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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

venerdì 14 dicembre 2012

--immersioni: "L'IMMERSIONE IN SOLITARIA"

Nella frequentazione di corsi d’immersione a tutti è capitato di sentire esprimere dagli istruttori e ribadito nero su bianco sulle pagine dei vari manuali, il concetto che per questioni di sicurezza NON CI SI IMMERGE MAI DA SOLI.
La figura di un compagno d’immersione oltre a servire eventualmente d’aiuto ad un subacqueo in una situazione di difficoltà, risulta un vantaggio anche nella soluzione di inconvenienti di minore entità, e comunque il compagno è la persona con la quale si condivide la passione.
Nell’ambiente della subacquea in una realtà concreta ed oggettiva, c’è un tot. numero di persone che abitualmente attuano immersioni in solitaria.
Allora i sub che non tengono in considerazione questo consiglio, sono superficiali?
In quanto praticante di questo modo di andare sott’acqua provo a dare delle risposte, o quanto meno a darne delle mie sulla base della personale esperienza maturata.
Nelle immersioni fatte nel corso del tempo un po’ alla volta ho assimilato sempre qualcosa in più. Ho imparato, ho frequentato corsi, ho ascoltato persone preparate, ho fatto tesoro delle esperienze mie e degli altri, ma soprattutto con costanza e perseveranza ho fatto tante immersioni.
Ad un certo punto, dopo lungo e paziente percorso durato anni, ho acquisito quella maturità che mi ha consentito di capire soprattutto di non sentirmi affatto un nuovo invincibile dio delle acque ed assoluto conoscitore di tutto quello che riguarda la penetrazione dell’uomo dentro il sesto continente.
Anzi ad essere sincero e non barando innanzitutto con me stesso, più si allargavano e si allargano le conoscenze a riguardo e più scopro che la mia ignoranza/non conoscenza possiede vastissimi ed incolti territori.
Mi reputo una normalissima persona che ha preso perfettamente coscienza delle proprie possibilità e dei propri limiti, soprattutto perché ho imparato ad avere bene in vista quegli incolti territori dei quali dicevo.
All’immersione in solitaria sono arrivato dopo circa una decina d’anni di intensa attività subacquea e per scelta personale o meglio, più correttamente devo dire che ci sono arrivato per esigenza personale. Ad un certo punto della mia “carriera” subacquea mi è venuto spontaneo iniziare a concepire di fare delle discese senza la presenza del compagno. Questi miei pensieri di autonomo però si scontravano con una “cultura sub” che avevo dentro, ed assimilata a seguito degli insegnamenti dei miei primi maestri d’immersione dell’epoca ed allo studio dei testi scritti.
Tutti, indistintamente, categoricamente mi avevano dato un “imprinting” che diceva: “CI SI IMMERGE SEMPRE IN COPPIA.”
Nel corso del tempo ho avuto al mio fianco diverse tipologie di compagni d’immersione con alle spalle i più variegati trascorsi sub. Dall’amico fidato e di provata esperienza subacquea con il quale grazie all’affiatamento ci s’intende non più con i ben codificati segnali che adoperiamo ma semplicemente con sguardi a volte anche appena accennati, al subacqueo sconosciuto ed incontrato all’ultimo minuto casualmente su di una barca di un centro d’immersione del quale acquaticamente parlando nulla si sa e con il quale, magari, già non ci si intende fuori dell’acqua.
Questi due esempi che schematizzano ed estremizzano al massimo la gamma dei vari modelli di “compagni” da me avuti mi hanno fatto iniziare a riflettere e meditare su quel concetto che affermava di non andar mai da soli.
La miglior opzione tra avere un fidato compagno d’immersione o avere un “non” fidato compagno è naturalmente, manco a dirlo, la prima. Trovarsi infatti sott’acqua con al proprio lato una persona della quale si dubita delle capacità è poi così rassicurante?
Decisamente No, o per lo meno non per me.
Non sono l’uomo di Atlantide, ed il dubbio che a qualche spanna da me ci sia un tipo che non sappia come comportarsi nel caso in cui per un inconveniente di qualsiasi genere avessi io bisogno di lui, personalmente mi toglie il piacere di vagare sotto i flutti in compagnia.
In quelle occasioni da me vissute in prima persona tecnicamente ero solo seppur fisicamente vicino un altro sub, con l’aggravante di avere la preoccupazione in più di dovermi accollare la responsabilità dell’altro, mentalmente anni luce lontano da me.
Per logica deduzione ecco allora sorgermi l’interrogativo sul concetto sentito e letto chissà quante volte che enunciava la presenza in qualsiasi occasione d’immersione del “compagno”.
Regola che se presa in generale è più che sensata in una “ipotetica ed ideale comunità subacquea” dove tutti i divers sono, o dovrebbero essere, veramente coscienti e consapevoli dei propri limiti, e dell’importanza del ruolo che riveste l’essere “compagno d’immersione”.
Però, oggettivamente, quello che ho visto e vissuto girando per immersioni è spesso lontanissimo da quell’ipotetica ed ideale comunità subacquea.
Non sarebbe però assolutamente corretto nel fare di tutt’erba un fascio. Di sommozzatori preparati, addestrati adeguatamente, d’esperienza e pronti ad intervenire correttamente e nella maniera più appropriata in caso di una necessità del proprio “buddy”, ce ne sono. Quella standardizzazione di sicurezza, necessaria a rendere omogenea la vera efficacia del “sistema di coppia”, a gran parte della “comunità” però assolutamente manca. Metabolizzato e scrollatomi di dosso questo oggettivo contrasto “culturale” tra quello che mi avevano detto i “maestri” e quello che per logica pratica avevo provato direttamente tante volte, ho iniziato quindi a percorrere con l’unica tattica possibile al riguardo, quella dei piccoli passi, la strada dell’esperienza sommersa in solitaria, facendo mie così nuove procedure e nuove sensazioni.
La molla principe che mi ha spinto ad iniziare l’attività in solitaria, sottolineo, è stata concepita dentro di me indipendentemente dal fatto che in giro ci fossero “compagni” non propriamente consapevoli di tale ruolo. Questo fattore, semmai, ha contribuito solamente con un’ulteriore piccolo impulso in quella direzione.
Per me andare sott’acqua da solo è anche un po’ mettersi alla prova perché, senza dubbio, bisogna essere molto più attenti e concentrati. In questo tipo di tuffi mi capita d’effettuare un ininterrotto, costante e continuo controllo su me stesso, sull’attrezzatura, sull’ambiente che mi circonda. Insomma quelle cose che abitualmente faccio quando m’immergo in compagnia e che “pretendo” facciano i miei “compagni”, le metto in pratica in una modalità molto amplificata quando me ne vado da solo.
Nel corso del tempo e della perenne ripetizione questi gesti mi sono diventati automatici e non penso più che in un tale momento “devo” ricordare di fare un “check”.
Mentre guardo, esploro, fotografo, mi muovo, assaporo l’immersione in ogni suo attimo, cioè faccio tutte le cose che i sommozzatori sportivi (ricreativi e tecnici) abitualmente fanno. Contemporaneamente controllo la scorta di gas, la profondità, le indicazioni della bussola, l’attrezzatura, la mia respirazione e me stesso.
In immersioni solitarie impegnative con la concentrazione espansa in maniera esponenziale, come in un “mantra” ripetitivo i miei pensieri ondeggiano in costante flusso tra il controllo e gli obbiettivi del mio tuffo. Ho la sensazione unica e strana, mai provata in altre circostanze, come se mi osservassi dal di fuori. Credo che ciò probabilmente possa in qualche maniera dipendere dal livello di massima attenzione che dilata in positivo a dismisura tutte le percezioni e sensazioni.
Di certo ci sono anche altre motivazioni che mi hanno spinto ad iniziare. Mi reputo fortunato perché ogni volta che vado ad immergermi, ancora adesso dopo tanti anni da quello che fu il tuffo numero uno lo faccio con lo stesso identico ed immutato entusiasmo di quella prima volta, e con questa forte motivazione che nel corso del tempo è rimasta inalterata, ho sempre cercato d’organizzarmi l’immersione compatibilmente con altri impegni personali. A dir la verità, però, di reali e concrete cause di forza maggiore esterne che hanno condizionato questa voglia, meno male ne ho avute poche contrariamente a certi conoscenti, potenziali compagni d’immersione, ai quali sempre all’ultimo minuto, puntualmente accadevano degli imprevedibili contrattempi.
Spesso infatti agli inizi mi è capitato parecchie volte di dover abortire l’immersione programmata perché il compagno, o i compagni, in zona Cesarini rinunciavano a causa di variegate motivazioni. Allora rimanevo lì a secco a mordere il freno pensando che per trovare un’altra occasione avrei dovuto attendere il successivo fine settimana. Quella loro rinuncia mi toglieva qualcosa alla quale ero motivato ed entusiasta e per la quale personalmente mi ero organizzato. Allora un giorno stufo di queste andate in bianco totalmente indipendenti dalla mia volontà, presi la decisione che non mi sarei più lasciato condizionare dalla presenza o meno del compagno e, a prescindere dal “buddy“ (eventualmente sempre ben accetto), comunque sott’acqua sarei sceso lo stesso.
In questo tipo d’immersione scelgo io dove, quando e come andare.
Tali aspetti non mettono in luce solo importanti questioni prettamente tecniche, ma anche psicologiche e di personalità. Andandomene a zonzo incondizionatamente in tal modo, assaporo ancor di più un senso di libertà che nel concetto più ampio del termine, per il sottoscritto è di valore assoluto ed irrinunciabile.
In conclusione, non mi sento di consigliare o di sconsigliare l’immersione in solitaria. Posso solo dire che in base a quella che è stata la mia esperienza ad un certo punto dopo tanta attività fatta ho sentito l’esigenza di seguire anche questa nuova strada che ho trovato gratificante e che quindi ho continuato a percorrere. Se non fosse stato così l’avrei lasciata.
Mai accingersi ad intraprendere il “solo diving” solamente per imitare: la motivazione che è il fondamento di ogni nostra azione, si appoggerebbe su di un terreno instabilissimo.
Per gli stessi identici motivi sconsiglio vivamente d’intraprendere questo sentiero dopo aver frequentato corsi che propongono questo modo di scendere in acqua, sarebbe infatti davvero un assurdo non senso per un allievo ascoltare delle regole sull’argomento da parte di un istruttore che poi all’atto pratico non sarà presente in acqua.
All’immersione in solitaria, eventualmente, ci si arriva da soli ed esclusivamente per propria e soprattutto libera scelta, ponderata e maturata con motivazioni intime che non devono risentire di alcun tipo di condizionamento o forzatura d’ogni genere proveniente dal di fuori.
Giacinto Marchionni

