Prima su uno strato sottile dei neve polverosa e poi, su in alto, sopra neve dura, crostosa e ghiacciata, saliamo sul Monte Viglio.
DIVING & MOUNTAINS
Quando
mia figlia
era piccola,
un giorno
una signora
troppo curiosa
le chiese:
"MA CHE LAVORO FA
IL TUO PAPA' ?"
Lei ci pensò
un po' su.
Poi le rispose:
"LE IMMERSIONI
IN MONTAGNA !"
- Giacinto "zeta zeta" Marchionni
- PESCARA, PE - Pescara, Italy
Da sempre appassionato d'immersioni che ho iniziato in apnea e dal 1981 con autorespiratori ad aria, ossigeno e circuito chiuso. Nel poco tempo rimanente mi arrampico sopra qualche montagna.
Tuffi e scalate li racconto con "filmetti", parole e foto.
giovedì 30 dicembre 2010
martedì 28 dicembre 2010
--immersioni: "TORBIDE EMOZIONI"
Anche un lago con acque limacciose può suscitare delle emozioni ... torbide...
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martedì 14 dicembre 2010
--immersioni:speleosubacquea nella RISORGENZA DI CAPODACQUA
Il sottile filo bianco tesato con una legatura tra un nero tubo di gomma di una conduttura ed un altro punto fisso, è visibile sotto le nostre pinne mentre galleggiamo ancora in superficie.
Stiamo per infilarci in una grotta sommersa che si snoda per circa 400 metri tra saliscendi, qualche strettoia, varie tortuosità, giravolte ed anche un paio di risalite in bolle d’aria.
Questa minuscola pozza sorgiva incastonata tra un boschetto da un lato e dall’altro da una tranquilla campagna dove vediamo pascolare quiete mucche e pecore, oggi ci si presenta con acqua chiarissima e basso fondo decorato da sassi ricoperti da lunghe alghe verdi che ondeggiano alla corrente.
Così, di primo acchitto, nulla farebbe pensare che proprio lì sotto, forse neanche ad un metro e mezzo di profondità c’è l’ingresso di un lungo e stretto antro sommerso.
Basta qualche colpo di pinna ed un’ansa della grotta per trovarsi di colpo dentro un’altra realtà subacquea: quella del buio perenne che ci accompagnerà da questo momento fino al termine.
Grazie agli illuminatori che ci portiamo appresso ci facciamo strada guidati dalla fidata “compagna d’immersione”, la "linea d'immersione" (main-line), un cavetto posizionato come filo d’Arianna su tutto il percorso di questa risorgenza. Su di essa a costanti intervalli ci sono delle targhette in plastica bianca indicanti la distanza dall’uscita.
L’irregolare cunicolo scavato nella roccia, nel quale abbiamo iniziato a progredire, metro dopo metro presenta una diversa morfologia: materiale nuovo per gli occhi che solletica enorme curiosità.
Spuntoni, lame, asperità levigate dall’acqua e dai detriti, sassi sparsi, clessidre, diramazioni laterali, basse volte schiacciate, camere più ampie, corridoi, uno stretto passaggio nel quale puntandoci con mani e pinne abbiamo dovuto energicamente spingerci per vincere la corrente contraria che per effetto fisico in quella strozzatura era notevolmente forte. E poi ancora, percorsi in lenta ascesa, ripide discese, massi tra i quali zigzaghiamo.
Le luci illuminano angoli remoti che invogliano a fermarsi un po’ di più per poter così dare uno sguardo approfondito.
Il programma dell’immersione pianificato dettagliatamente all’aria però va scrupolosamente messo in pratica. Nessuna divagazione sul tema. La bianca “linea guida” ci attende sempre lì.
Con pochi e ben codificati segnali luminosi ci comunichiamo l’essenziale.
Sul pavimento di calcare c’è un lieve strato di sedimento, per questo motivo cerchiamo d’essere attenti a non sollevarlo con i colpi ritmati delle pinne.
Si va avanti.
La “linea” in effetti non è retta, ma geometricamente forma quella che si dice una “spezzata”. Ad ogni variazione d’angolo essa è solidamente fissata alla roccia o con chiodi da alpinismo, oppure con legature varie. In certi tratti viaggia alta sul soffitto, in altri bassa oppure da un lato.
Percorriamo un tratto in decisa risalita dove le cifre del profondimetro, nettamente, continuano a diminuire fin quando lo sguardo percepisce l’effetto a specchio della luce artificiale che vista dal basso si riflette sul pelo dell’acqua: riemergiamo in una ampia sala.
Bello!
Le luci illuminano l’alta volta sopra le teste.
Parliamo, le nostre voci rimbombano all’interno della vasta cavità mentre il vapore che esce dalle bocche si condensa in nuvolette.
Abbiamo percorso circa 250 metri, questo è il capolinea della nostra immersione.
Sulle pareti all’aria di questa stanza c’è uno strato di fango colato dall’alto sul quale si possono vedere nette le impronte delle ditate della mano di qualcun altro che è stato qui dentro.
Prima di riprendere la strada del ritorno, si ricontrolla la pressione del gas all’interno delle bombole. Il margine è ampio, d’altronde era stato anch’esso previsto in base ai consumi personali nella fase di programmazione.
Prima di ripartire diamo un’ultima occhiata all’ambiente intorno poi via giù nello specchio d’acqua dal quale eravamo sbucati.
Da questo momento in poi il flusso della corrente sarà a nostro favore e si faticherà un po’ meno, così rapidamente riguadagnamo metri d’acqua scendendo nel basso cunicolo che poco prima avevamo percorso. Come mai, in questa situazione d’immersione in grotta, diversa dalle normali immersioni nelle quali c’è sempre comunque un’uscita libera verso l’aria, il tempo che passa è scandito dallo spazio che si percorre e dalla scorta di gas che si consuma.
I tratti superati all’andata sembrano appena un po’ più familiari di prima.
I fari illuminano davanti le strane architetture di roccia e la “linea” che ci sta conducendo verso l’uscita.
Arrivati alla strettoia nella quale all’andata avevamo dovuto faticare un po’ per superarla controcorrente, a favore di questa invece siamo sputati fuori senza battere un colpo di pinna.
