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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

venerdì 31 agosto 2001

--immersioni: "IL RELITTO DI MOLARA"

Facendo attenzione alle indicazioni del G.P.S. che ci segnalava le coordinate geografiche di un ben preciso punto in mare aperto, d'un tratto sulla schermata grafica dell'ecoscandaglio montato sul gommone di Raffaello, notammo appena elevarsi dal piatto fondale sabbioso situato 40 metri sotto la chiglia, quella che ad un occhio poco pratico poteva sembrare un'elevazione appena accennata.
Quella bassa collina sommersa era proprio quello che stavamo cercando.
Filammo a mare il pedagno zavorrato che velocemente srotolò la lunga sagola avvolta sul suo mulinello. Marcammo così il relitto di Molara, dal nome di un isolotto della costa sarda nord-orientale, una nave da trasporto lunga circa 70 metri.
Sotto il sole caldo di quell'agosto del 2001, sudando non poco, Paolo ed io ci preparammo indossando le mute di gomma e quindi ci tuffammo in acqua seguendo il cordino giallo che inclinato diagonalmente ci guidò, terminando la sua linea, proprio vicino la prua della nave.
In quel punto dove atterrammo era possibile vedere ancora le catene delle ancore. Tutta la parte lignea del vecchio vascello è praticamente scomparsa, lasciando in vista solamente le ordinate metalliche e l'intreccio reticolare della struttura di coperta.
Di lena nuotammo verso la poppa, e come spesso succede nell'acqua con buona visibilità, l'effetto ottico pareva rendere la distanza da attraversare minore di quella che poi in effetti era nella realtà.
Andammo ad esplorare con attenzione la sala macchine. In un caos di lamiere, assi di ferro, arnesi di marina ci infilammo dentro un pertugio dove trovammo accatastati dei mattoni con la scritta GLENBOIG e CLAYBURN, erano i mattoncini refrattari posizionati all'interno della caldaia, cuore propulsorio.
Branchi fittissimi di saraghi pattugliavano quelle acque, d'altronde sopra un piatto ed uniforme fondo di sabbia, una struttura sommersa del genere crea un'infinità di logici ricoveri per tantissimi organismi e, illuminando un tubo divelto, vedemmo una murena che l'aveva scelto come tana.
Andammo poi sulla poppa, oramai completamente inesistente, dove erano rimasti solamente i contenitori di grossi serbatoi.
Con gli occhi gustammo fino all'ultimo momento l'inconsueta trasparenza e luminosità di quell'acqua a 40 metri di fondo.
Giunse il momento di riprendere la via dell'aria verso l'alto. Iniziammo a malincuore a riguadagnare quota dirigendoci verso la prua del relitto dove ritrovammo il sagolino del pedagno che ci riportò verso l'alto. Qualche metro sotto la chiglia del gommone smaltimmo gli ultimi minuti di debiti d'azoto.
Immersione effettuata nell'agosto del 2001.
Per parecchio tempo questo relitto si pensasse fosse una nave battente bandiera francese di nome "OUED YQUEM (del tipo Windjammer, costruiti in Olanda, caratterizzati da scafi in ghisa e ferro, 4 o 5 alberi con grosse vele quadre che erano il vero sistema propulsivo e da piccoli motori a vapore da utilizzare solamente nelle manovre). Qualcosa non quadrava però nell'identificare la OUED YQUEM perchè se fosse stato un "windjammer", avrebbe dovuto avere un piccolo motore contrariamente al grande motore a vapore che si vede e lo scafo in metallo. Invece il relitto poco al largo dell'isola di Molara in metallo ha solamente le ordinate e dello scafo in legno esposto al mare non è rimasto nulla.
Esperti di storia navale e di naufragi, grazie alle stampigliature impresse sui mattoncini refrattari sono riusciti a risalire ai cantieri di costruzione e quindi alla nuova identità della nave.
Le scritte "GLENBOIG" e "CLAYBURN" erano i marchi di fabbrica delle fornaci specializzate nella produzione di quei particolari mattoni, la prima scozzese e la seconda canadese in British Columbia ed ancor oggi in attività."
In particolare il marchio "CLAYBURN" riporterebbe la costruzione del relitto di Molara in un cantiere navale del British Columbia, quindi vicino la fabbrica Clayburn, per conto del governo inglese per scopi bellici, con il nome di "WAR HAIDA": scafo n.8, lunghezza 76,6 metri, larghezza 13,3 metri, macchina a vapore con due caldaie, ordinate in struttura metallica e fasciame in legno.
Questa nave nel 1919 fu venduta alla "Roma Società di Navigazione" che le cambiò nome in "RODOSTO" e che successivamente la cedette nel 1924 alla "Societa di Navigazione e Cabotaggio" di Genova.
Mentre era in navigazione da Cagliari a Genova, il 22 gennaio del 1927 si incendiò ed affondò nei pressi dell'isola di Molara.
Paradossale invece la fine della piccola OUED YQUEM, costruita in Olanda, fu silurata da un sommergibile olandese 14 miglia fuori Capo Figari, quindi molto più al largo di Molara il 3 ottobre del 1941.
(Questi riferimenti storici mi sono stati forniti da Stefano Ruia che ringrazio.)