mercoledì 12 dicembre 2012

--immersioni: "9 DICEMBRE 2012"

Sott'acqua al riparo da vento, freddo e neve.

lunedì 26 novembre 2012

--immersioni: "STRANE BOLLE"



In queste ultime settimane su giornali e televisioni (locali ed anche nazionali), più volte si sono letti e visti servizi sul Lago di Scanno.
In particalare gli argomenti riportati riguardavo dei fenomeni misteriosi tipo onde anomale, abbassamento delle acque e variazioni magnetiche che si sarebbero riscontrati.
Da svariati anni, più di venti, m'immergo nei fondali di questo bellissimo angolo tra i monti d'Abruzzo e m'è capitato di vederne il livello medio più basso del solito già altre volte.
Questo fenomeno, del tutto naturale, è un fatto ciclico da imputarsi principalmente alle scarse precipitazioni che vanno ad alimentare le sue falde.
Qualcuno sostiene che il sisma che nel 2009 ha colpito l'Abruzzo, abbia in qualche maniera aperto delle crepe negli strati di terreno sottostanti il fondo del bacino, grazie alle quali ci sarebbe un travaso di acque: in parole più semplici una perdita. Questa ipotesi, se avvalorata da studi tecnici, potrebbe eventualmente essere la concausa dell'abbassamento del livello.
Al momento, il dato di fatto è che per entrare in acqua bisogna scendere di 3-4 metri la sponda che, in condizioni di normalità di piena, è sommersa.
La superficie di questo piccolo lago a forma di cuore (se visto dall'alto), generalmente o è liscia oppure appena increspata dalle brezze. Quando invece il vento soffia forte insinuandosi tra le montagne può essere che sulle rive si formino dei frangenti spumosi: insomma delle normalissime onde con piccole spumette bianche che personalmente mi sembravano tuttaltro che anomale.
Per quello che concerne il magnetismo alterato sembrerebbe che si verificherebbe in una ben precisa area.
Mia personle opinione è che, eventualmente, in tal punto possa esserci una massa ferrosa consistente che possa influenzare le piccole e sensibili bussole che noi sub portiamo assieme agli altri strumenti.
Comunque qualche giorno fa dei ricercatori hanno compiuto con appositi strumenti delle misurazioni per verificare, quindi si attendono i risultati.
Invece nell'immersione di ieri 25 novembre '12 (dove dagli 8 ai 21 metri di profondità c'erano condizioni di visibilità molto scarse e con una temperatura dell'acqua di 7°), in un punto abbiamo visto un cono di fango con un profondo buco al centro che costantemente eruttava un ininterrotto flusso di bolle.
A volte sul fondo del lago capita di vedere formarsi delle bolle, ma sempre singole o molto poche e da imputarsi a processi batteriologici decompositivi di materiale organico generanti gas e che, comunque, non hanno nulla di paragonabile al fenomeno che ci siamo trovati di fronte e che ho documentato nel video.

domenica 18 novembre 2012

--immersioni: "...ALLA FINE DELLA STRADA"

" ... come uno straniero non sento legami di sentimento,
e me ne andrò dalle città..."
(Franco Battiato)

mercoledì 14 novembre 2012

--immersioni: "L'IMBUTO"



...Ma dov'era?
Mentre ci stavamo preparando all'immersione, una signora che abitava proprio lì vicino al piccolo lago, capendo quali fossero le nostre intenzioni premurosamente ci mise in guardia dicendoci che il fondo era a forma di imbuto. Così, almeno aggiunse, si sentiva dire.
Ringraziandola, mentre terminavamo le nostre procedure di vestizione già pregustavamo un interessante tuffo dentro un imbuto lacustre profondo 14 metri (batimetrica specificata dalla scritta su un giallo cartello turistico illustrativo piantato dalla pro-loco)...

lunedì 12 novembre 2012

--immersioni: "IL FORD CORTINA"

REPORT DI UN RITROVAMENTO CASUALE DA PARTE NOSTRA NELL'OTTOBRE DEL 2009 DI TRE RELITTI SOMMERSI D'AUTOMOBILI IN UNA ZONA DEL LAGO DI ALBANO (O DI CASTELGANDOLFO),POCO FREQUENTATA DA SUB.

