DIVING & MOUNTAINS
Quando
mia figlia
era piccola,
un giorno
una signora
troppo curiosa
le chiese:
"MA CHE LAVORO FA
IL TUO PAPA' ?"
Lei ci pensò
un po' su.
Poi le rispose:
"LE IMMERSIONI
IN MONTAGNA !"
lunedì 21 maggio 2018
^^montagna: "VIA IMPESTATA"
Gruppo del Velino: cresta a nord-est di Punta Trieste.
"VIA IMPESTATA" (Giacinto Marchionni 19 maggio '18; AD+/III°/50°/sv.220 mt)
Arrivando al termine della strada sterrata che conduce ai Piani di Pezza, davanti si prospetta uno sfondo di montagne rocciose con in primo piano, al centro e poco distante una montarozzo che da questo punto di vista appare completamente ricoperto da faggi detto Colle delle Trincere.
A destra di questo colle e su sentiero segnato ci s'indirizza per la Valle Cerchiata ed il Rifugio Sebastiani mentre a sinistra, per libera traccia, si va a finire alla base degli spalti di roccia che sostengono una variegata e rotta linea di cresta che con direzione nord-est allinea la Punta Trieste con un'altra decisamente più bassa detta La Castelluccia.
Per guadagnarsi queste pareti il dazio da pagare è stato quello di orientarsi in una faggeta a tratti anche molto fitta, definita da noi "impestata" appunto, che comunque abbiamo deciso di affrontare e dalla quale siamo usciti a 1750 metri circa, oggi stessa quota d'inizio della bella e dura neve trasformata di primavera.
Calzati i ramponi salgo quindi prima verso destra e poi verticalmente sulla massima pendenza individuando il punto debole di questa prima fascia di calcare verticale: un camino/canale che interrompe la continuità della parete.
Con attenzione passo dal culmine del cono nevoso alle rocce e dopo aver tolto i ramponi, preferisco così, continuo la scalata dentro questa struttura completamente asciutta che per una lunghezza di una trentina di metri mi "offre" su roccia poco compatta e zolle passaggi di III°-, ma da me vissuti in maniera più "impestata" in quanto arrampicati slegato, con in più ai piedi gli scarponi da scialpinismo, bastoncini e sci dietro lo zaino. Per ciò già dopo esser progredito qualche metro in alto nel camino arrivo ad un punto nel quale l'idea di disarrampicare in queste condizioni per tornare giù non mi sfiora neppure, devo continuare ad andar sopra.
L'ultimo delicato movimento prima di uscire da questo pezzo "impestato" è un breve traverso a dritta di qualche metro con i piedi in equilibrio su roccette incastonate nella terra, e ciuffi d'erba come prese per le mani.
Pestando di nuovo con gli scarponi la ritrovata neve mi ricavo una piccola ma stabile piazzola sulla quale, con più che oculati movimenti, ricalzo i ramponi che con le loro punte fortemente aggrappate nel solido "firn" appenninico di primavera, finalmente mi fanno tornare a vedere in maniera meno "impestata sia gli orizzonti di fuori, cioè il pendio nevoso che mi manca ancora da scalare, che quelli di dentro.
Un'inclinata rampa a 45/50° sempre a destra infatti è l'unica zona libera di una compatta e verticale parete che su tutto il lato sinistro non lascia alcuna possibilità.
Senza fretta e misurando ogni passo mi c'indirizzo fino ad uscire sulla linea di cresta a quota 1950 metri circa.
Dopo essermi riposato un po', aggancio gli sci per fare qualche divertente curva nell'ampia conca che si forma tra la cresta sulla quale mi trovo e l'altura di Capo di Pezza fino al termine della neve al limitare del bosco e poi di passo ai Piani di Pezza.
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