Si pinneggia ancora per poco prima di veder comparire alla vista l’alone luminoso celeste-azzurro della luce naturale che irrora l’uscita della grotta. Per gli occhi è netto il contrasto con il buio fin’ora incontrato.
Siamo fuori e riemergiamo.
Entusiastici i commenti per questa esperienza.
Giacinto Marchionni
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domenica 5 dicembre 2010
--immersioni:NEL GIARDINO PUBBLICO...
Insolita "lochescion" per un tuffo e per dei ... BAMBINONI che nonostante tutto riescono davvero a divertirsi con molto poco!
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^^montagna: Monte SAN NICOLA
Sulle creste orientali del Sirente: da Gagliano Aterno, salendo per ampie dorsali, fino al Monte San Nicola in questo inizio dicembre un po' arido di neve.
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martedì 30 novembre 2010
--immersioni:COME COMPAGNI I PROPRI PENSIERI
La musica di Battiato fluisce gradevole dagli altoparlanti mentre la pioggia, discontinua, a tratti picchietta sul lunotto anteriore del mio furgone.
Il viaggio in autostrada è un po’ monotono, infatti i panorami che posso osservare sono limitati dalla potenza del cono di luce generato dai fari dell’automezzo che, invariabilmente, mi fanno vedere le strisce bianche di segnalazione orizzontale sull’asfalto bagnato.
Così, nella notte, mi sposto verso la meta facendo viaggiare anche la mia mente tra i più svariati argomenti.
Vi arrivo che è ancora buio. Solo qualche luce tremolante, che si riflette sdoppiandosi nell’acqua, rivela la presenza del grande lago...
Il viaggio in autostrada è un po’ monotono, infatti i panorami che posso osservare sono limitati dalla potenza del cono di luce generato dai fari dell’automezzo che, invariabilmente, mi fanno vedere le strisce bianche di segnalazione orizzontale sull’asfalto bagnato.
Così, nella notte, mi sposto verso la meta facendo viaggiare anche la mia mente tra i più svariati argomenti.
Vi arrivo che è ancora buio. Solo qualche luce tremolante, che si riflette sdoppiandosi nell’acqua, rivela la presenza del grande lago...
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martedì 23 novembre 2010
domenica 7 novembre 2010
--immersioni: NOTTURNA NEL LAGO DI SCANNO
Nelle caselle della mia memoria che riguardano le immersioni fatte nel corso degli anni nelle spesso limacciose acque del Lago di Scanno, in sole tre di esse c'è la scritta "INDELEBILE".
La numero 1: la limpidezza dell'acqua incontrata nella prima immersione in assoluto che feci in questo sito, mai più ritrovata in seguito.
La numero 2: quando durante un tuffo capitammo dentro un surreale e luminosissimo crepuscolo verde scuro causato da microalghe, che comunque ci permetteva di spaziare con la vista per diversi metri davanti agli occhi.
La numero 3: nell'immersione notturna fatta qualche giorno fa, ad inizio novembre, durante la quale abbiamo incrociato un incredibile (mai vista!) quantità di persici e diversi lucci.
La numero 1: la limpidezza dell'acqua incontrata nella prima immersione in assoluto che feci in questo sito, mai più ritrovata in seguito.
La numero 2: quando durante un tuffo capitammo dentro un surreale e luminosissimo crepuscolo verde scuro causato da microalghe, che comunque ci permetteva di spaziare con la vista per diversi metri davanti agli occhi.
La numero 3: nell'immersione notturna fatta qualche giorno fa, ad inizio novembre, durante la quale abbiamo incrociato un incredibile (mai vista!) quantità di persici e diversi lucci.
Notturna Lago di Scanno from Vind3ro on Vimeo.
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domenica 24 ottobre 2010
^^montagna: IL MUROLUNGO
In un venerdì d'autunno partendo da Cartore, passando per i boschi silenziosi del Vallone di Fua e per il Lago della Duchessa raggiungiamo la vetta del Murolungo (2184 mt) nel gruppo del Velino, chiamato così perchè se visto dal suo versante settentrionale appare come un lungo e continuo contrafforte roccioso verticale.
Dalla cima siamo poi ridiscesi attraversando l'altrettanto bello e solitario Vallone di Teve.
Dalla cima siamo poi ridiscesi attraversando l'altrettanto bello e solitario Vallone di Teve.
martedì 12 ottobre 2010
^^montagna: LE CRESTE DEL SIRENTE
In salita da Rovere (Aq) per 8 chilometri sulla linea delle spettacolari creste del Sirente, e quindi discesa dentro il Canale Majori in un Appennino dai caldi colori d'inizio autunno e con temperatura mite.
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lunedì 13 settembre 2010
^^montagna: "AL RIFUGIO FRANCHETTI"
Seduto comodo su un sasso, sgranocchio un boccone e sorseggio acqua dalla borraccia, poco dietro il solido rifugio di pietra mi fa ombra.
Intorno altri frequentatori domenicali della montagna e chi in transito e chi invece come me in pausa.
E’ una bella giornata d’estate con il sole limpido non velato da nubi. La temperatura dell’aria è quella estiva e mattutina della quota dei 2400 metri, fresca, tanto che una volta fermi sulla T-shirt bisogna indossare qualcosa di più pesante.
Si respira una piacevole atmosfera calma e rilassata e sullo sfondo il palcoscenico di aspre e frastagliate quinte rocciose che allo stesso tempo repulsive ed attraenti, magneticamente attraggono lo sguardo su di loro.
“Papà, ho freddo alle mani!”
Con la sua voce cristallina, squillante ed a volte penetrante per i timpani, mia figlia mi rammenta che ho dimenticato i suoi guantini a casa. Allora cerco nello zaino i miei.
Con quel paio di guanti di lana neri più che abbondanti che, sproporzionati, ingigantiscono grottescamente le sue minuscole mani e con una fascia calcata sulla fronte, tutta la sua figura ha un che di comico.
Ha appena finito di mangiare la sua merenda e come tutti i bambini di 5 anni è carica di energia e di vitalità.
Per un po’ si guarda attorno e poi tranquillamente mi comunica:
“Vado a farmi una scalatina!”
Annuisco.
