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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

lunedì 25 febbraio 2013

--immersioni: "+4°"

La strada più che conosciuta scorre sotto le gomme dell’auto mentre Federiko ed io inganniamo il tempo chiacchierando oltre che del più e del meno, anche di svariate amenità, utili anche loro in una giornata di svago.
Nonostante il riscaldamento dell’auto, ci rendiamo conto che la temperatura esterna deve essere bassa perché il fondo stradale in certe zone è patinato di un sottilissimo strato di brina... Arrivati, un momento ci fermiamo per poter fare alcune fotografie al panorama lacustre del primo mattino. Aperte le portiere un’aria decisamente gelata irrompe all’interno dell’abitacolo.
Una pozzanghera ghiacciata ed il nostro respiro che rapidamente si condensa in grigie nuvolette ci fanno stimare, così a pelle, che la temperatura esterna deve essere almeno di due o tre gradi sotto lo zero. Risaliamo per poter raggiungere di lì a poca distanza il parcheggio solito.
Mentre vestiamo le mute stagne ed i pesanti sottomuta, viviamo ancora dal vivo la sensazione epidermica della temperatura del mese di febbraio a 900 metri di quota.
Finalmente pronti indossiamo gli autorespiratori in spalla e così carichi, con molta attenzione, scendiamo fin sul greto del lago.
Presso un comodo grosso sasso calziamo le pinne e poi finalmente ci lasciamo andare nell’acqua che ci toglie il fastidio di accusare di tutta la forza di gravità aumentata dall'attrezzatura sub sulla schiena.
Mentre effettuiamo le ultime regolazioni in superficie, mi accorgo immediatamente che l’abbraccio dell’acqua non è il solito.
Cioè: senza ancora guardare le indicazioni di temperatura sul profondimetro al polso, sento con certezza che questa non è quella abituale che si trova d’inverno in questi paraggi già di per se severa di 8/9 gradi, ma qualcosa di meno.
Intanto che compiamo un breve spostamento pinneggiando in superficie attendo che i sensori dello strumento, che da poco sono passati dall’aria al liquido, si adattino alla nuova situazione fin quando sulla schermata senza possibilità d’errore, leggo +5°.
Comunico la cosa all'amico Federiko.
Oggi oltre alle solite condizioni di scarsissima visibilità, anche il fattore della bassa temperatura dell’acqua non potrà essere assolutamente preso alla leggera.
Stretti e vicini l’uno all’altro, letteralmente a contatto di gomito, con le torce subacquee accese iniziamo la discesa nello scuro lago.
Prima ancora di compensare lo schiacciamento delle mute stagne causato dalla pressione dei primi metri, queste per un momento ci si accollano al corpo: allora assaporiamo in pieno i “più cinque gradi” che ci sono fuori della protezione.
Cautamente un po’ alla volta scendiamo sotto scorrendo il pendio fangoso che per una metrata scarsa possiamo osservare con gli occhi.
Concentrati, monitoriamo con la massima attenzione ogni nostro respiro.
L’alone luminoso del compagno di fianco è come se fosse un tacito e costante segnale di “tutto a posto”.
Andiamo ancora.
Controllando il profondimetro leggo 17 metri e rotti centimetri, poi sotto leggo anche +4°.
La temperatura è ulteriormente calata di un grado.
Acqua buia, torbida.
Acqua fredda.
Molto fredda.
Per oggi non andiamo oltre.
Consultando la bussola, compiamo una larga curva a centottanta gradi ed invertiamo la rotta.
Costretti dalla scarsa visibilità ad un passo da lumache fatto di blandi colpi di pinne, nonostante le mute stagne qualche brivido inizia a percorre la schiena per lo scarso movimento muscolare
Inoltre anche le estremità delle dita delle mani, comunque protette da quanti anch’essi stagni, accusano la costante sferza dell’acqua fredda.
Riguadagnati metri verso l’alto ed arrivati sulla batimetrica dei tre metri, acceleriamo l’andatura non tanto perché la visibilità sia migliorata, ma solamente perché questa zona di torbido bassofondo comunque ci è nota, e solo dopo qualche minuto di energica pinneggiata riusciamo a ristabilire un po’ il bilancio calorico.
Alla riemersione il conteggio dei minuti trascorsi sott’acqua risulta essere di una cinquantina: non pochi alle temperature trovate.
Rapidamente togliamo le mute e vestiamo gli abiti ed i giacconi.
Seduti di fianco agli autorespiratori e le mute ancora gocciolanti mentre sorseggiamo un piacevole the bollente e corretto, con comprensibile meraviglia siamo additati da una scolaresca di bambini tutti vestiti con tute da sci e pronti a raggiungere le piste poco distanti.
Incomprensibile, perlomeno ai più, invece è il nostro senso di soddisfazione dopo aver fatto un’immersione al buio, al torbido ed al più che freddo.

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