COLOVRI, LE COLONNE
Poco a sud dell'isolotto roccioso di COLOVRI, situato nel versante ovest di CORFU', dal fondo risalgono due picchi rocciosi. Uno arriva fino a 12 metri sotto il pelo dell'acqua, mentre l'altro si ferma a 18. Stretto tra i due c'è una selletta sabbiosa nella quale dimorano diverse pinne nobilis di notevoli dimensioni. Noi ci lasciammo cadere sulla colonna più esterna, quella verso il mare aperto, nuotando verso il basso su una parete verticale fino a circa 64 metri. Sotto i nostri piedi c'erano ancora un 25 metri d'acqua prima che la base del grande pilastro sommerso si incontrasse con la sabbia del fondale che, comunque, continuava inclinato verso non si sa quali profondità. Non furono però l'ottima visibiltà e la gran quantità di pesce incontrato a farmi rimanere impressi nella testa quell'immersione. In piena fase di decompressione, che quella volta per noi iniziava a 9 metri, mi si fece vicino l'amico olandese Sigo, il diminutivo di Siegfrid, indicandomi il chiaro segnale che l'aria gli stava terminando. Prontamente gli offrii l'erogatore di rispetto dal quale iniziò a ventilare. Lo guardai nei suoi occhi che se la ridevano, poi gli chiesi a gesti codificati quant'aria gli rimaneva e a quale profondità fosse stato. Naturalmente sapevo perfettamente che non avrei ottenuto risposta. Così com'era arrivato, ripartì verso l'alto lasciandomi lì a terminare la mia decompressione, ne avevo per diversi minuti.
Noi eravamo andati a 64 metri e stavamo ancora appollaiati attendendo lentamente lo smaltimento dell'azoto, mentre lui, di sicuro, conoscendolo, che si era gettato a capofitto ad una novantina di metri, era già risalito sulla barca in alto. Una volta che me lo ritrovai faccia a faccia, mentre si preparava una sua sigaretta fatta a mano, mi disse, con tesi tutte e solo sue che i profili decompressivi lui li ottimizzava!
LA NAVE PIETRIFICATA
Nel bel mar JONIO dell'isola di CORFU' (Grecia) che si estende sulla sua costa di ponente, poco a largo di una caratteristica località chiamata PALEOKASTRITSA, c'è un piccolissimo isolotto roccioso che vagamente nella forma ricorda una nave. La leggenda epica che si respira in quei paraggi ha fatto si che quello scoglio diventasse la NAVE PIETRIFICATA dell'eroe omerico Ulisse che, nel suo lungo vagabondaggio d'esilio sul mare, soggiornò per qualche tempo presso l'isola dei FEACI, Corfù appunto. Dalla spiaggia di AGIOS GORDIS (quella della foto) raggiungemmo il sito d'immersione a bordo di una barca in vetroresina, ormeggiando proprio a pochi metri dalla roccia che ci sovrastava. Il mare era calmissimo ed all'aria faceva veramente un gran caldo. Per questo motivo non appena finimmo il solito lavorio d'infilaggio delle mute di gomma di neoprene, fu un vero piacere iniziare l'immersione attesi da un'acqua tersa, luminosa ed azzurra. Per un certo tratto costeggiamo sotto qualche metro di profondità la minuscola isola in senso orario perdendo costantemente quota fino al punto in cui entrammo in una grande spaccatura la cui volta superiore era a diversi metri sopra la nostra testa. Subito ci rendemmo conto di essere dentro un passaggio della roccia che attraversava lo scoglio da una parte all'altra e che creava un bellissimo arco sommerso le cui volte erano completamente ingiallite dai microspoci parazoantus. In una buia e tronca diramazione laterale dimorava un incredibile ammassamento di gamberetti semitrasparenti del tipo parapandalus narval che si spostavano strettissimi gli uni agli altri non appena i fasci delle luci subacquee li investivano. Sostammo diversi minuti lì continuando quel gioco con le torce. Riuscivamo a notare perfettamente i grandi occhi e le lunghe antenne di quei gamberi che si avvicinavano al vetro della maschera. Riprendendo la via, lentamente, ci portammo fuori dell'arco uscendo nell'azzuro del mare che si apriva giù in basso grazie ad una bellissima parete sulla quale, naturalmente, ci lasciammo cadere senza pensarci due volte. Andammo sotto fino ad una sessantina e passa di metri ammirando quel lato sommerso della NAVE PIETRIFICATA che ci aveva così ammaliato con le sue sfumature di blu. In questa discesa continuammo la circumnavigazione sempre in senso orario, seguita poi dalla lenta e costante risalita. Con occhio più attento vedemmo un gran numero di aragoste e di vermocane, un verme d'acqua con piccoli e dolorosissimi, se toccati, aculei che strisciavano nel substrato coralligeno. Il giro dello scoglio lo finimmo proprio in prossimità dell'ormeggio della barca dove smaltimmo gli ultimi minuti di decompressione in compagnia di fitti branchi di pesci di scogliera. Assieme a me in qul luglio del 1996 c'erano Marialelena, Luciano e Paolo.