Ci troviamo nelle vicinanze del Rifugio “Carlo Franchetti” che abbiamo raggiunto in più o meno un’ora di cammino dal termine della funivia che dai Prati di Tivo giunge in località detta “La Madonnina”, le avevo promesso che l’avrei portata in questo posto dopo che in precedenza avevamo fatto delle escursioni su sentieri boschivi.
La faccenda della montagna le era piaciuta ed allora decisi di portarla su quest’altra più ripida, più aspra e più rocciosa percorrendo in un’ora abbondante un sentiero più faticoso, ammorbidito per non annoiarla con soste fatte di giochi e di racconti.
Arrivati al rifugio era voluta entrare dentro a vedere com’era fatto e salita al piano superiore, nella stanza dormitorio, era rimasta divertita nell’osservare quell’ambiente arredato in legno e pieno di letti a castello per lei affascinanti e potenziali strutture di gioco, e con non poca fatica l’avevo poi convinta ad uscire fuori all’aperto.
Ora eccola lì a qualche metro da me mentre inizia ad arrampicarsi sopra un gruppo di roccette alte due o tre metri, a volte è indecisa ed interrogativamente mi guarda. Le do dei suggerimenti e lei prosegue.
Il gioco va avanti per un po’ di tempo ed io “avidamente” l’osservo per non perdere un solo secondo di quel suo fare.
Tutta assorta, piano va su. Si muove attenta. Appoggia la mano su di un sasso, però a causa della mano protetta dal guanto non sente bene la presa.
Allora lo toglie e percepisce il freddo della roccia con le dita.
Va avanti, a momenti più sicura ed in altri incerta.
Soddisfatta finisce la sua “scalatina”.
Il gioco continua ancora sopra un altro gruppo di roccette e così ancora.
Si diverte, è contenta.
Io continuo a guardarla.
Sono contento.
Sono contento di essere in montagna assieme a lei.
Sono contento che le piaccia.
Sono contento che lei è contenta.
Il tempo passa ed arriva il momento di iniziare a scendere.
Nel ritorno a tratti è stanca ed allora me la carico a cavalcioni sulle spalle.
A volte, quando ci fermiamo per una sosta, le porgo il binocolo con il quale meravigliata esplora un po’ più da vicino gli articolati meandri delle pareti.
Ad un certo punto esclama:
“Papà, siamo come Winnie the Pooh: siamo sopra le nuvole!”
Poco sotto di noi il bianco ovattato e morbido di una coltre di vaporose nuvole, lentamente orla e risale il fianco del massiccio roccioso.
Lei ed io siamo sopra le nuvole.
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domenica 12 settembre 2010
--immersioni: "ANCORA SOTTO LO STRETTO"
Il video della settimana settembrina sotto le vertiginose acque dello stretto di Messina.
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Stretto di Messina
sabato 11 settembre 2010
^^montagna: "CARMELA"
Questa variante d'attacco della "Bachetti-Fanesi" sulla nord del Corno Piccolo, si chiama "CARMELA" ed è stata aperta nel 1969 da un folto gruppo di alpinisti che erano Silvio Verani, Felice Di Sante, Giancarlo Denicola, Corrado Arnoti e Attanasio De Felice, con a capo della cordata Francesco Bachetti.
Sfrutta un ampio camino/fessura che, ben visibile anche da lontano, forma una grande "C" al termine della quale si ricongiunge con la traccia principale.
All'interno della parte alta della "C" la scalata a tratti è resa delicata a causa della roccia umida.
L'abbiamo salita e ridiscesa appena in tempo prima dell'arrivo di un intenso e carico temporale nelle prime ore del pomeriggio, puntualmente giunto secondo previsione meteo senza ritardi sulla "sua" tabella di avvicinamento.
Sfrutta un ampio camino/fessura che, ben visibile anche da lontano, forma una grande "C" al termine della quale si ricongiunge con la traccia principale.
All'interno della parte alta della "C" la scalata a tratti è resa delicata a causa della roccia umida.
L'abbiamo salita e ridiscesa appena in tempo prima dell'arrivo di un intenso e carico temporale nelle prime ore del pomeriggio, puntualmente giunto secondo previsione meteo senza ritardi sulla "sua" tabella di avvicinamento.
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via CARMELA
domenica 29 agosto 2010
^^montagna: via "CONSIGLIO-MORANDI" ALLA VETTA CENTRALE
Scalata effettuata il 27 agosto 2010 assieme sulla "CONSIGLIO-MORANDI" (aperta il 24 luglio del 1955) sullo sperone nord-ovest della Vetta Centrale del Corno Grande (Gran Sasso-Abruzzo), in un ambiente magnifico che si affaccia sulla conca del Calderone.
L'avvicinamento da Campo Imperatore è stato fatto per il sentiero alpinistico che va alla Forchetta del Calderone, per poi da questa portarsi sulla via "Coppitana" che traversa l'ampia balconata proprio sotto il Torrione Cambi, fino ad incrociare la "Gualerzi".
Si scende quindi per pochi metri prima di arrivare all'attacco.
La via, tipicamente da alpinismo classico aperta con la logica di sfruttare le zone meno resistenti della parete, attraversa fasce di calcare spesso poco compatto.
"Usciti" sulla vetta Centrale del Corno Grande, si percorre un tratto della "via delle Tre Vette" fino a ritornare alla Forchetta Gualerzi dalla quale si è giunti.
L'avvicinamento da Campo Imperatore è stato fatto per il sentiero alpinistico che va alla Forchetta del Calderone, per poi da questa portarsi sulla via "Coppitana" che traversa l'ampia balconata proprio sotto il Torrione Cambi, fino ad incrociare la "Gualerzi".
Si scende quindi per pochi metri prima di arrivare all'attacco.
La via, tipicamente da alpinismo classico aperta con la logica di sfruttare le zone meno resistenti della parete, attraversa fasce di calcare spesso poco compatto.
"Usciti" sulla vetta Centrale del Corno Grande, si percorre un tratto della "via delle Tre Vette" fino a ritornare alla Forchetta Gualerzi dalla quale si è giunti.
martedì 24 agosto 2010
^^montagna: "FUORI VIA"
"Solo chi rimane a casa non sbaglia mai."
