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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

mercoledì 26 maggio 2010

--immersioni: IL LAGO DI ALBANO o di CASTELGANDOLFO

Il LAGO DI ALBANO o di CASTELGANDOLFO, è posizionato a pochi chilometri da Roma. Di forma tondeggiante, come la maggior parte dei bacini di origine vulcanica, ha delle sponde molto ripide che nel suo versante meridionale raggiungono i 170 metri circa di profondità.
La forte inclinazione dei fondali è stata la molla che anni fa mi ha spinto ad iniziare ad immergermi per esplorarlo.
Durante tutto il corso dell'anno l'acqua è caratterizzata da una fascia torbida che parte dalla superficie ed arriva fino ud una trentina di metri sotto di essa. Tale visibilità è causata dalla fioritura di microalghe particolarmente intensa durante il periodo estivo. Al di sotto di questo naturale filtro per la luce, si passa in una zona con straordinaria trasparenza, ma al tempo stesso buia anche nelle giornate di pieno sole.
Oltre alle condizioni di scarsa visibilità, che in certi tratti può essere anche nulla, ed il buio, un altro fattore che rende l'immersione impegantiva è la temperatura dell'acqua che al di sotto dei 30 metri è sempre, in ogni stagione, di 9°.
Insomma, s'incontrano severe condizioni che richiedono massima attenzione, dimestichezza con tuffi profondi e la conoscenza dell'uso della bussola in immersione. Quando però si supera la zona d'acqua con il fine sedimento in sospensione, allora le torce subacquee possono spaziare con i loro fasci di luce per diversi metri avanti facendo svanire il loro bagliore nel nero assoluto e limpidissimo.
Giganteschi tronchi, radici della stessa taglia e macigni nerastri decorano il fondale composto di scura rena lavica.
Tale panorama mi ha incuriosito oltre misura già dalla prima volta che mi ci sono immerso. Curiosità, la mia, mai sazia di vedere insolite prospettive sommerse, vere e proprie promesse d'esplorazione dell'ignoto.


lunedì 10 maggio 2010

--immersioni: "E DOPO IL 1° CORSO DA SUB?"