Questo è un bacino lacustre di origine vulcanica con una profondità massima di circa 170 meti. Le sue ripide sponde, ricoperte da una fittissima vegetazione, proseguono con immutata ed invitante pendenza anche sotto il pelo dell'acqua, tant'è che già a poche decine di metri dalla riva si possono trovare notevoli "batimetrie", maggiori di 70 metri. Questa pendenza molto sostenuta del fondale per me è sempre stato un fortissimo richiamo e molto volentieri vengo ad immergermi dentro queste acque.
Durante la risalita da un tuffo, mi decidevo di variare il normale itinerario dell'ascesa, compiendo una lunga accostata alla mia sinistra con lo scopo di andare a gettare uno sguardo su una zona poco o niente conosciuta...

venerdì 2 novembre 2012

--immersioni: "IMPRESSIONI D'AUTUNNO"

All'arrivare dei primi venti più freddi che scendono dalle montagne tutt'attorno, anche il "Lago" inizia a vestirsi dei colori dell'autunno.

giovedì 25 ottobre 2012

--immersioni: "LA SECCA DI PUNTA SECCA"

Lasciato il cappello della secca a 7-8 metri di profondità dal pelo dell'acqua, siamo scesi sulla bella parete che affonda le sue basi molto più in basso. Dai trenta metri inizia il fittissimo bosco di paramuricee dalla doppia colorazione giallo e rossa.
Lo spettacolo che offrono le due spaccature, una più stretta e bassa e l'altra più larga ed imponente, che attraversano questo bastione roccioso sommerso, comunque anche se da me più che conosciute, merita sempre.
Attraversato il varco più ampio, superando una fastidiosa corrente a noi contraria, siamo scesi ancora per poco raggiungendo così i 62 metri.

lunedì 22 ottobre 2012

^^montagna: "CRESTA DI NORD-EST DEL CORNO PICCOLO"

In una soleggiata ed insolitamente tiepida giornata di fine ottobre, abbiamo scalato sulla panoramica "CRESTA NORD-EST" del Corno Piccolo al Gran Sasso d'Italia, percorsa per la prima volta da Enzo Jannetta ed Aldo Bonacossa il primo novembre del 1923.
Svilluppandosi su circa 500 metri di aereo percorso alpinistico, copre un dislivello di 300 metri.
Una volta superata in cordata la parte bassa della "via", di seguito noi con attenzione abbiamo continuato più speditamente verso la vetta progredendo di "conserva" su questo lungo itinerario.
Siamo scesi per la "via Abbate-Acitelli", più nota come "Normale da Nord al Corno Piccolo", sulla quale in alcuni tratti si disarrampica con passi di II°.

giovedì 18 ottobre 2012

^^montagna: "ALLA TAVOLA DEI BRIGANTI"

In tutta l'Italia centromeridionale, il "Regno delle due Sicilie", più di un secolo fa il "brigantaggio" era praticato. Sulle alte creste della Majella che fanno da spartiacque separando il Vallone delle Tre Grotte dalla Valle dell'Orfento, c'è una zona di rocce sulle quali loro, "briganti" ed anche in parte "rivoluzionari dell'epoca", lasciavano a testimonianza dei personali "graffiti" incisi indelebilmente nel calcare.

lunedì 8 ottobre 2012

^^montagna: "Via ALESSANDRI-GRAZIOSI e Via DELLA VIRGOLA"

Siamo stati all'ombra dal primo all'ultimo metro di queste due "vie" scalate sul versante settentrionale della prima spalla del Corno Piccolo al Gran Sasso d'Italia.
Il piacevole fresco che in questo settore si può comunque apprezzare d'estate, è stato sostituito dalle più ruvide atmosfere d'inizio autunno accompagnate in questa giornata anche dal vento a momenti forte.
La parete a metà è caratterizzata da una netta cengia che la divide in due sezioni.
La "Alessandri-Graziosi" (aperta il 29 giugno 1967) sale nella parte inferiore della parete con passaggi fino al IV° grado superiore, mentre "La Virgola", (aperta il 24 luglio del '34 da Antonio Giancola, Antonio Panza e Venturino Franchi) all'inizio grazie ad un sistema di fessure e camini (tratti di V° grado), ne rimonta quella alta.
Concatenandole assieme si ottiene una bella salita con difficoltà omogenee che si sviluppa per circa 300 metri.
Fuori dalle difficoltà alpinistiche, poco sotto del filo di cresta, per canale e roccette un po' rotte si giunge proprio nella parte più alta della spalla, dalla quale ci si potrebbe calare con una serie di ancoraggi per corde doppie. Noi preferiamo scendere camminando, con attenzione in qualche passo di disarrampicata, dalla "normale da nord al Corno Piccolo".

lunedì 24 settembre 2012

^^montagna: "Via JANNETTA-BONACOSSA"

E' iniziato l'autunno e le temperature iniziano lentamente ad abbassarsi, ed allora siamo andati a cercarci una zona del Gran Sasso dove poter scalare al sole.
La parete sud-ovest della prima spalla del Corno Piccolo ci ha accontentati.
Nell'avvicinamento fatto nel canale Bonacossa, però, appena svalicata l'omonima forcella ingresso per la cengia alla base della parete, siamo stati investiti da un vento più che teso che in seguito, nella parte alta della "classica" JANNETTA-BONACOSSA aperta il 2 novembre del 1923 (in quello stesso giorno è nata mia madre!), ci ha strapazzato non poco.
La salita viene fatta sfruttando un camino che in diagonale risale il settore di sinistra della placconata.
L'itinerario originale, arrivato ad un comodo terrazzo, scende per un tratto prima in direzione del canale Bonacossa per poi risalire il versante nord della "prima spalla".
Noi dal "terrazzo" invece abbiamo scalato sulla più elegante variante d'uscita, la "Schanzer-Bolatti"(luglio '46).

domenica 23 settembre 2012

--immersioni: "IL SENTIERO DELLE GORGONIE"

Notissima, per lo meno ai sub frequentatori dello Stretto di Messina, l'immersione su quella che dai locali è detta la Montagna di Scilla (RC).
Questo è un monolito roccioso spettacolarmente ricoperto di paramuricee dalla doppia colorazione rossa e gialla.
Già di per se un'immersione su questo sito gratificherebbe la vista e lo spirito di un qualsiasi esploratore di fondali.
Oggi noi abbiamo seguito un ideale sentiero sommerso che partendo proprio dalla base di questo gigantesco scoglio, seguendo pareti, scivoli e muretti di roccia ci ha guidati dentro una fitta foresta di gorgonie.
In passato, già avevo seguito questo "sentiero" avendo come segnavia sulla mia dritta un piccolo muro che si perdeva verso il basso.
Oggi sono andato fin dove questo estendeva le sue propaggini più lontane verso il mare aperto, ad 82 metri di profondità.
Anche a queste fonde quote loro, le gorgonie, rimanevano le indiscusse regine incontrastate della scena.
Erano ovunque: spettacolare!

mercoledì 19 settembre 2012

--immersioni: "Relitto del RIGOLETTO/MADDALENA LOFARO"

Nelle acque antistanti Messina con la prua affiorante e la poppa a circa 36 metri di profondità, giace il relitto ai più noto come "RIGOLETTO" che destinato ad essere smantellato, nella manovra volontaria d'incagliamento per errore affondò.
Per la precisione l'armatore dell'epoca gli aveva variato il nome in "MADDALENA LOFARO".
La nave, lunga un centinaio di metri, offre diversi spunti per foto e videoriprese, tra cui anche anche alcune automobili situate nelle stive.

sabato 15 settembre 2012

--immersioni: "IL MURO"

Partendo dalla riva stiamo nuotando appena sopra un fondo sabbioso con la profondità che aumenta costantemente.
A parte il detrito che compone il pavimento e l'acqua azzura sempre più scura e limpida, a prima vista il panorama sommerso che possiamo osservare non offre spunti di particolare interesse, comunque continuiamo a scendere sapendo che di lì a poco arriveremo sulla nostra meta.
Ad una quarantina di metri infatti il mare sotto di noi assume una tinta più cupa perchè siamo giunti sul bordo superiore di quello che i locali chiamano "Il Muro", nome che descrive alla perfezione questo lungo contrafforte roccioso che corre parallelamente alla linea del bagnasciuga e che va a sprofondare molto più in basso.
Da questo momento inizia la nostra esplorazione e, lasciandoci la parete alla nostra sinistra, andiamo sotto fino a 74 metri.
Allontanandomi di poco dai miei amici, quaggiù nel crepuscolo dell'acqua scura li vedo piccoli stagliarsi come marionette sulla "scena" dell'articolata parete rocciosa che fa da sfondo, e che non si sa dove vada a a finire.