Noi non siamo rimasti a casa.
Fuori "Via" sulla vetta centrale del Corno Grande, ed una volta capito l'errore "ritirata" con due delicate "doppie" montate nel canale Cichetti (l'intaglio che separa la vetta Centrale dall'orientale del C.Grande), un naturale convogliatoio di caduta dalle pareti circostanti di pietrisco e sassi di tutte le dimensioni che ci franavano sotto i piedi.
Noi non siamo rimasti a casa.
Fuori "Via" sulla vetta centrale del Corno Grande, ed una volta capito l'errore "ritirata" con due delicate "doppie" montate nel canale Cichetti (l'intaglio che separa la vetta Centrale dall'orientale del C.Grande), un naturale convogliatoio di caduta dalle pareti circostanti di pietrisco e sassi di tutte le dimensioni che ci franavano sotto i piedi.
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lunedì 23 agosto 2010
^^montagna: "GIGINO BARBIZZI""
Tra le molte nebbie ed il poco sole di un 22 di agosto, l'ascensione fra le rocce del Corno Piccolo per la sua parete nord sulla "GIGINO BARBIZZI", che Marco Florio, Francesco Saladini ed Alessio Alesi hanno aperto il 21 giugno del '64.
Una bella, continua e lunga fessura d'attacco forma il primo tiro.
Decisamente poi si traversa sulla sinistra su un aereo sperone e poi per placca, fino ad intercettare un diedro canale che si risale tutto.
Ancora quindi nel canale alla cui ci fine c'è un piccolo strapiombo che forma una piccola grotta/rientranza e che si supera con un bel passaggio.
Per altri diedri appoggiati e canali ledifficoltà alpinistiche poi si abbattono e si esce sulla cresta di nord-est del Corno Piccolo.
Una bella, continua e lunga fessura d'attacco forma il primo tiro.
Decisamente poi si traversa sulla sinistra su un aereo sperone e poi per placca, fino ad intercettare un diedro canale che si risale tutto.
Ancora quindi nel canale alla cui ci fine c'è un piccolo strapiombo che forma una piccola grotta/rientranza e che si supera con un bel passaggio.
Per altri diedri appoggiati e canali ledifficoltà alpinistiche poi si abbattono e si esce sulla cresta di nord-est del Corno Piccolo.
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domenica 22 agosto 2010
^^montagna: "ATTENTI ALLE CLESSIDRE"
Scalare sulla Prima Spalla del Corno Piccolo divertendosi su belle placche piene di "clessidre di roccia" in una via aperta da Fabrizio Antonioli, Francesca Colesanti e Dario Mantoan nel 1982, detta appunto "ATTENTI ALLE CLESSIDRE".
E' come arrampicarsi continuamente su una lunga e spettacolare scala piena di prese per le mani ed appoggi per i piedi in piena esposizione.
E' come arrampicarsi continuamente su una lunga e spettacolare scala piena di prese per le mani ed appoggi per i piedi in piena esposizione.
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via ATTENTI ALLE CLESSIDRE
lunedì 9 agosto 2010
^^montagna: "BACHETTI / FANESI"
Sulla Nord del Corno Piccolo in un più che fresco 7 di agosto del 2010, abbiamo scalato sulla bella e "classica" "BACHETTI-FANESI", aperta il 28 settembre 1968, che risale il pilastro che in basso sorregge la parete proprio sotto il primo spallone della cresta nord-est.
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lunedì 2 agosto 2010
^^montagna: "VIA RIEBELING /VIA JANNETTA AL TORRIONE CAMBI E VETTA OCCIDENTALE"
CAMINO RIEBELING oppure CAMINO JANNETTA ?
Il breve camino "Jannetta" al torrione Mario Cambi del Gran Sasso, normalmente è usato per scendere in corda doppia da questo. Oggi abbiamo deciso di scalarlo facendo così direttamente conoscenza con i criteri di valutazione delle difficoltà alpinistiche su roccia dei "gransassisti" del 1919, anno d'apertura della "via", quando Enrico Jannetta e Giuseppe Marchetti lo scalarono il 30 luglio valutandolo di IV° inferiore. Indubbiamente soffrivano di un complesso d'inferiorità verso chi arrampicava sulle Alpi nella stesso periodo e che, per una sorta di pudore nel dichiarare le loro qualità, li faceva "sottogradare" le esplorazioni alpinistiche che effettuavano. Infatti dopo averlo arrampicato posso tranquillamente affermare trattarsi di un V° grado pieno. Ridiscesi quindi alla forchetta del Calderone poi abbiamo percorso lo spettacolare ultimo tratto della "Via delle Tre Vette", uscendo sulla cima più alta del gruppo e degli Appennini, l'Occidentale del Corno Grande. E' stata un'intensa e piena giornata di montagna.
NOTA DEL GENNAIO 2019:
Il camino fu scalato per la prima volta nell'agosto del 1910 dai tedeschi Hans Riebeling ed Hans Schmidt, durante la loro prima "Traversata delle Tre Vette" del Corno Grande da ovest ad est, traversata che comprese anche la salita al Torrione Cambi all'epoca chiamato primo Torrione.
A Jannetta e Marchetti il merito di aver effettuato la prima ripetizione.
A noi invece il fatto di aver ripetuto parte della via dei tedeschi a distanza di un secolo esatto: agosto 1910/agosto 2010.
Abitualmente al giorno d'oggi questa classica traversata alpinistica del massiccio la si compie da est ad ovest (Vetta Orientale, Vetta centrale e Vetta Occidentale), contrariamente a quanto fecero gli apritori.