L'entusiasmo che accompagna tutti i sub durante la frequentazione del loro primo corso subacqueo, quello di primo livello per intenderci, è chiaramente manifestato via via che le lezioni si susseguono in una crescente voglia di fare il passo successivo fino a giungere, finalmente, al sospirato primo tuffo in acque libere. In questo percorso fatto assieme, l'allievo vede nel suo insegnante di cose d'immersioni, sicuramente qualcosa di più di un istruttore, egli se lo figura come un fermo, sicuro e solido punto di riferimento al quale affidarsi totalmente. Emozionato, concentrato e forse anche normalmente un po' teso, si prepara ad affrontare la prima vera immersione, ascoltando il proprio istruttore in quelle che sono le ultime dritte, spiegazioni e chiarimenti scrupolosamente impartiti prima di entrare in acqua. Poi via, si va giù. Una volta avvolto dal fluido con lo scorrer dei minuti, però, il leggero stress latente lentamente scompare lasciando il posto al vero piacere ed al divertimento di trovarsi dentro l'acqua. In un rapporto quasi ombelicale, sempre sotto l'occhio vigile ed attento dell'istruttore, si eseguono i vari esercizi stabiliti e successivamente, sempre al suo seguito, si ha anche il tempo di compiere un giro nei fondali. E' fatta, la prima immersione, quella che non si dimenticherà mai più, è andata, da quel momento si hanno spalancate le porte del sesto continente. Magari, sempre al seguito delle uscite subacquee che organizza l'istruttore, o con un circolo, o ancora con una guida di un diving center, si iniziano a fare con gradualità le esperienze formative della pratica sub. Insomma, il novello sommozzatore, nella stragrande maggioranza dei casi, sente il bisogno psicologico di trovarsi sott'acqua costantemente sotto l'ala protettrice di un esperto che lo supervisiona, e questo iniziale atteggiamento giustamente prudenziale serve a far crescere in lui una nuova propria coscienza nei confronti di un'ambiente e di un'attrezzatura da usare del tutto nuovi e verso i quali deve sempre rapportarsi con la massima attenzione. Questa corretta iniziazione, dettata dalla politica dei piccolo passi, non deve però far instaurare nella struttura mentale del nuovo sub l'atteggiamento di sentirsi sott'acqua sempre sicuro perchè tanto in ogni istante c'è un esperto che pensa a lui: formarsi in questa maniera equivarrebbe a non recidere mai il cordone ombelcale che psicologicamente lo vincola. Staccarsi da questo legame, è la strada per raggiungere la consapevolezza di una piena e completa autonomia subacquea che sarà tanto maggiore, tanto quanto questa nuova via sarà intrapresa senza mai fare i passi più lunghi della gamba. Andando nel concreto, ad esempio, cercarsi un compagno d'immersione tra uno di quelli con i quali si è frequentato lo stesso corso di primo livello, che abbia la stessa esperienza e motivazione ed organizzarsi. Programmare l'immersione stabilendone i parametri di tempo e profondità (naturalmente quest'ultima deve all'inizio essere di gran lunga inferiore a quella dei canonici 18 metri prevista dalle certificazioni di base). Stabilire un dettagliato piano d'immersione da rispettare con il massimo scrupolo (che rigorosamente tenga conto dei consumi personali di ognuno dei sub). Andare in acqua ripetendo tutte le procedure/esercizi imparati, senza essere supervisionati da qualcun altro. Fare affidamento solamente su se stessi ed il proprio compagno per divenire padroni delle proprie decisioni e di quello che ne deriva. Mettere in pratica assieme tutte queste cose, alla riemersione gratificherà oltre misura il sub! Ma non è una questione solamente di personale narcisismo, perchè solo in quel momento si spiccherà davvero il salto che con la pinna giusta e con la necessaria curiosità, spingerà verso una lunga rotta da sommozzatore in grado di dare delle belle soddisfazioni, aggiungendo un importantissimo e fondamentale tassello alla propria storia d'immersionista. Continuando così, verrà naturale compiere costantemente per conto proprio tutti quei piccoli passi, propedeutici a quelli che seguiranno e che porteranno con il tempo, la perseveranza, la pazienza di non saltare a grandi ed inutili balzi, ad avere un ottimo e soprattutto solido e concreto bagaglio di personale vissuto subacqueo che indelebilmente rimarrà dentro e pronto, di sicuro a tornare utile al momento giusto in occasioni future. I consigli di sub più navigati, gli ulteriori corsi (purchè tenuti da istruttori appassionati e con esperienza), la personale documentazione e studio, il fare sempre tante immersioni, logicamente, sono un ulteriore ottimo rinforzo alla preparazione. Concludo dicendo che questo invito, naturalmente, non deve essere frainteso come una spinta ad andare ad immergersi con sconsideratezza e superficialità, anzi! E' esattamente l'esatto opposto: è un invito a scendere sott'acqua con un livello d'attenzione notevolmente più alto rispetto a quello che si avrebbe se invece l'immersione la si facesse con qualcuno che guida ed al quale si demandano totalmente i compiti di controllo. Con il tempo e l'assiduità di fare le proprie esperienze subacquee in tale modo, si arriverà a vivere l'immersione in totale autonomia e libertà, formandosi una forte personalità di subacqueo maturo.

domenica 2 maggio 2010

^^montagna: "CANALE DELLA CLESSIDRA"

Sabato primo maggio 2010



Decidiamo di andare sulla META (2242 mt.), salendo per il canale della "Clessidra".
Partiti dal rifugio Campitelli (1445 mt. raggiunto dal paese di Pizzone perchè la strada proveniente dal lago della Montagna Spaccata è interrotta per frana), già nel bosco incontriamo le prime chiazze di neve, e di seguito diventa continua dai ruderi del fortino abbandonato (1775 mt).
Arrivati alla base della bastionata della montagna calziamo i ramponi e, picozze alla mano iniziamo l'ascensione su pendenze attorno ai 45°.
Superato l'ultimo strappo finale, percorriamo il breve saliscendi di cresta che ci separa dalla vetta vera e propria.
Dopo il riposo gli amici si avviano verso il Monte Tartaro, mentre io scendo con gli sci sull'ampio Canalone Centrale, inconfondibilmente più ampio tra quelli di questo versante, su una bellissima neve trasformata di primavera.
Finita la sciata ripercorro un tratto della piana dei Biscurri e poi riappiccico le pelli di foca e con decise diagonali rimonto verso il lungo filo di resta che separa la cima della Meta da quella del Monte Tartaro.
Ancora giù per la seconda scivolata della giornata fino ai sassi del vecchio fortino dove mi ricongiungo alla cricca..