giovedì 13 settembre 2012

--immersioni: "COME CHIGLIE ROVESCIATE"

L'azzurro cupo del mare riempie il vuoto della bocca, mentre il nero delle rocce ne disegna le labbra.
Stiamo fuoriuscendo sulla sinistra di un antro sommerso a poco più di una cinquantina di metri di fondo.
Da questo punto in giù costeggeremo una serie di paretine e massi che, inclinati, spuntano dalla sabbia del fondo che al mio compagno d'immersione, mi dirà poi a secco, ricordano chiglie rovesciate d'imbarcazioni.
Arriviamo alla fine di questa linea sommersa situata ad 82 metri, poi solo sabbia che si perde non si sa dove, verso il blu scuro.
Risalendo costeggiamo la cigliata in alto, ripassando sopra la strapiombante parete che altro non era che la parte superiore della grotta che rientrava.

lunedì 10 settembre 2012

--immersioni: "TRA GLI ULIVI L'ACQUA E' SCURA, QUASI BLU"


Alla fine di una stretta strada a tornanti che passa in mezzo ad un esteso uliveto, si arriva in un minuscolo borgo di mare stretto tra balze rocciose, deserto e quasi abbandonato...

mercoledì 22 agosto 2012

^^montagna: "LA NEBBIA DEL PARETONE"

Dal piano di Laghetto di Cima Alta, località Prati di Tivo (TE), ancora notte c'indirizziamo nel vallone delle Cornacchie dal quale deviamo all'altezza del Passo delle Scalette per la Cengia dei Fiori sulla quale a tutti gli effetti si pratica "alpinismo in orizzontale".
Stiamo andando a scalare la Via "Nebbia del Paretone" di circa 350 metri di svilpuppo sulla parete nord-est dell'anticima della vetta orientale del Corno Grande, aperta il 26 giugno 1983 da Tiziano Cantalamessa e Massimo Marcheggiani.
Nonostante la vicinanza "in linea d'aria" con paesi, strade, autostrada che si possono vedere proprio giù in basso ed dei quali ci giungono ovattati i rumori e suoni, ci si trova nel vero senso della parola in un ambiente poco solitario e severo.
Questa "via" offre un punto panoramico notevole sulla valle sottostante ed un affaccio di rilievo sull'articolato, aspro e vasto "Paretone".
Percorse tutte le lunghezze di corda della via su rocce tutt'altro che compatte con passaggi fino al V° superiore, ci ricongiungiamo alla Cresta Nord con ancora 350 metri da salire in cordata, andando quindi ad uscire sulla ferrata "Ricci", poco sopra il tratto attrezzato inferiore, per un totale di circa 700 metri di terreno alpinistico.
All'imbrunire transitiamo al rifugio Franchetti dove ci prendiamo una pausa giusto il tempo di riprendere il fiato e mangiare qualcosa.
E' stata davvero una giornata piena, lunga ed intensa vissuta in montagna della quale, a dir la verità, il breve "filmetto" non rende completamente giustizia.

giovedì 16 agosto 2012

^^montagna: "VIA DELL'INCONTRO"

Salendo nel Vallone delle Cornacchie dalla Madonnina (Prati di Tivo-Gran Sasso), proprio alle spalle del rifugio "Carlo Franchetti" c'è la caratteristica forma triangolare della parete ovest dell'anticima settentrionale della vetta orientale del Corno Grande.
Su questa parete con "linee" da alpinismo classico si snodano due "vie" vicine tra loro.
Ad agosto del 2011 scalammo quella più a sinistra, l'ALLETTO-CRAVINO (anche su questo sito). Oggi invece saliamo sull'altra, la VIA DELL'INCONTRO aperta da Massimo Marcheggiani e Roberto Mancini il 29 agosto del 1981.
I primi due tiri di corda sono caratterizzati da una linea tutto sommato verticale, con alla base un'evidente fessura-camino che porta sulla grande cengia che taglia la parete.
Abbiamo seguito poi un breve muretto ricco di appigli dal quale s'intuisce un camino-canale verticale molto bello da risalire. Alla sua fine ho sostato su una selletta che forma un pulpito.
Da questo punto chiaramente ci siamo indirizzati a destra su una marcata cengia in lieve ascesa.
Proseguendo ancora per poco su questa stessa struttura, una volta superato uno spigoletto appena pronunciato si va a sinistra in verticale fino ad un comodo terrazzo.
Solo dopo essere ripartiti da questo, ancora dritti in alto per placche finalmente riusciamo a scorgere il punto di riferimento di questa via, cioè un caratteristico tetto ad arco. Si sosta quindi su una rampa inclinata già vista quando arrampicammo lo scorso anno sull'Alletto-Cravino.
Ci siamo spostati per poco verso destra su questa rampa fino a trovarci proprio sotto il tetto che deve essere aggirato alla sua sinistra. Questo è il primo tratto chiave della via. Su rocce un po' instabili, in forte esposizione verticale si rimonta il tetto arcuato per arrivare su un comodo ripiano. Bello!
Segue subito dopo il secondo tratto chiave. Prima ho scalato una paretina appigliata con rocce ancora instabili, e poi quando la verticalità sopra la mia testa è diventata troppo impegnativa, sono andato sull'unica linea da seguire che è quella di una diagonale a sinistra. In un terreno "smontabile con le mani", molto cautamente ho aggirato da vicino un dolmen semovente. Quindi ancora alcuni passi su una cengia espostissima e poi finalmente sono giunto in sosta.
Da qui sono ripartito per l'ultima lunga (60 metri) sfilata di corda. Ancora in diagonale a sinistra, ma su rocce che si abbattono in pendenza. Di seguito per la linea più diretta verso l'alto e, superati dei muretti da non sottovalutare assolutamente, siamo usciti dalle difficoltà alpinistiche.


mercoledì 8 agosto 2012

^^montagna: "SALADINI-FLORIO"

Continua il caldo estivo anche sul Gran Sasso d'Italia, stemperato però dall'ombra del versante roccioso a nord del Corno Piccolo.
La "Saladini-Florio" (aperta il 1° ottobre 1961) è una via che segue un canele camino ad arco.
L'arrampicata è divertente e su bella roccia.

lunedì 6 agosto 2012

^^montagna:"BIMBI NEL ... CALDERONE !"

700 metri di dislivello fino al ghiacciaio del Calderone per 5 irrefrenabili bambini!

giovedì 2 agosto 2012

^^montagna: "IL CAMINO DELLA PARETE EST"

Dobbiamo rinunciare ai nostri "progetti alpinistici" a causa del vento da sud-ovest che nella mattinata di domenica spazzava con forte intensità il Gran Sasso.
Così ci siamo dirottati sulla parete est del Corno Piccolo, l'unica di questo versante ridossata ed al riparo.
La "VIA DEL CAMINO", situata poco a sinistra della "via della Crepa", attacca in corrispondenza di un diedro canale che si risale, con circa tre lunghezze di corda in tutto, fin dove la pendenza si abbatte.
Poi bisogna infilarsi per una "lunghezza di corda" nel caratteristico camino che le dà il nome, scalandolo con tecnica d'opposizione di piedi e schiena.
Oggi siamo usciti per il percorso originale (Bruno Marsili ed Antonio Giancola 1933), un'evidente rampa verso destra, mentre la prima volta che la scalammo (agosto '09) percorremmo la variante di sinistra transitando dentro un insidiosissimo tunnel verticale di roccia marcia (Bruno Marsili con Antonio Panza il 9 settembre 1934).

martedì 24 luglio 2012

--immersioni: "IL CANNETO"

In genere il "sommozzatore" è ammaliato dal fascino dalla "profondità", però anche in un chiaro bassofondo d'acqua dolce girovagando tra i fitti sottili fusti di canne si possono trovare degli interessanti spunti.