Questo chiarimento alpinistico della storia del Gran Sasso è merito dagli autori del libro:
"IL MISTERO DELLE TRE VETTE"
(Ilona Mestis e Francesco Burattini/ Iter Edizioni/ febbraio 2012/ CAI L'Aquila)
Riporto dal libro a pagina 16 (relazione originale dei tedeschi con in maiuscolo e tra parentesi le mie note):
"... una stretta fessura ... ci condusse comodamente alla selletta successiva, il punto più basso della cresta. (FORCHETTA DEL CALDERONE)
Da qui si raggiungeva facilmente il nevaio che si trovava sulla sinistra. (LA GRANDE BALCONATA SOTTO IL TORRIONE CAMBI)
Davanti a noi si alzava ripido e respingente il torrione. Dopo che il tentativo di superare il suo spigolo fallì miseramente, ci voltammo a destra e scendemmo per alcuni metri un ripido canale pieno di neve. (CANALE A SUD DELLA FORCHETTA DEL CALDERONE)
Poi Schmidt iniziò ad arrampicarsi su per un camino ... il camino si trasformò in un canalino, la cui roccia friabile e poco affidabile ci era saltata all'occhio già da lontano per il suo colore rosso. Più in alto il canalino si trasformò nuovamente in camino che si restringeva sempre di più fino a formare una fessura molto stretta ... Su facili roccette raggiungemmo la vetta del torrione..."
Fino al 2008, data del reperimento da parte degli autori della relazione originale dei tedeschi venuta alla luce dopo meticolose ricerche d'archivio, si pensava che questi all'epoca avessero effettuato la loro traversata senza salire però sul Primo Torrione (Torrione Cambi). Ecco perchè la salita di Jannetta e Marchetti fu considerata per molto tempo la prima assoluta e come tale riportata sulla guida alpinistica CAI-TCI, Gran Sasso di Grazzini-Abbate edita nel 1992, alla pagina 424.
Il breve camino "Jannetta" al torrione Mario Cambi del Gran Sasso, normalmente è usato per scendere in corda doppia da questo. Oggi abbiamo deciso di scalarlo facendo così direttamente conoscenza con i criteri di valutazione delle difficoltà alpinistiche su roccia dei "gransassisti" del 1919, anno d'apertura della "via", quando Enrico Jannetta e Giuseppe Marchetti lo scalarono il 30 luglio valutandolo di IV° inferiore. Indubbiamente soffrivano di un complesso d'inferiorità verso chi arrampicava sulle Alpi nella stesso periodo e che, per una sorta di pudore nel dichiarare le loro qualità, li faceva "sottogradare" le esplorazioni alpinistiche che effettuavano. Infatti dopo averlo arrampicato posso tranquillamente affermare trattarsi di un V° grado pieno. Ridiscesi quindi alla forchetta del Calderone poi abbiamo percorso lo spettacolare ultimo tratto della "Via delle Tre Vette", uscendo sulla cima più alta del gruppo e degli Appennini, l'Occidentale del Corno Grande. E' stata un'intensa e piena giornata di montagna.
NOTA DEL GENNAIO 2019:
Il camino fu scalato per la prima volta nell'agosto del 1910 dai tedeschi Hans Riebeling ed Hans Schmidt, durante la loro prima "Traversata delle Tre Vette" del Corno Grande da ovest ad est, traversata che comprese anche la salita al Torrione Cambi all'epoca chiamato primo Torrione.
A Jannetta e Marchetti il merito di aver effettuato la prima ripetizione.
A noi invece il fatto di aver ripetuto parte della via dei tedeschi a distanza di un secolo esatto: agosto 1910/agosto 2010.
Abitualmente al giorno d'oggi questa classica traversata alpinistica del massiccio la si compie da est ad ovest (Vetta Orientale, Vetta centrale e Vetta Occidentale), contrariamente a quanto fecero gli apritori.
Questo chiarimento alpinistico della storia del Gran Sasso è merito dagli autori del libro:
"IL MISTERO DELLE TRE VETTE"
(Ilona Mestis e Francesco Burattini/ Iter Edizioni/ febbraio 2012/ CAI L'Aquila)
Riporto dal libro a pagina 16 (relazione originale dei tedeschi con in maiuscolo e tra parentesi le mie note):
"... una stretta fessura ... ci condusse comodamente alla selletta successiva, il punto più basso della cresta. (FORCHETTA DEL CALDERONE)
Da qui si raggiungeva facilmente il nevaio che si trovava sulla sinistra. (LA GRANDE BALCONATA SOTTO IL TORRIONE CAMBI)
Davanti a noi si alzava ripido e respingente il torrione. Dopo che il tentativo di superare il suo spigolo fallì miseramente, ci voltammo a destra e scendemmo per alcuni metri un ripido canale pieno di neve. (CANALE A SUD DELLA FORCHETTA DEL CALDERONE)
Poi Schmidt iniziò ad arrampicarsi su per un camino ... il camino si trasformò in un canalino, la cui roccia friabile e poco affidabile ci era saltata all'occhio già da lontano per il suo colore rosso. Più in alto il canalino si trasformò nuovamente in camino che si restringeva sempre di più fino a formare una fessura molto stretta ... Su facili roccette raggiungemmo la vetta del torrione..."
Fino al 2008, data del reperimento da parte degli autori della relazione originale dei tedeschi venuta alla luce dopo meticolose ricerche d'archivio, si pensava che questi all'epoca avessero effettuato la loro traversata senza salire però sul Primo Torrione (Torrione Cambi). Ecco perchè la salita di Jannetta e Marchetti fu considerata per molto tempo la prima assoluta e come tale riportata sulla guida alpinistica CAI-TCI, Gran Sasso di Grazzini-Abbate edita nel 1992, alla pagina 424.
lunedì 26 luglio 2010
^^montagna: CAMINO D'ARMI
In una domenica di luglio ventosa ed a tratti anche nebbiosa, abbiamo scalato sulla Punta dei Due delle "Fiamme di Pietra" del Corno Piccolo, dentro il "CAMINO MARSILII-D'ARMI" (29 luglio 1932), in quella che fu la prima "via alpinistica" salita sul Campanile Livia.
venerdì 23 luglio 2010
^^montagna: PENNAPIEDIMONTE
Un'escursione, la seconda per Silvietta, tra le faggete, le rocce e le acque che scorrono a Pennapiedimonte (CH), Majella orientale.
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mercoledì 14 luglio 2010
^^montagna: "ISKRA"
Un evidende diedro lungo e continuo caratterizza la Via ISKRA (V°/D-; aperta l' 11 settembre 1966 da Franco Cravino e Roberto Tonini), sulla parete nord del Corno Piccolo.
La giornata calda e soleggiata ci ha fatto compagnia nella scalata.
La giornata calda e soleggiata ci ha fatto compagnia nella scalata.
