DIVING & MOUNTAINS
Quando
mia figlia
era piccola,
un giorno
una signora
troppo curiosa
le chiese:
"MA CHE LAVORO FA
IL TUO PAPA' ?"
Lei ci pensò
un po' su.
Poi le rispose:
"LE IMMERSIONI
IN MONTAGNA !"
domenica 8 dicembre 2024
--immersioni: "OPERAZIONE CONGIUNTA"
Grazie a Max, amico di scalate ma non sub, che ho coinvolto e che materialmente mi ha aiutato nel trasporto degli equipaggiamenti da immersione, sono riuscito a realizzare il progetto di una prolungata esplorazione sotto la sponda sud-occidentale del Lago di Albano/Castelgandolfo(Roma).
Arrivato che mancava poco all'alba, vedevo che la superficie era spazzata dal previsto vento teso e freddo che formava piccole onde, però non fastidiose.
Finito tutto il pre-dive sull'apparato ed ultimato il resto, non appena Massimo mi raggiungeva caricavamo e legavamo per bene il rebreather e la bombola di bail-out sui due carrellini portamateriali apposta approntati per lo spostamento di un chilometro e seicento metri dal parcheggio fino al sito d'inizio immersione, che da tempo con ricognizioni avevo scelto per verificarne distanza e comodità di accesso all'acqua.
Caricati poi in spalla lui uno zaino con pinne, maschera ed altri accessori sub, ed io il g.a.v. side-mount dedicato, con passo tranquillo ci siamo mossi in senso antiorario attorno all'ovale del lago trainando i carrellini che si sono comportati in maniera egregia anche sul sentiero. Manovra non da meno agevolata anche dal peso e volume ridotto del rebreather Liberty side-mount rispetto ad un tipico e.c.c.r. ad indossaggio posteriore.
Con andatura da montagna e chiacchiere intervallate da brevi pause, in poco più di mezz'ora raggiungevamo la spiaggetta d'inizio sulla costa meridionale del lago.
Dopo aver posato tutta l'attrezzatura al bagnasciuga, prima di incominciare mi prendevo un breve riposo comodamente seduto mentre sgranocchiavo cioccolata.
Ripreso fiato entravo in acqua, agganciavo il reb. ed il bail-out a destra ed a sinistra, salutavo Max e m'infilavo sotto il lago.
Come diluente aria nel circuito chiuso e la minima ridondanza di una 11 litri in aperto, il mio programma logicamente non era quello di fare un'immersione profonda, ma dopo una veloce capatina sui cinquanta metri effettuare la lungha perlustrazione di un chilometro e mezzo in senso orario a batimetriche tra i venti e dieci metri, spingendo con le pinne.
Sul fondale di modesta pendenza composto da sedimento fangoso con sopra pochi sassi e scogli distanti tra loro, mi lasciavo alle spalle la sponda guadagnando con molta lentezza metri verso il basso per raggiungere il target della quota programmata. Poi ho invertito indirizzandomi verso l'alto attraversando fasce d'acqua con visibilità, a parte per qualche tratto, tutto sommato sufficiente.
Ad un certo momento della risalita, in una zona non estesa di fango molto compatto, mi colpiva un singolare tipo d'erosione mai notato prima, o per lo meno non in modo così marcato. Erano delle nette scanalature scavate verticalmente e parallele tra loro che mi hanno fatto subito pensare potessero essere state causate da emissioni di gas o fluidi che sgorgando dal fondale di consistenza di tipo coeso-argilloso, risalivano dritte dal basso verso l'alto, ed in un preciso punto c'erano anche dei profondi buchi circolari generati allo stesso modo.
Se invece fossero state erosioni in caduta dall'alto verso il basso come a seguito di forti piogge che trascinano sul fondo piccole frane di detriti, avrebbero creato dei solchi diversi, che qui ho già visto però più sottocosta e su pendenza decisamente maggiore rispetto a quella di dove mi trovavo.
