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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Affascinato d'immersioni che ho sempre praticato in apnea, poi dal 1981 con autorespiratori (A.R.A. / A.R.O. / E.C.C.R.) e fin da ragazzo frequentatore della montagna, costantemente armeggio con, pinne, maschere, autorespiratori, corde, ramponi, piccozze e sci.
Tuffi ed ascensioni qui li racconto con "filmetti", parole e foto.

martedì 18 febbraio 2020

^^montagna: "SPIGOLO TERESA"


Arrivati alla fine della quarta sfilata di corda, a due tiri dall'uscita e fermi in una sosta dello via Spigolo Teresa (Baiocco-Abbate; 3 agosto 1991; V°+/A0; D+/TD-) alla Serra di Celano nel gruppo Sirente-Velino, dopo una considerazione tra di noi delle due cordate che lo stavamo arrampicando, eravamo tutti concordi sul fatto di abbandonare la scalata per indirizzarci su di un ripido canale laterale d'erbe e rocce sparse che, almeno da quello che potevamo vedere da dove ci trovavamo, pareva sembrarci farci uscire in alto senza più affrontare difficoltà alpinistiche. Stavamo decidendo per una via di fuga, e per illustrare meglio perchè stavamo decidendoci in tal maniera, è necessario riportare la cronologia di alcuni momenti dell'ascensione.
Nella prima sfilata di corda su terreno di roccia abbastanza triturata intervallata da erba e terriccio la prima vera, solida e concreta protezione degna di questo nome eravamo riusciti a posizionarla ad una quindicina di metri lontanissima dall'attacco, troppo.
Mentre pochi metri sopra la sosta il primo superava lo strapiombo del macero tratto chiave del secondo tiro della via, inavvertitamente con un piede in spinta disgaggiava degli instabili sassi che rimbalzando andavano ad impattare con forza il calcare attorno, una mano ed un braccio dei secondi procurando il classico odore di zolfo, escoriazioni e lividi.
Nella quarta lunghezza uno dei secondi dopo aver comunque preventivamente e con attenzione saggiato un paio di volte la stabilità di un blocco di calcare sul quale trazionarsi, caricandolo per rimontarlo di colpo volava trovandosi a roteare appeso alla corda. Nelle orecchie di tutti quanti il sonoro cupo rumore amplificato dell'eco dei rimbalzi di quel masso che urtava altre rocce mentre precipitava.
In traverso verso destra per riguadagnare il filo dello spigolo del quinto tiro, al primo di cordata gli rimaneva in mano un appiglio.
In quel momento, nel poco spazio rimasto libero tra le matasse delle nostre corde tra i piedi la domanda a tutti sorta spontanea è stata: "Ma oggi ci stiamo divertendo?"
In ogni momento di ogni scalata, in tutti i passaggi e singoli movimenti c'è sempre un costante alto livello di concentrazione ed attenzione. Questo fatto è del tutto normale. Invece in questa scalata dal primo all'ultimo metro percorso tutti noi abbiamo provato solamente un altissimo livello di tensione e per questo motivo a due tiri dall'uscita la risposta che si siamo dati è stata: decisamente non ci stiamo divertendo quindi dato che ce n'era la possibilità, senza inutili ripensamenti, dubbi e rimpianti siamo andati via per il canale erboso a sinistra e poi siamo rientrati sul sentiero dell'avvicinamento.
Qualsiasi tipo di strada si stia percorrendo, quando succede di doversi fermare ed anche rinunciare si rimane delusi, con l'orgoglio ammaccato che come un tarlo continua ininterrottamente a sussurrare. Accade nelle più disparate situazioni, figurarsi poi nell'alpinismo che è un continuo confronto d'equilibrio, inteso non solamente in senso fisico.
Ci siamo fermati e ragionando la "cordata" ha deciso al momento giusto la ritirata. Non facendoci condizionare abbiamo messo a tacere quella voce che da dentro ci istigava a continuare, e la mancata conclusione della salita è stato solamente un effetto di secondaria ed irrilevante importanza.
Anche questo è essere non solo Alpinisti.

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