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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

lunedì 12 novembre 2012

--immersioni: "IL FORD CORTINA"



REPORT DI UN RITROVAMENTO CASUALE DA PARTE NOSTRA NELL'OTTOBRE DEL 2009 DI TRE RELITTI SOMMERSI D'AUTOMOBILI IN UNA ZONA DEL LAGO DI ALBANO (O DI CASTELGANDOLFO),POCO FREQUENTATA DA SUB.

Questo è un bacino lacustre di origine vulcanica con una profondità massima di circa 170 meti. Le sue ripide sponde, ricoperte da una fittissima vegetazione, proseguono con immutata ed invitante pendenza anche sotto il pelo dell'acqua, tant'è che già a poche decine di metri dalla riva si possono trovare notevoli "batimetrie", maggiori di 70 metri. Questa pendenza molto sostenuta del fondale per me è sempre stato un fortissimo richiamo e molto volentieri vengo ad immergermi dentro queste acque.
Durante la risalita da un tuffo, mi decidevo di variare il normale itinerario dell'ascesa, compiendo una lunga accostata alla mia sinistra con lo scopo di andare a gettare uno sguardo su una zona poco o niente conosciuta... Mi capita molto spesso di agire in questa maniera, perchè variare dal corso delle abituali "strade" seguite la sento come un'esigenza, una spinta che serve a dare soddisfazione ad una mia personale e perenne curiosità.
Così, in maniera del tutto casuale, prima a 12 metri di profondità e poi in piena fase di decompressione a 5 metri, incrociavamo i "relitti" di due automobili: rispettivamente una FIAT 500 ed un 1100 sempre FIAT, buttati quaggiù chissà quanto tempo fa.
Grande è stata lo stupore per la scoperta. In fondo se da una parte è vero il fatto che in questo posto d'immersione ho trovato tante cianfrusaglie e rifiuti di ogni genere scaricati dalla mano dell'uomo, è anche vero che proprio sulla verticale dei due relitti su all'aria c'è una sponda si ripida, ma con una vegetazione fatta di alberi ed arbusti, almeno al giorno d'oggi, troppo intricata per lasciarci passare in mezzo addirittura un'automobile.
Ragionandoci un po' su concludiamo che sotto questo ripidissimo scivolo potrebbero esserci altri "reperti". Tra l'altro, questa zona del lago è davvero fuori dai normali e soliti percorsi dei sub, che invece vedo spesso da tutt'altra parte.
Daltronde per raggiungere il punto d'inizio immersione bisogna effettuare un "avvicinamento a dir poco lavorato". Con muta, zavorra ed il pesante autorespiratore in spalla, si deve scendere uno scivoloso e ripido viottolo e poi effettuare una pinneggiata in superficie neanche tanto corta.
La zona comunque merita una perlustrazione un po' più approfondita.
…Ed infatti una settimana dopo torniamo a Castelgandolfo.
Raggiungiamo, nuotando a pelo d'acqua con i "gruppi" indossati, il punto dell’inizio della nostra immersione proprio sulla verticale delle macchine incontrate e ben memorizzato 7 giorni prima. Quindi ci infiliamo sotto il lago.Senza possibilità di errore, seguendo l’inconfondibile linea della massima pendenza, rincontriamo prima il “1100” e subito dopo il “cinquino” FIAT.
Noi andiamo oltre per provar di trovare qualcos’altro.Superiamo uno spessore di dieci metri di acqua densa come il latte che, per forza di cose, rallenta la nostra andatura. Il passo subacqueo riprende sui soliti ritmi non appena ne usciamo fuori ritrovando acque terse, ma diventate buie a causa del "tappo" che filtra la radiazione luminosa.
Il fondo qui è composto da un inciso e ripido valloncello nel quale per forza di cose vanno a cadere rami, tronchi e sassi che scivolano giù dall’alto, e per logica se vogliamo eventualmente trovare dell’altro è qui che lo dobbiamo cercare. Con la massima attenzione scandagliamo il buio attorno a noi. Le nostre torce d'immersione compiono dei lenti ed ampi e continui movimenti da destra a sinistra e viceversa.
Siamo premiati dalla nostra perseveranza alla quale va aggiunto quel pizzico di fortuna, che non guasta!
Illuminata dai nostri fari, anche se sfumato, netto il colore bianco della sua carrozzeria si staglia nel contorno tutto buio dell'acqua profonda: eccola lì!
A 35 metri, semisepolta dalla mota, spunta fuori una forma di un auto dalle linee tipiche degli anni 60/70 con muso e posteriore nettamente squadrati. In qualche punto della carrozzeria scoperto dal fango spicca il colore bianco. Tutto sommato è abbastanza integra, a parte un vetro dello sportello posteriore sinistro che è infranto.Invano cerchiamo di capire di che marca si tratti, sventagliando con le mani il fango sul cofano spunta fuori la scritta “CORTINA”, che vagamente ci solletica qualcosa e nulla più nella testa.
Sotto la scritta appena rilevata c’è la targa “Roma” a sei cifre numeriche, perfettamente leggibile. Un particolare mi rimane invece stampato negli occhi, è quello degli illuminatori posteriori che sono di forma circolare e divisi in tre settori.
Per un po’ l’osserviamo ancora merivagliati e gratificati per il nostro ritrovamento, poi continuiamo la discesa verso altre batimetriche che si trovano sotto le nostre pinne.
Gomito contro gomito sorvoliamo il fondale composto da grandi massi lavici scuri. Questi, illuminati, allungano le loro ombre dietro di loro, nel buio che si perde a vista d’occhio che abbiamo intorno.
Di reperti d'archeologia industriale non ne troviamo più, ma girovagare in questo ambiente, severo ed affascinante al tempo stesso, ci gratifica oltremisura.
Giungiamo a quello che è il punto di ritorno della nostra immersione, ci troviamo a 65 metri ed invertiamo la rotta. Ritornati più in alto ci godiamo il “CORTINA” a torce spente, ora ammantato dallo scuro verde crepuscolare che lo condisce di un pizzico di mistero.
La decompressione al solito ci obbliga ai nostri programmi, che a malincuore ci fanno continuare la risalita verso acque più chiare.
Soddisfatti riemergiamo: la nostra "immersione di ricerca" è stata coronata da successo, grazie anche ad un pizzico di buona sorte che si dice dia un aiuto a chi comunque non demorde.
La ricerca a casa mi faceva scoprire il mistero del “CORTINA”: si tratta di un modello della FORD degli anni '60.

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