Report di un'immersione del febbraio '95
Appena sgorgate da diverse polle tra le rocce, le acque formano un lago di bassofondo che tutt'intorno è incorniciato da un fitto canneto il quale da rifugio a tante tipiche specie di pennuti acquatici. Le acque pure e cristalline più volte mi hanno invogliato a fare un tuffo in quei paraggi, ma essendo tutta la zona protetta dal punto di vista naturalstico, prima bisognava avere i vari permessi. Lungamente, difficilmente e stressantemente disbrigate le formalità burocratiche, finalmente assieme al mio compagno, fummo pronti ad infilarci tra quelle invitanti ondine che ci attendevano a circa 10° di temperatura. Capitammo in una bella giornata di sole che, accoppiata alla bianca rena calcarea del fondo, con la sua luce esaltava ancor di più l'acqua tersa. I giochi di chiaroscuri che si potevano osservare tra il fitto canneto incantavano la vista come quando si osserva un caleidoscopio. Tante trote sgattaiolavano a destra e a manca, mentre non era raro vedere delle piccole folaghe fare dei tuffi in apnea per andare a procacciarsi qualcosa da mangiare nel sedimento. La bassa profondità, 3 metri circa, ci consentì un lungo tempo d'immersione. Transitammo sotto un piccolo isolotto galleggiante formato da ramaglie sulle quali erano cresciute delle canne. Allontanadoci dalle polle sorgive si sentiva la corrente del fiume che da lì iniziava la sua strada verso il mare, ed infatti proprio dove il bacino si restringeva bisognava pinneggiere di lena decisa quando bisognava rimontare contro il fluido.
Nuotando a mezz'acqua vedevamo le nostre ombre grigie stagliarsi sopra la morbida sabbia. Prima di riemergere abbiamo infilato il braccio una ribollente polla senza, peraltro, riuscire di sentirne la fine.
Riemergendo portammo su all'aria dei vecchi "piattelli", la zona infatti una volta faceva parte di un campo di tiro al volo, che facemmo notare al "concessore" della nostra immersione.
A questo stesso posto è legato un altro mio ricordo risalente ai tempi dell'infanzia.
In una gita di famiglia in una domenica d'inverno, mentre scorrazzavo e giocavo vicino l'acqua, d'improvviso scivolai finendo completamente a mollo con il sedere, bagnando completamente i pantaloni. Mia madre me le suonò di santa ragione e, ripensandoci adesso, in senso statistico quella fu effettivamente la mia prima vera immersione in queste sorgenti.

^^montagna: "37 c"

Il 13 agosto del 1957 Bruno Morandi, detto Dado, in solitaria ed usando pochi chiodi (dei quali le relazioni dicono di uno di essi lasciato in parete ma da noi non visto), ha aperto sulla parete est del Corno Piccolo questa "via alpinistica" che risale il contrafforte che fa da base alla Torre Cichetti ed alla prima Anticima Sud.
Senza nome, sulla piccola guida alpinistica di color grigio, edita dal CAI-TCI del Gran Sasso (ai più nota come la Abbate-Grazzini), è numerata "37C" e si difende dagli alpinisti con passaggi al IV° e V° su rocce a volte decisamente poco compatte.
L'abbiamo scalata sotto un sole cocente ed un caldo che ci ha letteralmente prosciugati, trovando nella parte alta il calcare ulteriormente marcio.

mercoledì 18 luglio 2012

^^montagna: "MA.IR.EL"

Il 27 agosto 1981, Paolo Abbate e Maurizio Tacchi, sulla parete nord del Corno Piccolo al Gran Sasso, aprirono questa "via alpinistica" che percorre la parete a destra del caratteristico diedro/camino della "Panza-Muzii-Forti".
L'attacco è proprio a sinistra di una bella placconata dove questa offre calcare più articolato. Con grande soddisfazione, in due cordate, l'abbiamo ripetuta percorrendo in basso il sistema di fessure che portano fino alla base di una grande scaglia ben visibile anche da lontano dal basso.
Questa, con passaggi esposti e verticali, prima la si scala sul suo margine sinistro e poi al centro.
Ancora quindi su una bella placca seguita da un diedro-canale per uscire dalle maggiori difficoltà (tratto continuo di V° grado) della via.
Meno osticamente, dopo, seguono sfilate di corda in canali e diedri fino a raggiungere la cresta di nord-est del Corno Piccolo che seguiamo per un tratto verso la vetta, per deviare ad un certo punto verso il basso ed indirizzarci alla "normale da nord", un canale che velocemente ci riporta alla base della parete e quindi sul sentiero Pier Paolo Ventricini.

lunedì 9 luglio 2012

^^montagna: "VIA DEI TRIESTINI"

Con lo zero termico a 4600 metri ed un sole che ci ha ubriacati, in due cordate abbiamo scalato sull'elegante guglia del campanile Livia al Corno Piccolo la "Via dei Triestini" (Guglielmo Del Vecchio, Paolo Zaccaria ed Andrea Bafile 27 settembre 1948. Variante d'attacco Luigi Mario).
Su bella roccia si arrampicano prima delle nette fessure e più in alto delle placche a buchetti.

giovedì 5 luglio 2012

--immersioni: "ARCHITETTURE VERDI"

A causa dell'irradiazione solare estiva, si possono formare delle lunghe alghe filamentose che creano nel lago di Posta Fibreno delle strane forme ed irreali architetture naturali sommerse.

martedì 26 giugno 2012

^^montagna: "LA PRIMA IMPRESSIONE E' QUELLA CHE CONTA"

Lo "Spigolo di Paoletto" (via alpinistica aperta il 17 agosto 1974 da Piergiorgio Coccia, Marco Florio ed Angelino Passariello) percorre un ben distinto sperone molto arrotondato che delimita sulla destra il lungo contrafforte roccioso della parete nord del Corno Piccolo. La salita alpinistica si svolge sempre su roccia ottima...

lunedì 25 giugno 2012

--immersioni: "INCONSUETI SCORCI"

Anche un sito d'immersione più che visitato, mi regala ancora sorprese con scorci inconsueti e mai visti.

lunedì 18 giugno 2012

^^montagna: "via MARCO FLORIO"

Per la prima scalata su roccia della stagione mio fratello ed io scegliamo di salire questa "via" sulla parete nord del Corno Piccolo al Gran Sasso.
La "Marco Florio" (aperta il 14 agosto del '60), sale un tratto in comune con la "V.V.R.", poi, devia a destra ad infilarsi in un canale verticale che arriva proprio sotto uno strettissimo e caratteristico "camino" formato da rocce.
Per superarlo, in una scomoda posizione d'opposizione, bisogna strisciarci dentro fino ad arrivare a fare sosta su un aereo balconcino posto proprio sotto un diedro-canale aperto.
Da questo punto si hanno due opportunità: salire o sulla sinistra di questo diedro andando per bella placca, oppure sul suo lato destro per paretina poco appigliata e poco proteggibile, ma mai troppo difficile.
In passato scegliemmo questa seconda soluzione, oggi invece andiamo a manca.
Dopodichè si prosegue su una evidente e lunga rampa-canale fino in alto sul fil di cresta dove termina la scalata.

giovedì 14 giugno 2012

--immersioni: "LA BETTOLINA DI LAZZARO"

Nei fondali prospicenti il paese calabrese di Lazzaro (RC), c'è il relitto di quella che i locali chiamano la "bettolina".
Questa era una piccola unità della marina tedesca armata con mitragliera, affondata da un sommergibile inglese nel '43 durante la II^ guerra mondiale.

lunedì 11 giugno 2012

--immersioni: "NIRVANA BLU"