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lunedì 21 giugno 2010
^^montagna: BOCCA DI VALLE-CASCATA S.GIOVANNI
20 giugno 2010, prima escursione in montagna per Silvietta.
Sveglia alle 6.00 del mattino.
Partenza alle 6.20.
Iniziamo a camminare da Bocca di Valle alle 7.30.
All'inizio ha un po' freddo, poi con l'andar del tempo e con il movimento i brividi le passano.
Si diverte, è curiosa e chiacchiera molto...come al solito!
Le mosche e le zanzare, che lei chiama stupide mosche, la infastidiscono non poco.
A volte chiede di sedere, poi cammina ancora, poi vuole fare un altro "piccolo bivacco" per riposarsi un po' e mangiare una merendina.
Nei tratti più "duri" la trascino io.
Alla fine sale i suoi primi 330 metri di dislivello in 1 ora e mezza: brava Silvia!
E' entusiasta della gita, del posto e la cascata le piace a tal punto che non vuol più tornare indietro.
Sula via del rientro a tratti la prendo in braccio.
In una zona con un ponticello di legno e capanne di frasche ci fermiamo per giocare.
Soddisfatti torniamo alla macchina, e nel viaggio di ritorno crolla addormentata stanca.
Sveglia alle 6.00 del mattino.
Partenza alle 6.20.
Iniziamo a camminare da Bocca di Valle alle 7.30.
All'inizio ha un po' freddo, poi con l'andar del tempo e con il movimento i brividi le passano.
Si diverte, è curiosa e chiacchiera molto...come al solito!
Le mosche e le zanzare, che lei chiama stupide mosche, la infastidiscono non poco.
A volte chiede di sedere, poi cammina ancora, poi vuole fare un altro "piccolo bivacco" per riposarsi un po' e mangiare una merendina.
Nei tratti più "duri" la trascino io.
Alla fine sale i suoi primi 330 metri di dislivello in 1 ora e mezza: brava Silvia!
E' entusiasta della gita, del posto e la cascata le piace a tal punto che non vuol più tornare indietro.
Sula via del rientro a tratti la prendo in braccio.
In una zona con un ponticello di legno e capanne di frasche ci fermiamo per giocare.
Soddisfatti torniamo alla macchina, e nel viaggio di ritorno crolla addormentata stanca.
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Bocca di Valle,
cascata SAN GIOVANNI
lunedì 7 giugno 2010
--immersioni: UNA SETTIMANA SOTTO E SOPRA LO "STRETTO"
Mare, immersioni vertiginose, "rema", "stanca", decompressione, mute sempre umidicce, ricaricare le bombole, tante risate in questo soggiorno in Calabria.
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Stretto di Messina
mercoledì 26 maggio 2010
--immersioni: IL LAGO DI ALBANO o di CASTELGANDOLFO
Il LAGO DI ALBANO o di CASTELGANDOLFO, è posizionato a pochi chilometri da Roma. Di forma tondeggiante, come la maggior parte dei bacini di origine vulcanica, ha delle sponde molto ripide che nel suo versante meridionale raggiungono i 170 metri circa di profondità.
La forte inclinazione dei fondali è stata la molla che anni fa mi ha spinto ad iniziare ad immergermi per esplorarlo.
Durante tutto il corso dell'anno l'acqua è caratterizzata da una fascia torbida che parte dalla superficie ed arriva fino ud una trentina di metri sotto di essa. Tale visibilità è causata dalla fioritura di microalghe particolarmente intensa durante il periodo estivo. Al di sotto di questo naturale filtro per la luce, si passa in una zona con straordinaria trasparenza, ma al tempo stesso buia anche nelle giornate di pieno sole.
Oltre alle condizioni di scarsa visibilità, che in certi tratti può essere anche nulla, ed il buio, un altro fattore che rende l'immersione impegantiva è la temperatura dell'acqua che al di sotto dei 30 metri è sempre, in ogni stagione, di 9°.
Insomma, s'incontrano severe condizioni che richiedono massima attenzione, dimestichezza con tuffi profondi e la conoscenza dell'uso della bussola in immersione. Quando però si supera la zona d'acqua con il fine sedimento in sospensione, allora le torce subacquee possono spaziare con i loro fasci di luce per diversi metri avanti facendo svanire il loro bagliore nel nero assoluto e limpidissimo.
Giganteschi tronchi, radici della stessa taglia e macigni nerastri decorano il fondale composto di scura rena lavica.
Tale panorama mi ha incuriosito oltre misura già dalla prima volta che mi ci sono immerso. Curiosità, la mia, mai sazia di vedere insolite prospettive sommerse, vere e proprie promesse d'esplorazione dell'ignoto.
La forte inclinazione dei fondali è stata la molla che anni fa mi ha spinto ad iniziare ad immergermi per esplorarlo.
Durante tutto il corso dell'anno l'acqua è caratterizzata da una fascia torbida che parte dalla superficie ed arriva fino ud una trentina di metri sotto di essa. Tale visibilità è causata dalla fioritura di microalghe particolarmente intensa durante il periodo estivo. Al di sotto di questo naturale filtro per la luce, si passa in una zona con straordinaria trasparenza, ma al tempo stesso buia anche nelle giornate di pieno sole.
Oltre alle condizioni di scarsa visibilità, che in certi tratti può essere anche nulla, ed il buio, un altro fattore che rende l'immersione impegantiva è la temperatura dell'acqua che al di sotto dei 30 metri è sempre, in ogni stagione, di 9°.
Insomma, s'incontrano severe condizioni che richiedono massima attenzione, dimestichezza con tuffi profondi e la conoscenza dell'uso della bussola in immersione. Quando però si supera la zona d'acqua con il fine sedimento in sospensione, allora le torce subacquee possono spaziare con i loro fasci di luce per diversi metri avanti facendo svanire il loro bagliore nel nero assoluto e limpidissimo.
Giganteschi tronchi, radici della stessa taglia e macigni nerastri decorano il fondale composto di scura rena lavica.
Tale panorama mi ha incuriosito oltre misura già dalla prima volta che mi ci sono immerso. Curiosità, la mia, mai sazia di vedere insolite prospettive sommerse, vere e proprie promesse d'esplorazione dell'ignoto.