sabato 25 agosto 2001

--immersioni: IL RELITTO DEL "MONTEPONI"

Sto scendendo lungo una cima bianca che si perde nell'azzurro del mare. E' il filo di Arianna che mi porterà fino all'ancorotto legato alla sua base. Un po' sotto di me c'è Paolo, vedo i suoi regolari sbuffi di bolle che escono dal suo autorespiratore, poco sopra Raffaello ci segue. La luce celeste è stata sostituita da quella blu che avvolge gli strati più profondi del mare...

martedì 24 luglio 2001

--immersioni: "Relitto del CORMORAN"

Nel ramo del mar Rosso Egiziano che si infila a nord-est tra la penisola del Sinai e quella Arabica, per la precisione verso il golfo di AQABA, c'è lo STRETTO DI TIRAN. Come accade in tante altre parti di questo mare, anche qui ci sono dei bassifondi corallini che arrivano a sfiorare la superficie creando delle pericolose barriere sommerse sulle quali spesso vanno ad incagliarsi ed a sprofondare poi alcune navi. A 28° 00',0 di latitudine nord e 34°29',6 di longitudine est c'è un reef sul quale è affondato il 21 agosto 1984 un piccolo cargo italiano chiamato CORMORAN (da alcuni detto "Zingara") che trasportava fosfati. Ci siamo immersi su quel relitto poggiato su un fondo di coralli e sabbia in circa 12 metri d'acqua. L'acqua tiepida e luminosa, la bassa profondità e la totale assenza di corrente resero quel tuffo tranquillo e divertente. Scorrazzammo per più di 80 minuti tra le rugginose lamiere del piccolo cargo sulle cui strutture erano cresciuti tantissimi coralli. La zona più intatta della nave era quella di poppa, mentre la più devastata era quella a propravia.

Un paio di foto su:http://picasaweb.google.com/murenick/CORMORAN#

lunedì 18 giugno 2001

--immersioni: MAR ROSSO (Tiran-Ras Mohammed)

Gli egiziani lo chiamano l'acquario di Allah.
Il Mar Rosso è un mare ricco di vita multicolore, e nel giugno 2001 ci ha regalato incontri inconsueti, emozionanti ed indimenticabili!
Relitti di navi affondate oppure incagliate sui banchi di corallo a pelo d'acqua, tartarughe marine, delfini, uno squalo balena, branchi di barracuda e pesci pipistrello. Ancora un carosello di delfini che aveva voglia di caprioleggiare e divertirsi a prua della barca proprio sotto i nostri occhi!
In questo "Mare" ogni immersione lascia la traccia indelebile dentro.