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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

giovedì 8 settembre 2022

--immersioni: "LA SIRENA DEL LAGO"




Avevo da tempo l'idea di posizionare sotto la sponda est del Lago di Castelgandolfo/Albano, una linea guida di discesa/risalita tra 10 e 90 metri con al termine una statuina di Sirena.
Semplice a pensarla, sapevo che per la realizzazione pratica sarebbero occorse molte immersioni impegnative di vero e proprio lavoro a profondità crescenti.
Abitualmente qui le immersioni si effettuano prevalentemente dalla sponda ovest, in corrispondenza di un comodo punto d'accesso vicino ad una trattoria con veranda sull'acqua.
Anni fa, osservando una carta nautica del lago con le indicazioni delle linee di profondità avevo notato sulla sponda diametralmente opposta, quella orientale, una precisa zona con pendenze più marcate.
Spinto dalla mia solita curiosità in una prima esplorazione andai sott'acqua dall'altra parte a dare un'occhiata. Trovai ancora fango e la solita moderata inclinazione.
La carta chiaramente non poteva contenere errori, ero stato io a non centrare la zona esatta.
Insistetti e la settimana successiva infatti ritornai spostando di qualche centinaio di metri il punto d'inizio immersione.
Fui premiato perché scoprii un'interessante franata più ripida fatta di massi e paretine che arriva fino a 75 metri di profondità e che poi da allora più volte nel corso del tempo ho esplorato.
Durante quei giri ho potuto verificare che questa struttura è unica perché limitata in una ben precisa area, ai suoi lati il fondale è composto dal solito limo lacustre moderatanente pendente, e più precisamente ho posato questa linea di discesa-risalita quasi all'estremita sinistra orografica di queste rocce circoscritte, rocce che in alcuni punti formano degli interessanti salti verticali.
A differenza del comodo punto d'ingresso vicino la trattoria sul lato opposto, dove a poche decine di metri dal parcheggio della macchina s'inizia l'immersione, qui l'avvicinamento è davvero molto più faticoso perché dall'auto che si lascia in alto e non vicino si deve trasportare scomodamente tutto l'equipaggiamento prima per un centinaio di metri e poi per un ripido viottolo fino al bagnasciuga, ed al termine chiaramente ripetere il lavoro al contrario.
Non solo, una volta raggiunta l'acqua bisogna spostarsi faticosamente in superficie per 300 metri, non uno di meno, con l'equipaggiamento addosso per arrivare sulla verticale della zona.
Già da quando qui venivo in circuito aperto, le comuni bombole in spalla, ero stato tentato dall'idea di sagolare la discesa, però gli elevati consumi di miscele gassose ternarie di tale sistema a profondità importanti ed in più immersioni mi aveva fatto desistere.
Il progetto poi mi è tornato in mente quando all'uso dell'autorespiratore a circuito aperto ho affiancato il più efficiente autorespiratore a circuito chiuso/rebreather.
Arrivò quindi il momento di passare ai fatti e dar concretezza alle idee.
Come prima pietra fissai ancorata su di uno scoglio a 10 metri di profondità una piccola boa di plastica, praticamente un segnavia sulla verticale della franata sottostante.
Tornando all'epoca dei tuffi in circuito aperto, per raggiungere il punto d'inizio avevo memorizzato una precisa roccia all'aria che, logicamente per risparmiare le scorte delle miscele respiratorie Trimix, raggiungevo pinneggiando scomodamente galleggiando con tutte le bombole di viaggio, di profondità e decompressive addosso. Mentre ora con la boetta affondata che funge da indicatore, respirando nel rebreather effettuo questo trasferimento meno disagevolmente immerso.
Da quel punto fermo e da quel momento ma sopratutto con la piena libertà di non avere nessuna scadenza di tempo, immersione dopo immersione in una direttrice che ricalca la linea di massima pendenza, a batimetriche crescenti ho fissato altri ancoraggi tra i quali ho tesato la cima guida. A volte per la ricerca del punto fermo che garantisse la solidità non m'è bastata la singola immersione.
All'aumentare della profondità l'orizzonte sommerso del lago sfuma in tutte le tonalità di verde, da quello chiaro a quello scuro, ma oltre i 20 metri di luce non ne passa più ed il buio è costante.
In alcune circostanze può capitare di attraversare tra i 60 ed i 70 metri una fascia d'acqua biancastra come nebbia fitta, a significare che lì vicino ci sono delle sorgenti sulfuree sommerse. Della faccenda ci si rende conto se un po' d'acqua trafila all'interno della maschera, perché netto si sente l'odore di uova marce tipico dello zolfo.
Il fondale di questo lago ha sempre esercitato su di me un grande fascino che mi ha spinto gradatamente ad esplorarlo per scoprire nuovi panorami. Tutta la zona della franata di roccia vulcanica che dalla superficie arriva a settantacinque metri di profondità, è ricca delle più diverse geometrie degli scuri scogli lavici che si parano quando illuminati. A contornare il panorama, ci sono qui e là grossi tronchi, rami e radici d'alberi scivolati e persi giù in basso. Non poche sono le lenze e le cime intrecciate sott'acqua. Purtroppo invece l'elemento svalutante è l'oramai abituale ed immancabile immondizia, il marchio incivile dei tempi consumistici. Non esagero dicendo che mi spiccerei prima a descrivere i pochi articoli di ciarpame che non ho visto rispetto a quelli trovati, non ultini alcuni telai e pezzi vari di motocicli ed automobili.
Proprio sotto l'ultimo punto fissato a 67 metri, una paretina inclinata è l'ultimo contrafforte roccioso che definitivamente affonda a 75 metri sul finissimo sedimento fangoso che prosegue oltre.
Per poter continuare con la linea ho costruito in metallo dei picchetti per il fango che hanno lo scopo di mantenere sollevato il filo guida che altrimenti poteva essere seppellito dal limo.
Così in diverse immersioni alle quote di 75, 77, 80, 86 ed 88 metri ho trasportato e conficcato il nuovo picchetto che poi in una successiva discesa univo al precedente con il filo.
Lentamente e costantemente con il suo lieve zigzagare, immersione dopo immersione la geometrica linea spezzata si protendeva ogni volta un po' più in avanti.
Nel fondale fangoso capita d'incrociare qualche solitaria anguilla che serpeggia, mentre nella fascia rocciosa prossima alla superficie i persici sono molto più numerosi, molto meno le carpe, gli elusivi lucci e qualche volta branchi di amur. Purtroppo s'incrociano anche voraci tartarughe d'acqua non autoctone che al termine del loro soggiorno in qualche acquario casalingo senza criterio sono state smaltite nel lago dove si sono riprodotte, e dove puntualmente vanno a papparsi il novellame delle specie ittiche.
Intanto che procedevo con la posa della linea avevo pensata, disegnata e costruita in lamiera d'acciaio la Sirena.
A coronamento del progetto e del lungo e paziente lavoro, nel tuffo di chiusura del cantiere sommerso l'ho trasportata e con grande soddisfazione posata in sito in corrispondenza del capo-linea all'estremità più bassa a 90 metri.
Come ho già detto, non m'ero posto una scadenza temporale. Vivendo a Pescara ho dovuto per forza diluire il lavoro nel corso dei mesi in base al tempo libero.
Da oggi quindi ho un'ulteriore scusa per partire: come potrei mai rimanere sordo gli ammalianti richiami di questa gran bella gnokka di Sirena?

Giacinto Marchionni

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