Un isolato pinnacolo di roccia un po' distaccato dal costone principale, è completamente ricoperto di gorgonie e da un fondale di 50 metri si eleva verso l'alto.
Alla sua base, assieme ad uno scoglio poco distante forma un'insellatura larga tanto quanto basta a far passare un sub.
Da solo transito attraverso questo piccolo valico prso sotto il mare e di colpo, sotto, mi si apre una vertiginosa discesa!
Coperte dai "boschi" delle onnipresenti paramuricee, osservo delle grandi balze arrotondate che in successione formano una naturale via di discesa della quale non se ne vede la fine.
Le supero una dopo l'altra andando giù fino ad una profondità di 73 metri.
Sotto le mie pinne ce ne sono altre che si perdono nel blu scuro che sfuma.
Io risalgo.
Oramai conosco questo sito già da tempo, ma ogni volta che mi affaccio da questo pulpito e guardo verso il basso, mi stupisco sempre e l'emozione si rinnova immutata.

mercoledì 6 giugno 2012

--immersioni: "LO SCALONE DELLO STRETTO"

Una serie di gradoni sommersi formati da salti di roccia ed intervallati da sabbia chiara, caratterizzano la morfologia del fondale che si trova a nord di Punta Faro, Messina.
Immergendoci e passandoci sopra, abbiamo potuto apprezzare l'estensione della colonia di paramuricee che ci si aggrappava su.
Andando poi a sbirciare con i fari ed in maniera più approfondita le varie spaccature e pertugi della scogliera, scoprivamo anche essere popolata da cernie, aragoste e murene.

lunedì 4 giugno 2012

--immersioni: "GORGONIE AMMALIATRICI"


Con l'autorespiratore sulla schiena scendere giù.
E poi ancora continuare a calarsi nel mare blu, su profondissime balze sommerse completamente ricoperte di splendide gorgonie che possono anche assumere la doppia colorazione giallo e rossa.
Sono ovunque e da qualsiasi parte si volga lo sguardo, fittamente sono lì ad ammaliare per un po' i nostri occhi e la nostra mente...

domenica 27 maggio 2012

--immersioni: "GLI ESTETI DELL'ASSETTO"

L’obbiettivo del mio programma è quello di prendere dei riferimenti a terra, sulla sponda del lago, in corrispondenza della paretina sommersa dell'Annunciata. Per fare ciò condurrò la prima parte dell’immersione come ho sempre fatto. Entrando in acqua nel consueto punto percorrerò pinneggiando in superficie un tratto di lago, poi m’immergerò transitando sopra quelle formazioni oramai ben note fino ad individuare dei ben precisi contrafforti rocciosi, che non sono altro che la parte più alta della struttura. Dopo per rotta che mentalmente annoterò risalirò verso l’alto seguendo la linea di massima pendenza del declivio, fino a riemergere sulla sponda del bacino dove individuerò dei punti fissi che mi torneranno utili quando vorrò successivamente tuffarmi direttamente quasi sulla verticale della “paretina”. Se nella precedente immersione in solitaria avevo nuotato dentro un’acqua con pessima visibilità oggi, non credendo che ciò potesse essere ulteriormente possibile, lo sto facendo in condizioni di orizzonti visivi praticamente quasi nulli. Con molta fatica ed a passo di lumaca sorpasso le note cianfrusaglie buttate proprio sotto sponda e quindi mi sposto un paio di metri più in basso.
Qui tutto è di un uniforme color ocra cupo nel senso che sono dentro una nuvola di sospensione fangosa, o per meglio dire anch‘io ne faccio parte.
Già di per se queste condizioni sono decisamente provanti e se ci si aggiunge anche un’ombra scura che mi guizza improvvisa da sotto, allora non manca proprio nulla!
L’ombra risultava essere poi un persico di un paio di palmi di lunghezza che a malapena scorgo a venti centimetri dalla maschera.
Gorgogliando sconce parole nell’erogatore lo mando a quel paese inveendo con un’imprecazione tipica del dialetto pescarese anche nei confronti della sua genitrice che lo fece nascere da una covata di qualche migliaia di uova non so quanto tempo fa.
La sfuriata contro l'incolpevole pesce da sfogo tramite bolle alla tensione latente che la situazione oggettiva dell'immersione crea.
Ora a causa della poltiglia fangosa che rende zero gli spazi visivi intorno, praticamente non riesco più a nuotare elegantemente e striscio arando la melma appiccicosa, questa è l’unica maniera per poter andare avanti. Per un attimo sorrido tra di me pensando a cosa direbbero se riuscissero a vedermi certi miei conoscenti, “esteti assoluti” dell’assetto e del, come lo chiamano loro, "trim" ... o tram!
Con queste condizioni non ha senso andare avanti.
Mi do un’ultima possibilità, proverò a spostarmi ancora un po’ più in basso di un paio di metri a cercare acque nelle quali almeno ci si può muovere.
Conoscendo questo posto, subacqueamente parlando, so che uno strato di 6-7 metri di torbido spesso staziona nelle zona più superficiale e con gli occhi appiccicati al profondimetro che ho al polso molto cautamente mi muovo.
La situazione migliora quel tanto che basta per farmi continuare. Visibilità mezzo o al massimo, un metro. Prima davvero non era cosa.
Se la faccenda rimane così, anche se non è un gran che, posso portare a termine il programma che mi ero prefissato.
Proseguo seguendo verso il basso la roccia che mi accompagna, e vi scendo davanti. Con la torcia compio dei brandeggi da destra a sinistra sventagliando luce sulla parete per poterne osservare bene i contorni e così arrivo alla base per poi, sempre a velocità forzatamente ridotta, costeggiarla da una parte all’altra.
In questa atmosfera buia e lattiginosa, osservando degli scorci conosciuti da un’angolazione diversa sembra di vederne per la prima volta dei nuovi.
Finita questa ricognizione ed individuato più o meno il punto centrale del monolito sommerso, lentamente lo risalgo in verticale fino a raggiungerne il suo top.
Da qui inizio la parte finale del lavoro.
Ponendomi sulla massima pendenza ed in direzione delle acque basse risalgo prendendo con esattezza i rilevamenti bussola sulla rotta che seguo.
Ritrovo per un tratto la fittissima nuvola ocra grazie alla quale riprendo l’andatura strisciante sul fango e, naturalmente, ripenso agli “esteti”, qui li vorrei proprio vedere.
Fortunatamente la nuvolaccia non è tanto estesa e ne esco dopo un minuto.
Intanto sempre dritto sulla mia rotta ho guadagnato quota ed anche luminosità andando a finire in mezzo ad una zona di piante lacustri tipiche del bassofondo, dove sosto ancora qualche minuto per la tappa di sicurezza prima di riemergere curioso di vedere in quale zona del lago mi trovo.
Ecco, ci sono, posso andare su.
Memorizzo con esattezza degli inconfondibili punti notevoli, e per esserne più certo nuotando in superficie mi allontano di poco verso il centro del lago per avere una visione d’insieme più larga. Molto bene, mi dico soddisfatto e pinneggiando blandamente, galleggiando ripercorro a ritroso tutta la strada che avevo fatto all’andata immerso.
Giacinto Marchionni

lunedì 7 maggio 2012

--immersioni: "GLI ARCHI DI PUNTA SECCA"

