UNA SETTIMANA DOPO.
Viste le quanto mai ottime ed irripetibili condizioni di visibilità in acqua trovate in grotta sette giorni fa, Massimo propone di "battere il ferro fin quando è caldo", e quindi di approffitarne per un nuovo tuffo.
Per movimentare tutte le attrezzature sub caricate in spalla ci siamo sobbarcati, sudando e faticando non poco, in tutto ben 6 viaggi in salita ed altrettanti in discesa, camminando su un ripido sentierino più, logicamente, la nuotata subacquea lunga ad occhio e croce circa 800 metri dentro un budello allagato...
Al termine di questa giornata dedicata in apparenza alla speleosubacquea, ma concretamente al bruciar calorie, prima ancora di mettere qualcosa di solido sotto i denti, il livello degli zuccheri nel nostro sangue doveva essere di sicuro ben basso e, probabilmente, erano le energie mentali a dover essere reintegrate. Tutto sommato per una sessantina di minuti d'immersione, avevamo faticato fisicamente fuori dell'acqua stracarichi come dei portatori scerpa Hymalaiani per circa 5-6 ore.
Ma nonostante queste premesse, dopo una settimana ci siamo ritrovati nuovamente nello stesso posto per continuare il viaggio.
Un altro sub si è aggiunto al gruppo: Dante, il fratello di Massimo.
Arrivati al termine del tratto automobilistico, mettendo i piedi a terra ci accorgiamo che anche se al momento c'è il sole, nella zona in nottata ha piovuto.
Immaginabili i disagi che dovremo affrontare sul ripido viottolo boscoso d'avvicinamento reso ulteriormente scivoloso dallo strato fangoso superiore. Effettuaimo una prima ricognizione di discesa scarichi, andando a posizionare degli spezzoni di corde, legate agli alberi, per assicurare dei solidi corrimano in quei punti che già la volta scorsa con il terreno a secco erano risultati particolarmente sdrucciolevoli.
Via così ancora per "discese ardite e risalite", con qualche inevitabile scivolone. Però, viste le premesse poco invoglianti che appena giunti avevano decisamente fatto tentennare qualcuno che flebilmente proponeva, appena ascoltato, una rinuncia, ce la siamo cavata abbastanza bene con un po' di fango incrostato sui pantaloni, maledizioni varie e qualche ammaccatura.
Oggi entreremo nella grotta in due squadre separate distanziate di dieci minuti l'una dall'altra: nella prima ci saranno Massimo, Giulio e Dante, nella seconda Io ed Ugo.
Con il mio compagno vediamo sparire nella piccola pozza d'acqua i tre amici che ci precedono, neanche qualche secondo che le luci dei loro potenti illuminatori sub scompaiono inghiottiti da qualche tortuosità.
Effettuiamo quindi le ultime regolazioni all'attrezzatura nell'attesa che giunga il nostro turno, ed arrivato il momento andiamo.
Click. E' come l'altra volta: l'interruttore della luce naturale si spegne e si entra nel buio.
Nuotando sott'acqua nella prima parte del budello, ripercorrendolo ad una settimana di distanza, ci sembra un po' più familiare o forse, sarebbe più corretto dire, meno alieno. Massima attenzione sempre che ci viene ricordata dal nostro terzo membro del team, quello che non fa le bolle: il bianco filo segnavia dal quale mai discostarsi.
Oggi in questa risorgiva, in questa fase dell'immersione, dobbiamo forzare la pinneggiata per contrastare un fluido di corrente a noi contrario che domenica scorsa era totalmente assente. Questo fattore condizionerà la progressione, infatti per arrivare nello stesso punto limite della passata immersione, impieghiamo 5-6 minuti in più.
Mentre nella progressione il nostro spirito si gratifica per quello che tramite i nostri occhi ci è concesso vedere in questo fantastico palcoscenico subacqueo, le procedure sono sempre le stesse: controllo dell'autonomia dell'autorespiratore, controllo delle rubinetterie, controllo del compagno, controllo dell'illuminatore di rispetto e via di nuovo così metro dopo metro, fin quando giungiamo dove 7 giorni fa il mio orecchio fece i capricci e ci costrinse al dietrofront.
Davanti a noi, o meglio, sotto di noi il sifone è molto più largo della sezione media nella quale fin'ora abbiamo nuotato e, come vistò già, s'inclina, stimo ad occhio, ad una quarantina di gradi verso il basso.
Ora, giù lontano in questo gigantesco tubo naturale dentro la roccia, intravediamo sfumato l'alone generato dalle luci dei tre amici che ci precedono.
Visto che qui è possibile farlo, Ugo ed io siamo quasi affiancati in questa discesa che con qualche colpo di pinna ci farà cadere, sorvolando uno scuro pavimento di sabbia vulvanica, fino a 45 metri di profondità. Davvero uno spettacolo unico che ci godiamo dentro senza enfatizzare con segnalazioni di vario tipo al compagno d'immersione: basta un reciproco sguardo per intendersi al volo e trasmettersi emozioni.
Siamo ancora sopra il limite dei consumi d'aria da sfruttare nel viaggio d'andata stabilito nella pianificazione, si potrebbe progredire ancora per un po', però dalle luci che dal basso vediamo ingrandirsi, capiamo che la prima squadra, scesa ad una cinquantina di metri, sta iniziando la risalita.
Stabilito un contatto con loro tramite "sfanalate" di "OK", invertiamo la nostra rotta ed iniziamo l'ascesa, stoppandoci qualche minuto nel ripido budello per effettuare alcune tappe fonde di decompressione.
Poi ancora sopra, svolazzando senza peso tra fantasmagoriche architetture speleologiche, sfruttando la corrente che, ora a nostro favore, ci farà faticare meno mentre ci dirigiamo verso l'uscita.
La sagola bianca è sempre lì con su ad intervalli regolari un segnavia a forma di punta di freccia ad indicare la direzione per l'aria.
Un saliscendi, un'ampia curva a sinistra, una piegatura del budello e subito dietro la luce naturale che s'irradia sul tetto d'acqua tremolante sopra le teste.
Riemergiamo nel piccolo e con la volta rocciosa bassa specchietto d'acqua da dove ci eravamo infilati nella risorgiva. Tolte le maschere e gli erogatori dalla bocca il solito fiume di parole sgorga inarrestabile dalle nostre bocche. Poco dopo altre parole, quelle dei nostri tre compari, nel frattempo tornati anche loro, entusiaste si uniranno alle nostre.
Giacinto Marchionni
In quest'immersione:
1^ squadra: Massimo FRANCHI, Dante FRANCHI, Giulio CASO;
2^ squadra: Giacinto MARCHIONNI, Ugo DE VITIS
Grandeeeeee.....io sto già stanco al solo leggere la fatica da voi egregiamente affrontata...
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