venerdì 22 gennaio 2010

--immersioni: LA BORRACCIA


Un pescatore con la sua canna tra le mani pazientemente, da più di un'ora, è seduto quasi immobile su un sasso tra arbusti ed alberelli in prossimità dell'acqua del lago. La stessa posizione un po' rannicchiata, mantenuta praticamente senza muovere muscolo al freddo del mattino presto degli 800 metri di quota, gli ha un indolenzito le gambe... Visto che fino a quel momento sulla sua lenza non c'è stata neanche una "toccata" d'assaggio di qualche trota affamata, pensa di poggiare la canna a terra e tirarsi su in piedi per sgranchirsi. Poco dietro di lui, appoggiato un paio di metri più in alto sul ripido e stretto viottolo che dalla strada principale scende verso il basso, c'è il suo tascapane dal quale fa capolino la parte superiore del tappo della sua borraccia. Tra il vederla e pensare di farsi un'abbondante sorsata del buon vino bianco che a casa con cura aveva versato al suo interno, è un sol pensiero. Appoggia il suo piede destro su un sasso poco più in alto rispetto alla sua posizione e quando fa per caricare la gamba per innalzarsi, l'apparente stabilità del pezzo di roccia di colpo svanisce. Il sasso rotola giù nell'acqua, il pescatore perde l'equilibrio, inciampa trovandosi in ginocchio per terra e per non continuare nella breve scivolata che gli farà seguire la stessa sorte del pezzo di calcare, smanaccia verso terra alla ricerca di qualche punto di presa solido. Nel fare ciò involontariamente sposta il tascapane che così si rovescia e lascia cadere la borraccia che, prima con due aerei e rotolanti rimbalzi, e poi con uno schizzante "PLUFF" scompare nelle fredde acque del lago. Le sue acrobazie, inoltre, sono servite a ben poco: finisce con tutte e due le scarpe completamente a mollo bagnandosi anche il risvolto dei pesanti pantaloni di velluto. Proprio una giornataccia: le trote non abboccano, fa freddo, ha perso il vino e s'è bagnato i piedi. Doveva essere una domenica di svago. I suoi pensieri si trasformano in parole contro il destino non proprio gentili! Come si dice, con le pive nel sacco, recupera la canna ed il tascapane oramai vuoto e, borbottando ancora tra se e se, spalle all'acqua risale con un po' di fatica lo stradino per infilarsi nell'auto e tornarsene a casa.




..... In un pomeriggio d'agosto sto finendo la mia solitaria immersione nel lago. Ho trovato una straordinaria visibiltà dell'acqua contrariamente al verde paludoso incontrato appena nove giorni fa. Nonostante abbia fatto tanti tuffi in questo posto, oggi ho scoperto una zona che non avevo mai esplorato prima e che con cura ho visitato. Praticamente sulla sinistra orografica del lago, verso l'emissario, una serie di pareti, piccoli spuntoni e blocchi di roccia, formano una "quinta" subacquea decisamente interessante per i miei occhi mai sazi di vedere cose nuove. Girovago in zona praticamente per tutta la durata dell'immersione, assaporandone ogni minuto. Arriva il tempo di rientrare e con calma navigo immerso verso il punto dal quale sono entrato. Ci sono, sono arrivato proprio sotto una sdrucciolevole paretina rocciosa che affonda le sue basi nella melma di una terrazza sommersa. Sosto per qualche minuto in questa zona. Vado a dare una sbirciatina alla borraccia che quattro o cinque anni fa, non ricordo di preciso, trovai sul fondo e che posizionai in una nicchia di roccia come segnavia subacqueo del punto di riemersione. E' sempre lì, con un po' di sedimento fangoso spolverato dal tempo sopra. E' sempre lì nella stessa identica posizione bloccata da due sassi che misi alla base per non farla spostare. Il tappo è fissato con un'esile catenella alla protezione di tela di feltro spesso e lacera. Tutto sempre uguale come se l'acqua fredda avesse cristallizzato lo scorrere del tempo. Decido che oggi la riporterò su con me all'aria, in fondo la sono andata a trovare quasi tutte le volte che mi sono tuffato in questa zona. La sento come una "vecchia amica". Quest'oggetto oramai per me ha un'anima. L'avrò sotto gli occhi a secco e mi ricorderà delle emozioni d'esplorazioni sotto le acque di questo bel lago. Ancora con l'attrezzatura in spalla che gronda acqua e forma una pozza sotto i miei piedi, non resisto alla tentazione di togliere il tappo della borraccia in alluminio che ora stringo tra le mani. Avvicino il naso. Mia meraviglia, è piena di vino bianco! Appoggio le labbra sullo stretto collo del contenitore di metallo e faccio un cauto sorso. Il fresco liquido non ha affatto perso la fragranza ed il sapore dopo tutto questo tempo. Penso al pescatore che di sicuro l'avrà persa chissà quanto tempo fa.

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