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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

sabato 24 ottobre 2020

--immersioni: "IL RELITTO DEL PESCHERECCIO"


(82 mt _ 120 min. _ e.c.c.r. _ dil.11/48)

Già in altra occasione evevo provato a tornare sul relitto del motopeschereccio affondato nei pressi del Grosso dell'Isola di Capraia alle Tremiti (FG), però in quell'immersione un fittissimo sedimento sul fondo m'impedì fisicamente d'intercettarlo.
Anche se le premesse non erano buone in quanto Tony, l'amico e titolare del Tremiti Diving Center ci aveva avvisato che da qualche giorno in tutto l'arcipelago sott'acqua c'era cattiva visibilità, abbiamo voluto tentare lo stesso e così la nostra perseveranza alla fine ha dato i suoi frutti.
Iniziato il tuffo proprio a ridosso della verticale falesia rocciosa che all'aria caratterizza il versante settentrionale di questa parte dell'isola, subito ci siamo resi conto che l'amico ci aveva al solito dato la corretta dritta perchè sott'acqua non riuscivamo neanche a vedere la parete che avevamo vicinissima e di fronte.
Così senza gli abituali riferimenti visivi, siamo affondati regolandoci solamente sulle indicazioni della profondità che leggevamo sui display degli strumenti al polso, "atterrando" a circa quarantaquattro metri.
Da quel punto ci siamo posizionati sulla linea di massima pendenza ed abbiamo iniziato a scendere. Le particelle a mezz'acqua però erano diventate ancor più fitte tant'è che il loro forte riverbero, nonostante gli stretti fasci degli illuminatori subacquei, era talmente fastidioso per la vista che per cercare di sbirciare un po' meglio nella semioscurita' a lungo li abbiamo tenuti spenti.
Così siamo giunti ai 70-75 metri, sulle stesse linee batimetriche del natante affondato, accostando quindi decisamente di 90° alla nostra sinistra per riguadagnare quella deviazione volutamente mantenuta nella discesa.
Per un primo tratto senza successo siamo avanzati nella nuova direzione sforzandoci con gli occhi di trovare un qualcosa che rompesse la monotonia di quella nebbia scura. Poi, proprio nel momento in cui iniziavo a pensare che quella ricerca sarebbe stata inutile per colpa della pessima visibilità, ci è comparsa la fiancata di dritta dello battello semi sepolto nel fango.
"Eccolo!", ho esclamato soddisfatto nel boccaglio del loop dell'apparato e che a causa dell'elio presente nella miscela che stavo respirando, nel video si sente con tono nasale alla Paperino.
Il motopeschereccio "Papa Giovanni XXIII°" impattò le rocce dell'isola distruggendo completamente la prua ed affondando in un primo momento a circa 20-25 metri. Successivamente per la forte pendenza è scivolato più in basso per finire nel sito dove si trova oggi appoggiato sulla dritta, con la poppa rivolta all'isola ed il vuoto di quello che s'immagina fosse la parte prodiera verso il largo.
A parte il fatto che nella nostra immersione la visibilità era limitata a più o meno tre metri, questo non è un relitto che colpisce per il classico colpo d'occhio di una sagoma stilizzata che si staglia sullo sfondo del mare. Decisamente no, perchè oramai tutta la struttura lignea sta collassando su se stessa. Ricordo infatti chiaramente che la prima volta che mi c'immersi, giugno 2008, in complesso lo scafo era sicuramente messo molto meglio.
Ci siamo portati quindi ad 82 metri, un po' più in basso della sua parte più fonda e da dove l'abbiamo risalito osservando il tavolame del ponte in più parti aperto e spaccato, le ordinate oramai in vista, rottami metallici vari, cime aggrovigliate, boccaporti e pezzi delle reti da strascico ammatassate. Sciabolando con le luci facevamo così scattare di lato sciami di anthias ed alcuni sciarrani.
Con la configurazione in circuito aperto Federiko mi ha anticipato nella risalita. Con il circuito chiuso invece si ha il vantaggio di non avere l'assillo costante dei consumi e così con più calma ho potuto osservare e filmare.
Ero arrivato quasi agli sgoccioli del tempo di fondo programmato, e poco prima di "staccare" ed iniziare ad andar su mi sono soffermato ancora a poppa per osservare l'elica e la pala del timone.
Tutto il resto è stato ascesa controllata e decompressione trascorsi curiosando il substrato coralligeno coloratissimo prima su scogli sparsi, e poi sulla bella parete ricca di anfratti ed ampie volte strapiombanti.

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