Sia per i panorami subacquei che per le splendide paramuricee bicolori, l'immersione agli ARCHI di Punta Secca di Capraia alle Isole Tremiti, rimane sempre quella che in loco viene definita l' immersione.
Decisamente una discesa degna di nota in un magnifico ambiente subacqueo.
Seguendo per un tratto la cigliata di un'alta parete, arrivati ad un certo punto, ci siamo lasciati cadere giù verticalmente fino alla sua base, diversi metri più in basso, proprio in prossimità del primo arco che praticamente è un basso passaggio inclinato completamente ricoperto sopra, sotto e da ogni lato, da paramuricee con la doppia livrea gialla e rossa. Uno spettacolo!
Attraversato questo, qualche metro subito a sinistra, ci siamo trovati sotto il più grande che offre uno colpo d'occhio d'insieme che mi stupisce ancora nonostante conosca il sito d'immersione: è come essere sotto una grande cupola il cui fondo, più avanti, è aperto e dove si rimane sbalorditi per l'intreccio dei rami delle gorgonie che ammantano ogni palmo, in qualunque direzione si rivolga lo sguardo.
All'uscita sul versante nord, a circa 50 metri, accostando alla nostra dritta siamo andati sulla bastionata, in direzione della punta di questa gigantesca e rocciosa carena subacquea capovolta, giù fino a 70 metri.
Oltre alle già citate gorgonie gialle e rosse, numerosissime aragoste, scorfani, musdee, triglie, murene e saraghi arricchivano questo contesto sommerso che abbiamo avuto la fortuna di poter osservare.
Solo sul cappello della secca, durante la lunga decompressione, c'era una bava di corrente tutto sommato, però, mai veramente infastidente.

mercoledì 2 maggio 2012

--immersioni: "LA PARETE DELL'ANNUNCIATA"

Questa volta in solitaria, dopo una settimana, sono nuovamente sulle sponde del LAGO DI SCANNO per tornare ad immergermi su quella che abbiamo battezzato “la parete”. In equilibrio sopra sassi ricoperti con barbe di alghe infilo le pinne ai piedi, poi maschera e casco con i fari, quindi mi lascio galleggiare in acqua finalmente a gravità zero...

martedì 17 aprile 2012

^^montagna: "COSTONE ORIENTALE (2271mt)

Pioggia, arcobaleni, sole, nevischio, nuvole, nebbie ed una sciata su neve molto pesante, ci hanno fatto compagnia in questa scialpinistica.

lunedì 16 aprile 2012

--immersioni: "INCONTROLLATI SOMMOZZATORI"

Impagabile è per me la libertà di muovermi da solo ed incontrollatamente a mio piacimento nelle tre dimensioni delle acque.

mercoledì 4 aprile 2012

--immersioni: "VERDI EMOZIONI"

Un sito d'immersione, che solitamente accoglie con acque terse e limpide, ci si è presentato invece con delle tonalità che andavano dal verde chiaro a quello scuro, passando gradatamente per tutte le sue infinite sfumature man mano che nella nuotata subacquea procedevamo verso valle.
Particolare è la sensazione di muoversi all'interno di un crepuscolo smeraldo.

martedì 3 aprile 2012

^^montagna: "MONTE DELLA CORTE (2182mt)"

Tra un susseguirsi di silenziose radure, valli ed anfiteatri rocciosi, sci ai piedi avanziamo verso il solitario Monte della Corte, dalla cui cima si osserva a pieno tutto il versante nord del Monte Marsicano.
Nell'ultimo tratto di salita, causa decisa variazione di pendenza e neve molto dura, abbiamo calzato i ramponi.
Divertentissima scivolata sulla neve "trasformata".

lunedì 26 marzo 2012

--immersioni: "OMBRE"

La scarsissima visibilità ci ha accompagnato per tutta la durata dell'immersione già appena messa la testa sotto la superficie del lago.
Solo a 67 metri, massima profondità raggiunta oggi, e per brevi momenti gli orizzonti si allargavano di poco per poi, però, richiudersi subito dopo a causa di nuvole di spesso limo vaganti.
Nella lunga permanenza per la tappa di decompressione ai tre metri, sempre per la ridotta visibilità, eravamo costretti a procedere a tentoni avendo persino qualche difficoltà a leggere lo strumento al polso. Questo procedere forzato a ritmi ridottissimi, per forza di cose, ci faceva raffreddare facendoci rabbrividire, nonostante le adeguate mute stagne e relativi sottomuta.
Le rocce, il fondale, i tronchi che arredano il lago sommerso, vagamente si materializzavano come "Ombre" e solo quando praticamente ci trovavamo con la maschera ad un paio di palmi da essi, riuscivamo a decifrarne le forme.

lunedì 19 marzo 2012

^^montagna: "MONTE ROGNONE DA INTRODACQUA"

Scialpinistica al Rognone (2089 mt).
Partendo da Introdacqua (AQ) e passando per l'ampio, solitario e bianchissimo Vallone Sant'Antonio che alterna vaste radure a sparuti boschetti, arriviamo in vetta al Rognone, in questa lunga, bella e gratificante scialpinistica.

mercoledì 14 marzo 2012

--immersioni: "FINO ALL'INIZIO DEL LAGO"

Tra le strette gole del Sagittario si snoda il lago di San Domenico.
Nel suo punto più stretto un caratteristico ponte consente di passare da una sponda all'altra.
Partendo esattamente da qui, in immersione, sono arrivato fino all'immissario dove il lago si forma, facendo tra andata e ritorno una nuotata subacquea di circa 1,4 km.

martedì 13 marzo 2012

^^montagna: "MONTE CONA"

Salendo da Castrovalva (AQ), i costoni orografici di sinistra della sottostante Valle del Sagittario, attraversando con il passo cadenzato dello scialpinista ampie radure e faggete, costantemente sullo sfondo si nota una cima con le pendici boscose, è il Monte Cona.

martedì 6 marzo 2012

^^montagna: "MONTE PALOMBO (2013 mt)"

Racconti di lupi e caprioli che paiono arrivare da un tempo lontano, invece sono ancora realtà odierna narrata da due anziani locali.
Tra i silenziosi boschi del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, sci ai piedi da Fonte Padura, saliamo sul solitario Monte Palombo, dalla cui sommità si gode di un vasto giro d'orizzonte sui remoti e silenziosi Monti Marsicani.
Numerose le tracce di cervi incontrate nella faggeta.

mercoledì 29 febbraio 2012

^^montagna: "LA COMPAGNIA BELLA"


Sopra una stretta cengia rocciosa larga poco meno di un metro che si affaccia da una bella parete, la nostra cordata composta di tre persone è appena arrivata. Mentre armeggiamo con corde e moschettoni per assicurarci sull’esile sosta, sentiamo le voci di altri due gruppi di scalatori che stanno per raggiungerci sul nostro stesso balconcino. Questo posto non è altro che un naturale punto comodo (sopra una parete di montagna il concetto di comodo è molto relativo) sul quale naturalmente si convogliano delle vie alpinistiche che salgono le une di fianco le altre...

lunedì 27 febbraio 2012

--immersioni: "PASSATA E' LA TEMPESTA"

La fredda perturbazione artica di febbraio 2012 ha portato grandi quantità di neve che hanno bloccato le vie di comunicazioni stradali. In questa situazione gli spostamenti sono stati impossibilitati.
Finito questo periodo, da Pescara sull'autostrada A25 riusciamo a svalicare l'Appennino Abruzzese e torniamo ad immergerci nel lago di Castelgandolfo.
"Approfondiamo" fino ad una sessantina di metri l'esplorazione di una zona battuta qualche tempo fa.
Il pavimento composto da sabbia scura vulcanica e fango in questo settore sommerso del lago monotonamente scende con blanda e costante inclinazione a differenza di quello che accade a poche centinaia di metri di distanza dove in altro sito subacqueo precipita vertiginosamente verso il basso.
A quote meno impegnative abbiamo incrociato il tettuccio in metallo, ma solo quello, di un'automobile buttata quaggiù.

martedì 31 gennaio 2012

--immersioni: "LE LUCI DANZANTI"