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Lago di Castelgandolfo
lunedì 10 maggio 2010
--immersioni: "E DOPO IL 1° CORSO DA SUB?"
L'entusiasmo che accompagna tutti i sub durante la frequentazione del loro primo corso subacqueo, quello di primo livello per intenderci, è chiaramente manifestato via via che le lezioni si susseguono in una crescente voglia di fare il passo successivo fino a giungere, finalmente, al sospirato primo tuffo in acque libere. In questo percorso fatto assieme, l'allievo vede nel suo insegnante di cose d'immersioni, sicuramente qualcosa di più di un istruttore, egli se lo figura come un fermo, sicuro e solido punto di riferimento al quale affidarsi totalmente. Emozionato, concentrato e forse anche normalmente un po' teso, si prepara ad affrontare la prima vera immersione, ascoltando il proprio istruttore in quelle che sono le ultime dritte, spiegazioni e chiarimenti scrupolosamente impartiti prima di entrare in acqua. Poi via, si va giù. Una volta avvolto dal fluido con lo scorrer dei minuti, però, il leggero stress latente lentamente scompare lasciando il posto al vero piacere ed al divertimento di trovarsi dentro l'acqua. In un rapporto quasi ombelicale, sempre sotto l'occhio vigile ed attento dell'istruttore, si eseguono i vari esercizi stabiliti e successivamente, sempre al suo seguito, si ha anche il tempo di compiere un giro nei fondali. E' fatta, la prima immersione, quella che non si dimenticherà mai più, è andata, da quel momento si hanno spalancate le porte del sesto continente. Magari, sempre al seguito delle uscite subacquee che organizza l'istruttore, o con un circolo, o ancora con una guida di un diving center, si iniziano a fare con gradualità le esperienze formative della pratica sub. Insomma, il novello sommozzatore, nella stragrande maggioranza dei casi, sente il bisogno psicologico di trovarsi sott'acqua costantemente sotto l'ala protettrice di un esperto che lo supervisiona, e questo iniziale atteggiamento giustamente prudenziale serve a far crescere in lui una nuova propria coscienza nei confronti di un'ambiente e di un'attrezzatura da usare del tutto nuovi e verso i quali deve sempre rapportarsi con la massima attenzione. Questa corretta iniziazione, dettata dalla politica dei piccolo passi, non deve però far instaurare nella struttura mentale del nuovo sub l'atteggiamento di sentirsi sott'acqua sempre sicuro perchè tanto in ogni istante c'è un esperto che pensa a lui: formarsi in questa maniera equivarrebbe a non recidere mai il cordone ombelcale che psicologicamente lo vincola. Staccarsi da questo legame, è la strada per raggiungere la consapevolezza di una piena e completa autonomia subacquea che sarà tanto maggiore, tanto quanto questa nuova via sarà intrapresa senza mai fare i passi più lunghi della gamba. Andando nel concreto, ad esempio, cercarsi un compagno d'immersione tra uno di quelli con i quali si è frequentato lo stesso corso di primo livello, che abbia la stessa esperienza e motivazione ed organizzarsi. Programmare l'immersione stabilendone i parametri di tempo e profondità (naturalmente quest'ultima deve all'inizio essere di gran lunga inferiore a quella dei canonici 18 metri prevista dalle certificazioni di base). Stabilire un dettagliato piano d'immersione da rispettare con il massimo scrupolo (che rigorosamente tenga conto dei consumi personali di ognuno dei sub). Andare in acqua ripetendo tutte le procedure/esercizi imparati, senza essere supervisionati da qualcun altro. Fare affidamento solamente su se stessi ed il proprio compagno per divenire padroni delle proprie decisioni e di quello che ne deriva. Mettere in pratica assieme tutte queste cose, alla riemersione gratificherà oltre misura il sub! Ma non è una questione solamente di personale narcisismo, perchè solo in quel momento si spiccherà davvero il salto che con la pinna giusta e con la necessaria curiosità, spingerà verso una lunga rotta da sommozzatore in grado di dare delle belle soddisfazioni, aggiungendo un importantissimo e fondamentale tassello alla propria storia d'immersionista. Continuando così, verrà naturale compiere costantemente per conto proprio tutti quei piccoli passi, propedeutici a quelli che seguiranno e che porteranno con il tempo, la perseveranza, la pazienza di non saltare a grandi ed inutili balzi, ad avere un ottimo e soprattutto solido e concreto bagaglio di personale vissuto subacqueo che indelebilmente rimarrà dentro e pronto, di sicuro a tornare utile al momento giusto in occasioni future. I consigli di sub più navigati, gli ulteriori corsi (purchè tenuti da istruttori appassionati e con esperienza), la personale documentazione e studio, il fare sempre tante immersioni, logicamente, sono un ulteriore ottimo rinforzo alla preparazione. Concludo dicendo che questo invito, naturalmente, non deve essere frainteso come una spinta ad andare ad immergersi con sconsideratezza e superficialità, anzi! E' esattamente l'esatto opposto: è un invito a scendere sott'acqua con un livello d'attenzione notevolmente più alto rispetto a quello che si avrebbe se invece l'immersione la si facesse con qualcuno che guida ed al quale si demandano totalmente i compiti di controllo. Con il tempo e l'assiduità di fare le proprie esperienze subacquee in tale modo, si arriverà a vivere l'immersione in totale autonomia e libertà, formandosi una forte personalità di subacqueo maturo.
domenica 2 maggio 2010
^^montagna: "CANALE DELLA CLESSIDRA"
Sabato primo maggio 2010
Decidiamo di andare sulla META (2242 mt.), salendo per il canale della "Clessidra".
Partiti dal rifugio Campitelli (1445 mt. raggiunto dal paese di Pizzone perchè la strada proveniente dal lago della Montagna Spaccata è interrotta per frana), già nel bosco incontriamo le prime chiazze di neve, e di seguito diventa continua dai ruderi del fortino abbandonato (1775 mt).
Arrivati alla base della bastionata della montagna calziamo i ramponi e, picozze alla mano iniziamo l'ascensione su pendenze attorno ai 45°.
Superato l'ultimo strappo finale, percorriamo il breve saliscendi di cresta che ci separa dalla vetta vera e propria.
