martedì 30 settembre 2008

--immersioni: Relitto SOMMERGIBILE "MILLO"

Report di un'mmersione del settembre 2008

In quest'attività a volte bisogna "acchiapare" l'occasione al volo perchè l'opportunità di poter effettuare un certo tipo d'immersione è davvero rara. Fattori come profondità, distanza dalla costa, condizioni dello stato del mare ed impegno logistico necessario, rendono il tuffo sul relitto del sommergibile della Regia Marina Italiana "Ammiraglio Millo", appartenente a questa categoria.
Navigando verso Taranto, rientrando da una missione, il "battello" colò a picco nel marzo del '42 al largo di punta Stilo nella Calabria Jonica dopo esser stato silurato dal sommergibile inglese "Ultimatum".
Purtroppo 57 Marinai non riuscirono mai a raggiungere la superficie. Se ne salvarono solo 14... Grazie alle dritte di pescatori, nel 2006 un gruppo di sub è riuscito ad immergersi e ritrovare lo scafo del sottomarino.
Il sole è alto e fa moto caldo, non c'è un refolo di vento, il mare è calmo e di un color azzurro-blu invitante.
La costa si delinea lontana e siamo pronti ad infilarci dentro l'acqua per seguire il lungo cavo del pedagno agganciato molto più giù in basso alla struttura del relitto.
Durante la discesa, d'istinto ci viene di sondare sotto le nostre pinne con lo sguardo per cercare di sbirciare la meta del nostro "viaggio". Lo sforzo naturalmente è vano perchè sarebbe fisicamente impossibile riuscire a superare con un colpo d'occhio una fascia d'acqua d'una settantina di metri.
Strano, nonostante siamo avvolti tutt'attorno dal blu e basta è questa semplice cima bianca, cordone ombelicale, ad attrarci. Il colore dell'acqua attorno a noi, verso i cinquanta metri decisamente cambia virando dal piacevole azzurro ad un più cupo marrone.
Sfumatamente iniziamo ad intuire la sagoma sotto di noi, fino a quando non atterriamo sul lato di dritta del "MILLO".
E' fortemente sbandato a sinistra e parzialmente affossato dentro la melma fangosa del fondo.
A differenza di tanti altri relitti, questo non è un battello che offre prospettive che coprono l'intera struttura ad un solo sguardo.
L'atmosfera generata dalla poca luce che c'e quaggiù, il fine sedimento che facilmente si solleva ed il fatto che le sue strutture si alzano tutto sommato molto poco dal fondo, gli rendono comunque un fascino che definirei crepuscolre.
L'aura della storia di guerra della sua ultima missione conclusasi tragicamente con il suo siluramento, spingono il sub, o perlomeno hanno spinto me, ad arrivare fin quaggiù. Secondo me ogni nave affondata ha una sua propria e ben definita personalità.
Nel sempre troppo breve tempo di fondo di un tuffo "quadro" a 70 metri, un piano preciso è necessario ad ottimizzare i minuti che scorrono velocissimi. Girovagarlo per tutta la sua lunghezza nel corso di una singola immersione a sola forza di gambe che spingono sulle pinne sarebbe quasi impossibile. Fermo restando il fatto che una vera, completa ed attenta esplorazione a queste quote richiederebbe davvero un'attività prolungata, noi comunque effettuaiamo due discese nelle quali rispettivamente esploriamo la sezione poppiera e quella prodiera del "battello".
Così riusciamo a vedere lo squarcio generato da un siluro che l'impattò, la prua, un verricello, un cannone, o almeno credo che sia, brandelli di reti spezzate quà e là, ed i classici sfiatatoi d'immersione dell'aria.
Della grandezza dello scafo, o meglio della nostra piccolezza, ci si rende conto quando per raggiungere il compagno apparentemente poco distante s'impiega un tempo che pare infinito.
Gli inquilini del sommergibile che si fanno vedere, sono un mostruoso grongo, una giganntesca musdea e nuvole, a tratti impenetrabili, di rosati anthias.
Poggiati sopra il fondo di sabbia e fango ad una decina di metri di distanza dal sommergibile, possiamo con emozione osservarne il lato di dritta da un'insolita prospettiva: è veramente grande.
Massima attenzione al tempo che con tirannia scorre. Un solo minuto di permanenza a questa profondità ci fa consumare otto volte la quantità d'aria che si consumerebbe in superficie: ad occhio e croce circa 120 litri. Inoltre, comunque, per permanenze a queste quote i debiti decompressivi iniziano a farsi importanti..
Giuge così il momento nel quale dobbiamo a malincuore lasciare il fondo.
Lo facciamo sempre con gli occhi che avidamente osservano il "MILLO" che, così come sfumatamente si era materializzato in discesa, ora in dissolvenza scompare alla vista.
Parlando fra noi poi a secco, in un momento di pausa, con il mio compagno d'immersione ci chiedevamo se questo rapporto tra il tempo trascorso effettivamente alla massima profondità e quello invece passato appesi a mezz'acqua smaltendo gli inerti accumulati, avesse senso.
Senza ombra di dubbio ci siamo detti di si.

Giacinto zeta zeta Marchionni

Nessun commento:

Posta un commento

Ben lieto della visita, grazie. Se vuoi lasciare un'opinione puoi farlo qui.