DIVING & MOUNTAINS
Quando
mia figlia
era piccola,
un giorno
una signora
troppo curiosa
le chiese:
"MA CHE LAVORO FA
IL TUO PAPA' ?"
Lei ci pensò
un po' su.
Poi le rispose:
"LE IMMERSIONI
IN MONTAGNA !"
sabato 23 novembre 2019
--immersioni: "E L'ULTIMO ... CHIUDA IL CANCELLO !"
Perchè altrimenti potrebbero entrare degli spifferi di vento.
Senza variare per diramazioni laterali, con l'apparato a circuito chiuso seguo fino alla batimetrica degli 83 metri un filo guida, da tempo posizionato, che s'indirizza verso il fondo. Con le solite condizioni di visibilità del Lago di Castelgandolfo, trovo l'acqua un po' torbida nella zona che dalla superficie arriva a circa una ventina di metri. Poi, invece, il fascio dell'illuminatore ed il mio sguardo possono spaziare in avanti senza ostacoli.
lunedì 18 novembre 2019
--immersioni: "ALLE ACQUEVIVE"
Una volta giunto e fattosi giorno notavo che a causa delle abbondanti piogge cadute nei giorni precedenti nella zona di Scanno (AQ), il torrente Tasso, immissario dell'omonimo lago, invece di apportare acqua limpida come normalmente accade aveva un colore marrone che macchiava della stessa tonalità una parte del bacino.
Nel mio giro subacqueo iniziato presso le Acquevive, indirizzandomi verso il Tasso ad un certo momento mi si parava una nuvola di fitta sospensione davvero poco invitante che, muovendosi con andamento a me contrario, chiudeva totalmente gli orizzonti sommersi. Era la stessa acqua vorticosa e fangosa che avevo osservato all'aria e che una volta riversatasi dentro il lago, prima di perdere la sua spinta per inerzia ancora fluiva lontana dalla superficie.
Sul fondo, morti, ho visto diversi gamberi. Fatto che mi aveva colpito anche nell'immersione di una settimana fa.
giovedì 14 novembre 2019
^^montagna: "L'EMOZIONE DELLA PRIMA NEVE"
Dopo un'ottobrata con temperature primaverili se non in alcuni giorni addirittura estive prolungata anche ai primi di novembre, il 5 a Pescara con 26° ho fatto il bagno al mare, finalmente arriva la prima neve ad imbiancare l'Appennino Abruzzese che, ripetuta ed immutata, genera l'identica emozione di sempre.
Scegliamo di salire per i 1500 metri di dislivello sulla vetta più alta del Massiccio della Majella per la rava della Giumemta Bianca, direttissima, decidendo nella parte superiore di uscire per la variante che da continuità alla linearità della sezione bassa e che attraversa una serie di rocce formate da guglie d'erosione incrostate della prima galaverna di stagione, ben visibili dal basso ma poco intuibili dalla cima.
sabato 2 novembre 2019
--immersioni: "SECCA PARADISO"
Già mentre scendevamo a mezz'acqua seguendo la cima guida del pedagno che congiungeva la superficie al cappello della secca, quaranta metri in basso, con agganciate lateralmente le bombole di bail-out io in circuito chiuso e decompressive Federico in circuito aperto, avevamo dovuto faticare non poco per rimontare una fastidiosa corrente proveniente da ovest. La stessa diveniva ancor più intensa negli ultimi metri che avevamo da percorrere poco prima di atterrare sulla nostra meta. Proprio in questa fase notavo anche che la piccola zavorra di piombo del pedagno, evidentemente posatasi e poi scivolata sul costone in un tratto ripido, si spostava a balzelli sulla sabbia del fondo spinta dalla massa dell'acqua in movimento.
Solamente quando iniziavamo a nuotare radenti le propaggini rocciose della secca, gli effetti della corrente finalmente diminuivano a causa dell'attrito fino a non sentirli quasi affatto quando c'infilavamo dietro scogli, spigoli o anfratti. Da quel momento abbiamo iniziato a gustarci a pieno la bellezza sommersa del sito che per tale motivo, e non a torto, è stato chiamato da quelli che per primi ci si sono tuffati, Paradiso.
Lasciandocela alla nostra sinistra abbiamo costeggiato una parete fittamente popolata di paramuricee che si accendevano di rossi e di gialli intensi quando investite dai nostri illuminatori. Effetto fisico ben noto e vissuto chissà quante volte da tutti i sub, ma che nonostante ciò rinnova la meraviglia quando sott'acqua quell'informe ramaglia apparentemente nera, o grigio scura nella penombra monocromatica della profondità del mare, quasi inaspettatamente prende vita di colori mozzafiato semplicemente grazie ad un colpo di luce artificiale.
Separato dal corpo principale da una larga fascia sabbiosa, a destra c'era un grosso, solitario ed interessante scoglio anch'esso pullulante di gorgonie. Per un momento avevo pensato di raggiungerlo, ma per far ciò però avremmo dovuto nuovamente avere a che fare con la corrente che intanto non aveva mollato. Osservando infatti le sottili estremità dei rametti gialli e rossi, le potevamo vedere incessantemente vibrare al forte vento marino.
Perciò abbiamo continuato sempre vicini al costone con la profondità che aumentava, osservando il rapido fuggi-fuggi dei fitti branchi di anthias color rosa/fucsia spaventati dalle nostre sciabolate luminose, ed una grande murena non intanata che con indifferenza a mala pena ci osservava, affatto impressionata da noi.
Prossimo al punto più basso della nostra immersione, adagiato sul chiaro della sabbia, abbiamo anche notato un grande cavo arrotolato in spire circolari, probabilmente caduto da qualche peschereccio. I tempi di fondo e relativi consumi iniziavano ad essere importanti in particolar modo per Federico che era in circuito aperto per cui, comunque in squadra, abbiamo deciso d'iniziare a riguadagnar quota zigzagando lentamente nel sottobosco bicolore.
A volte, quando l'amico si trovava diversi metri avanti o sopra di me, potevo osservare nettamente la sua sagoma allungata dalle pinne stagliarsi, incorniciata dal grappolo di bolle che fuoriuscivano dal suo autorespiratore: icona perfetta del sub immerso.
In tal maniera siamo tornati sulla sommità di questo ampio pianoro subacqueo dove abbiamo nuovamente incrociato l'intensa corrente, e da dove abbiamo lanciato in alto le nostre piccole e gonfiabili boette rosse segnala sub che consentivano all'Amico Tony del TREMITI DIVING CENTER, il nostro disponibile, professionale e competente barcaiolo, d'individuare la nostra posizione e dopo i dovuti tempi di decompressione recuperarci in superficie.