In genere le acque del Lago di Paterno per gran parte dell'anno offrono spettacoli scuri e torbidi.
Solamente in un certo periodo e cioè nei mesi freddi di gennaio e febbraio, almeno così ci aveva detto un "locale", aprono i loro sipari con visuali più limpide.
Fiduciosi di queste parole siamo andati.
Macchè, neanche a parlarne!
Di sicuro tra tutte le immersioni che ho effettuato qui quella di oggi è stata quella nella quale abbiamo trovato la peggior visibilità in assoluto!
Solamente il grande affiatamento della "squadra" e le "LUCI DANZANTI" degli amici erano dei sicuri punti di riferimento in questo verde scuro paludoso. La nostra discesa si è fermata a circa 48 metri, dove la ripida sponda sulla quale siamo scesi abbatteva la sua pendenza. Per raggiungere il punto più fondo a 54 metri avremmo dovuto percorrere ancora un tratto nell'acqua ancor più torbida.

lunedì 9 gennaio 2012

^^montagna: "TOPPE VURGO (1917 mt)"

Posti poco frequentati spesso possono regalare delle soddisfazioni in termini di scoperta di piccoli angoli paesaggistici unici.
Così è stato mentre sci ai piedi salivamo alle Toppe Vurgo (1917 mt.) (zona Piana delle Cinque Miglia, Roccaraso), attraversando delle strette gole di roccia completamente innevate.

sabato 7 gennaio 2012

--immersioni: "EPIFANIA 2012"



Carico con il bibombola 12+12 sulle spalle e con la fotovideocamera in una mano, facendo molta attenzione mentre sto percorrendo in discesa il ripido ed oggi fangoso e scivoloso stretto viottolo che porta verso l'acqua, mi sento salutare: "Ciao!"
Mi trovo davanti un tipo in completa mimetica militare e con stivaloni di gomma. Ricambio il saluto, lui sta trasportando in salita una batteria per automobili in una mano e nell'altra un piccolo motore fuoribordo del tipo elettrico.
E' un pescatore sportivo che sta sbaraccando la sua attrezzatura.
Raggiungo le sponde del lago dove di fianco alle mie pinne ed il caschetto con il faretto, che in una precedente discesa avevo portato giù c'è una piccola barchetta di plastica di color verde scuro, deve essere del pescatore.
Il tempo d'entrare con i piedi nell'acqua ed iniziar ad infilare le pinne che il tipo ritorna e, caricandosi il mezzo nautico in spalla, inizia faticosamente ad arrancare su.
Allora gli dico:"Certo che da queste parti il matto non sono solamente io!"
Si gira interrogativamente, poi afferrato il senso della mia battuta sorride e continua: "Sai, è da quattro giorni che sono accampato intorno a questo lago per pescare!"
"Però!" dico io, "Proprio una bella passione la tua!"
"Ognuno ha la sua!" ribatte lui.
E già, ha ragione. E' proprio vero, ognuno ha la sua.
Partito in piena notte da casa, arrivato all'albeggiare, sto preparandomi per una immersione profonda in solitaria nel Lago di Castelgandolfo in un sito che offre delle incredibili pendenze con l'intenzione d'esplorare una zona dove non sono mai stato.
Sistematomi per bene mi lascio andare completamente nel lago per percorrere un breve tratto in superficie fino ad uno scoglio che, un po' in alto sulla sponda, m'indicherà la partenza dell'immersione.
Sono pronto e vado.
Inizio cautamente la discesa perchè in questa zona l'acqua è molto lattiginosa ed i miei occhi non ancora si sono abituati, e per imboccare uno stretto canalone sommerso che inizia più o meno a 30 metri devo usare la bussola seguendo le indicazioni della rotta che conosco.
Nell'acqua diventata scura già dopo pochi metri rasento giganteschi massi accatastati. Ecco alla mia destra ed alla mia sinistra vedo le sponde del canale grazie all'acqua ora pulita e limpidissima. Noto "il segnavia": una sedia di plastica bianca buttata quaggiù che incontro ogni volta che m'immergo da queste parti.
Mi mantengo sul lato orografico sinistro di questa goulotte sommersa e continuo la discesa.
Ho in mano la fotovideocamera dentro la custodia però per il momento, faccio solo pochi scatti perchè sono molto concentrato sull'immersione.
Rallento ancora la discesa arrivando a 50 metri.
Gonfio un po' la stagna ed il gav, sono in assetto neutro ad un metro dal fondo. Controllo al tatto i rubinetti del "bibo" dietro la testa, e continuo lentamente. Dei grossi massi scuri d'origine lavica e piccole paretine si alternano a zone di rena spoglie.
L'illuminatore sub rischiara la strada sotto di me che fra poco andrò a percorrere.
Per quanto potente la luce, l'orizzonte che mi apre agli occhi è limitatissimo dal buio intorno però quello che vedo basta a gratificarmi: la pendenza è notevolissima.
Vado giù.
Supero i sessanta metri ed adesso scendo al rallentatore. Sento il mio respiro lento, controllo ancora i rubinetti e le luci di rispetto, una sul caschetto e l’altra agganciata con un moschettone al giubbetto.
Scelgo un grande masso e con calma mi ci dirigo.
Quaggiù c‘è un panorama lunare freddo, buio e terso. Le mie idee e le mie azioni sono altalenanti: un momento penso alla bellezza di quello che ora in questo breve tempo io solo, un po’ egoisticamente, posso osservare; il momento successivo sono a controllarmi, a verificare l’attrezzatura a monitorare. Questa altalena non ha dei breck di pausa durante i quali ragionando mi dico. “Bene, ora cambio modalità, ma procede in automatico in flusso continuo.
Osservo i due strumenti al polso che mi danno la profondità, ho raggiunto la quota stabilita e non vado oltre, 78 metri.
Mi assesto caricando ancora poco la stagna ed adesso assaporo appieno il tempo.
Come da programma che mi era prefissato, al contrario di quello che abitualmente faccio assieme ai miei amici d’immersione quando siamo qui, cioè di accostare sulla mia dritta, lo faccio invece verso sinistra per esplorare un’ampia zona sulla quale non ho mai posato gli occhi.
Non è che oggi sia alla ricerca di un qualcosa di particolare magari indirizzato dalle dritte di qualcuno.
Oggi girovago senza meta apparente, in assoluta libertà, alla ricerca di nulla di preciso.
A queste profondità non trovo buttati manufatti umani come invece se ne trovano a iosa proprio ad un tiro di sasso dalle sponde, è tutto pulito qui. Meglio.
Massi, pareti alte tre, quattro metri, corridoi tra rocce, arenili fortemente inclinati si parano davanti e generano lunghe ombre dietro di loro una volta investiti dalla mia luce artificiale. Con misurati colpi di gambe, senza mai assolutamente spingere oltre lo sforzo muscolare, avanzo con calma. Solo così e senza fretta i miei occhi possono registrare il panorama intorno.
Inizio ad adoperare in maniera più sistematica la fotovideocamera, cercando scorci.
Mi fermo e spengo completamente tutti gli illuminatori. Volgendo lo sguardo in alto dopo un po’ gli occhi nonostante la profondità riescono a percepire appena i contorni rocciosi.
E’ giunto il momento d’iniziare a riportarmi a quote superiori.
Allento un po‘, svitandola, la valvola di scarico della stagna posta sul braccio sinistro in modo tale da far fuoriuscire dal mio vestito di protezione l’aria in eccesso che si espanderà.
Continua il viaggio.
L’acqua su in alto riprende lentamente un colore verde scuro a sfumare verso tinte più chiare.
A trenta metri rincontro la zona più lattea che a tratti mi farà compagnia fino al termine del tuffo.
Nel momento fisico del passaggio dal limpido profondo al latteo superiore devo, per forza di cose, rallentare e riadattare l’andatura.
Una lunga, ma non per questo noiosa decompressione mi aspetta, ne approfitto per cercare spunti fotosub che mi vengono offerti dai tanti tronchi e rami caduti dalle sponde nell’acqua.