamento nevoso, mi trovo ad affrontare un prima fascia di calcare che interrompe la continuità della neve.
Con Fausto che mi assicura scalo in una trentina di minuti questo delicato tratto di circa 20 metri superando neve molle e vuota sotto, rocce instabili (III°+), massi semoventi e morbide zolle d'erba, prima di riuscire a sostare e far salire l'amico.
Ripartendo dalla sosta m'infilo nel logico canale nevoso a sinistra, venendomi a trovare così sotto un secondo salto con ai lati rocce lisce ed improteggibili e sul fondo neve inconsistente, condizioni che offrono difficoltà oggettivamente superiori a quelle riportate dalla relazione della via, dichiarata di PD+ con passi di II° su roccia.
Decisamente non ci siamo, già il tratto che ho superato ha offerto una resistenza non di poco superiore ad un PD+.
Scendo allora una decina di metri per provare a cercare un aggiramento dell'ostacolo sulla destra, ed in diagonale ascendente su pendio a 45° m'indirizzo da quella parte. Al culmine di questa breve rampa però sono bloccato da una paretina di calcare tutta sgretolata dal gelo che fuga ogni dubbio sul da farsi:
ce ne torniamo indietro.
Sulle mie peste di salita disarrampico fino alla sosta e, dopo averla rinforzata, ci caliamo in corda doppia per superare il non banale salto roccioso precedentemente scalato.

sabato 26 gennaio 2019

--immersioni: "GARAGE CASTELGANDOLFO 2"


Anche un vecchio "Maggiolino" VolksWagen è da tempo immemore parcheggiato ed oramai dimenticato laggiù nel Lago di Castelgandolfo.
Il relitto di quest'automobile quasi di colpo mi compare nel buio dell'acqua oggi anche un po' più fosca del solito.
Certo per me non è stata una sorpresa perchè conosco la sua posizione. Nonostante i precisi minuti che erano già trascorsi dall'inizio dell'immersione e per ciò sapendo che il contatto era prossimo, mi sono meravigliato comunque lo stesso ancora una volta quando con il suo color verde mi si è materializzato davanti.
In quest'immersione lacustre sotto la sponda occidentale del lago di Castelgandolfo nei pressi della zona detta "Emissario", alle batimetriche medie dei trenta/quaranta metri del mio tuffo, ho potuto constatare anche che c'era una lievissima bava di corrente percettibile dal fatto che il sedimento sollevato lo si vedeva spostarsi decisamente di direzione da nord/ovest verso sud/est e non ricadere verticalmente direttamente giù. Fatto decisamente insolito per un lago.

martedì 22 gennaio 2019

^^montagna: "VETTE & BIRRETTE"




Ripide salite,
tanta fatica,
pungente il freddo,
pesante lo zaino,
verticali le pareti,
torrido il caldo,
infinite pietraie,
incastrate le corde,
scivoloso il ghiaccio,
scure le nuvole,
lento il passo,
accecante il sole,
gelata la neve,
assoluto il silenzio,
d'acciaio le picche,
corto il fiato,
accogliente il rifugio,
dolenti le gambe,
fumante la nebbia,
ombroso il bosco,
ululante il vento,
ferite le mani,
sfuggente la presa,
fuori i brividi,
dentro i brividi,
sicura la presa,
bagnata la pioggia,
terso il cielo,
lungo il sentiero,
salato il sudore,
pura l'aria,
fredda la notte,
tamburo il cuore,
immensi gli spazi,
fresca la fonte,
poche parole,
tanti i pensieri,
caldo il te,
lontana la cima,
infiniti gli orizzonti,
arsa la gola,
piccola la borraccia,
solenne l'ambiente,
vicina la vetta,
frustante la grandine,
tintinnante il chiodo,
tagliente la pietra,
interiore il sorriso,
appuntito il rampone,
veri gli amici,
pietre gli ometti,
ferro le croci,
d'argento i sogni,
immense le vette,
sinceri i monti,
insieme o da soli,
vette e birrette!

Giacinto Marchionni

lunedì 14 gennaio 2019

^^montagna: "ARGAT HORN"


Quando di primo mattino arriviamo nel paese di Villalago (AQ), punto di partenza di quest'uscita scialpinistica del 12 gennaio '19, il termometro dell'automobile indicava una temperatura di -9°: benissimo!
Grazie a questo bel freddo la neve appena caduta rimane soffice e polverosa, o come si dice nel gergo di quest'attività "powder", insomma di quella consistenza sulla quale poi sciarci sopra è sfizio assoluto!
Messe quindi le pelli di foca sotto gli sci di buon passo iniziamo la nostra gita salendo sempre su pendii mai con forti pendenze, e con sotto gli occhi un completo giro d'orizzonte vicino e lontano tutto imbiancato.
Giunti in vetta, 2148 metri, siamo improvvisamente colti da un forte groppo di Grecale a 70-80 km/ora grazie al quale i -14° dell'aria di questa quota diventano ancor più gelidi, tanto da intorpidirci totalmente la parte sinistra del volto.
Impossibile rimanere quassù a far la solita caciara per la raggiunta cima, scendiamo immediatamente avvolti anche da uno sbuffo di nuvola a vento che di colpo rende tutto grigio ed ancor più freddo.
Solo persa la quota, usciti dalle nebbie e ridossati dai forti spifferi, finalmente ci godiamo la sciata meritatamente guadagnata dopo la fatica della salita.