Il giardiniere con il passo lento ed un po' strascicato, che l'età gli consentiva, camminava immerso nei suoi pensieri. Il manico di legno del rastrello poggiato sulla spalla completava la sua asciutta figura lievemente curva su se stessa. Come sempre si stava recando in quella zona della tenuta chiamata da tutti "La pineta"... Era il posto che più gli piaceva. Era un bosco dove i giovani arbusti dal basso "guardavano" le chiome degli "anziani" sempreverdi che, sotto la spinta della perenne brezza che spirava dal mare, si flettevano ed ondeggiavano sinuosamente. L'ombra degli alberi, il mare argentato sullo sfondo, il silenzio rotto solo dal vento, le lontane grida dei gabbiani e, soprattutto, la solitudine, gli facevano preferire quel posto rispetto ad altri del grande possedimento del suo datore di lavoro e padrone. In quell'angolo un po' lontano nessuno, o quasi, veniva più. Troppa strada da percorrere a piedi, dicevano gli altri, per lavorare lì da solo a raccogliere aghi di pino. Per questa sua preferenza nei confronti della solitaria pineta era considerato da tutti, il padrone innanzi tutto, ed i suoi colleghi, un po' stravagante, non matto, questo no. Lui capiva perfettamente gli sguardi ironici degli altri quando lo vedevano avviarsi sempre con il suo rastrello in spalla e quel suo solito incedere verso la pineta. In cuor suo, però, era lui a sorridere degli altri. Cosa ne sapevano loro della "sua" pineta? Delle tempo trascorso in quella fresca penombra immerso nei pensieri che gli fluivano liberi nella mente? Della famiglia di scoiattoli che allegramente e con estrema grazia si rincorrevano velocissimi sui rami altissimi dei pini? Del mare? Delle sue onde? Dei pinoli raccolti dalle grandi pigne cadute a terra? Loro non ne sapevano nulla. Loro pensavano sempre a parlare o sparlare a voce alta del tal fatto o dell'altro, fare bisboccia, litigare. Anche lui, da giovane, aveva fatto quelle cose. Già da lungo tempo, oramai, gli erano venute a noia e, anzi, spesso si domandava se fosse stato proprio lui, la stessa persona, negli anni passati ad essersi comportato così, quasi non si riconosceva. Per questo motivo, quando dal padrone gli fu affidato il compito della raccolta degli aghi di pino, conoscendo oramai la tenuta a menadito, in cuor suo se ne rallegrò non poco. Quel compito, in effetti, non era un gran compito. Con il rastrello doveva ammassare in mucchi gli aghi di pino e poi metterli in un grande sacco che portava in una zona pietrosa, lontana dagli alberi, dove doveva bruciarli. Quest'idea era venuta al padrone qualche anno addietro. Un vezzo. Diceva che la sua pineta doveva essere pulita. Al padrone era sembrato logico e naturale affidargli quella mansione. Lui l'aveva accettata sebbene capisse, come tutti, la quasi inutilità della cosa. Non si faceva più domande però. Ora assaporava ogni momento che trascorreva, ogni gesto che faceva, ogni pensiero che gli passava per la testa, ogni cosa sulla quale posava gli occhi, ogni rumore che arrivava alle sue orecchie. Nella "sua" pineta assaporava lo scorrere del tempo. Era bello camminnare per giornate intere sul tappeto morbido degli aghi di pino. Era bello fermarsi a riposarsi per qualche attimo appoggiandosi con il corpo sul duro, sottile e liscio legno del rastrello. Senza fretta. Il tempo era lì, sempre con lui. Il tempo ora era diventato il suo fidato compagno.
Nessun commento:
Posta un commento
Ben lieto della visita, grazie. Se vuoi lasciare un'opinione puoi farlo qui.