Naturalmente queste sono solo mie considerazioni fatte al momento, magari qualcuno più competente di laghi vulcanici potrebbe spiegare meglio. Comunque in questo bacino sono note da moltissimo tempo emissioni, e per mia esperienza diretta mi capita di attraversare zone d'acqua non limpida ma biancastra dovute a fuoriuscite solforose che se dovessero trafilarne alcune gocce all'interno della maschera se ne sentirebbe subito il caratteristico odore di uova marce.
Mi sono fermato per registrare il video, poi ho ripreso la rotta in senso orario.
Dal fango sono passato a nuotare su scogli e massi del fondo inclinato, in mezzo ad un intreccio di rami e tronchi d'alberi giganteschi sradicati all'aria e dopo affondati. Sono transitato al lato di una rete da pesca incagliata ed attorcigliata su se stessa che sembrava un albero di natale.
I minuti che scorrevano sono diventati un'ora. Come pietra miliare delle distanze avevo, ed ho, il relitto di una Fiat 500 che normalmente si raggiunge in mezz'ora d'immersione a pinne partendo da sotto il parcheggio ed in direzione opposta a quella che seguivo.
Non l'ho mai immaginato come un percorso con tabella oraria, ma esattamente il contrario: un lento viaggio per avere il tempo di osservare con calma, quindi non mi sono mai affrettato. Se c'era qualcosa che m'interessava mi prendevo i minuti occorrenti, altrimenti proseguivo con ritmo lento, comunque senza mai forzare l'andatura subacquea.
Per questo motivo Max ed io ci eravamo accordati per un orario di riemersione di massima e non fisso per evitare nel probabile caso di prolungamento della durata dell'immersione: pensieri a lui che aspettava all'aria, ed a me la fretta di arrivare ad orario spaccato.
Osservavo con attenzione il panorama che allo stesso tempo era uguale e diverso, e che perciò come sempre mi incuriosiva parecchio.
Alla mia silenziosa apparizione due tozze carpe scure velocemente mi sfilavano di fianco.
Incastrato tra grandi i massi vulcanici vedevo il relitto di una canoa, dopo transitavo sotto l'ennesimo grande tronco d'albero affondato, un suo ramo curvo formava un arco.
Nella penombra dell'acqua, non limpidissima per la sospensione presente, al 120° minuto vedevo quello che da lontano pareva essere uno scoglio, ma che poi invece da vicino si materializzava nel piccolo "Cinquino" FIAT ricoperto di alghe.
Ne avevo ancora per una trentina di minuti alla riemersione, e se pure dovevo ancora sgambettare oramai ero nei paraggi di "casa" perchè sul bassofondo riconoscevo, visti e rivisti, un paio di pedalò e diverse barchette, come pure purtroppo il ciarpame di scarto indifferenziato per la maggior parte volutamente gettato oppure, ma in parte davvero minima, perso.
Pneumatici e cerchioni di automobili a iosa, pentole, bottiglie di vetro e plastica, un carello per natanti sfasciato, tubi spaccati di grandezze e materiali diversi, stivali di gomma, scarpe e ciabatte spaiate, blocchi di cemento, mattonelle, pezzi di guard-rail, posate, bicchieri, piatti, cartelli stradali, pezzi di ferro, lamiere, un water, e poi ... ecc. ecc. Ciò perché in questa zona del lago la strada accessibile alle macchine è vicinissima all'acqua. Oggi ho verificato di persona che sotto gran parte della sponda sud-ovest, dove all'aria si snoda solo un sentiero e per di più non vicino al greto dell'acqua, per la stessa logica (incivile), di pattume sommerso ce n'è praticamente niente.
Come previsto, nel finale dalla bassa profondità ho lanciato il pedagnetto in superficie per segnalare ed avvisare all'amico che aspettava su a riva che ero rientrato in zona.
Con una voragine nello stomaco per la fame e nelle gambe due ore e quaranta minuti di scorrere del timer sub, ero arrivato al termine del viaggio iniziato però nella mia testa non ricordo quando.
Nessun commento:
Posta un commento
Ben lieto della visita, grazie. Se vuoi lasciare un'opinione puoi farlo qui.