Dopo il riposo gli amici si avviano verso il Monte Tartaro, mentre io scendo con gli sci sull'ampio Canalone Centrale, inconfondibilmente più ampio tra quelli di questo versante, su una bellissima neve trasformata di primavera.
Finita la sciata ripercorro un tratto della piana dei Biscurri e poi riappiccico le pelli di foca e con decise diagonali rimonto verso il lungo filo di resta che separa la cima della Meta da quella del Monte Tartaro.
Ancora giù per la seconda scivolata della giornata fino ai sassi del vecchio fortino dove mi ricongiungo alla cricca..
Decidiamo di andare sulla META (2242 mt.), salendo per il canale della "Clessidra".
Partiti dal rifugio Campitelli (1445 mt. raggiunto dal paese di Pizzone perchè la strada proveniente dal lago della Montagna Spaccata è interrotta per frana), già nel bosco incontriamo le prime chiazze di neve, e di seguito diventa continua dai ruderi del fortino abbandonato (1775 mt).
Arrivati alla base della bastionata della montagna calziamo i ramponi e, picozze alla mano iniziamo l'ascensione su pendenze attorno ai 45°.
Superato l'ultimo strappo finale, percorriamo il breve saliscendi di cresta che ci separa dalla vetta vera e propria.
Dopo il riposo gli amici si avviano verso il Monte Tartaro, mentre io scendo con gli sci sull'ampio Canalone Centrale, inconfondibilmente più ampio tra quelli di questo versante, su una bellissima neve trasformata di primavera.
Finita la sciata ripercorro un tratto della piana dei Biscurri e poi riappiccico le pelli di foca e con decise diagonali rimonto verso il lungo filo di resta che separa la cima della Meta da quella del Monte Tartaro.
Ancora giù per la seconda scivolata della giornata fino ai sassi del vecchio fortino dove mi ricongiungo alla cricca..
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Canale della Clessidra,
MONTE META
lunedì 19 aprile 2010
--immersioni: ACQUACETOSA
Per me curiosare, esplorare, gettare gli occhi in un posto nuovo è estremamente gratificante. Ieri 18 aprile 2010 ho avuto la fortuna di poterlo fare sott'acqua durante un'immersione nel LAGO DI CASTELGANDOLFO. Previa osservazione di una carta nautica con relative curve batimetriche, avevo individuato una zona con un fondale molto inclinato che aveva solleticato già da qualche tempo la mia curiosià...
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racconto
lunedì 29 marzo 2010
^^montagna: MONTE INFORNACE (2469 MT)
Domenica 28 marzo 2010, assieme a Fernando e Gino siamo andati sul MONTE INFORNACE nel gruppo del Gran Sasso.
Abbiamo effettuato la salita con picozza e ramponi dentro lo stretto e ripido canale di Fonte Rionne transitando sopra una neve durissima ed a tratti anche ghiacciata.
Meritato il riposo in vetta.
La discesa l'ho effettuata sciando nel canale detto "Parallelo" che mi ha offerto oltre che selvaggi scorci di guglie e pareti rocciose nascoste, anche una superba e trasformatissima neve di primavera per 600 e passa metri di dislivello.
I miei due compari mi seguivano pestando ancora con i ramponi la neve...che spreco!
Una giornata in montagna da incorniciare!
Questo è il primo "Filmetto" ufficiale delle " zeta zeta filmetti".
Abbiamo effettuato la salita con picozza e ramponi dentro lo stretto e ripido canale di Fonte Rionne transitando sopra una neve durissima ed a tratti anche ghiacciata.
Meritato il riposo in vetta.
La discesa l'ho effettuata sciando nel canale detto "Parallelo" che mi ha offerto oltre che selvaggi scorci di guglie e pareti rocciose nascoste, anche una superba e trasformatissima neve di primavera per 600 e passa metri di dislivello.
I miei due compari mi seguivano pestando ancora con i ramponi la neve...che spreco!
Una giornata in montagna da incorniciare!
Questo è il primo "Filmetto" ufficiale delle " zeta zeta filmetti".
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scialpinismo
lunedì 15 febbraio 2010
--immersioni: ABILI EL SAGHIR
Una macchia di color verde acqua di forma perfettamente circolare si staglia nettamente dal blu del mare profondo tutt'attorno. Confrontando le dimensioni della barca sulla quale stiamo navigando con quelle di questo REEF, stimo che la sua circonferenza debba essere di non più di 200, 250 metri. Siamo arrivati in un momento di bassa marea, e così le sue propaggini coralline si trovano all'aria...
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racconto
domenica 31 gennaio 2010
--immersioni: IMMERSIONE CON BABBO NATALE!
NATALE 2008
Dentro il mio furgone blu, al tepore ed al riparo dai fiocchi di neve che livemente cadono dal cielo grigio, sto indossando la muta. Fra poco m'immergerò nel fiume "silente", il Tirino. Preso dallo scorrere dei miei pensieri, all'inizio non faccio caso a dei rumori che provengono da fuori. Poi, invece, sopra il silenzio totale che si espande nella valle tutt'intorno, ascolto un rumore di acqua che gorgoglia... Esco dall'abitacolo e volgo lo sguardo verso il fiume... Non vedo nulla, ...anzi si! Qualcosa si muove sott'acqua... E che èAguzzo la vista e sotto il tremolare del liquido in superficie vedo una macchia rossa che si muove e si avvicina verso la riva, verso di me! Il rossore subacqueo si ingrandisce sempre più! Non riesco proprio a capire di cosa si tratti... Avanza... Avanza... Meraviglia e stupore si stampano sul mio viso quando la macchia rubiconda esce dall'acqua... Mi ritrovo così faccia a faccia con "nientepopodimenoche".... BABBO NATALE !
Un babbo natale sub!
"E tu cosa ci fai qui?" mi dice con voce tonante
"Io che ci faccio qua? BABBO NATA' mi sa che c'è qualcosa che non quadra," dico io " 'Sto fiumicello lo conosco come le mie saccoccie, praticamente è quasi casa mia! Piuttosto, tu che ci fai quà?" "Beh, io...ehmm...veramente..." tentenna imbarazzato
"Tranquillo BABBO NATA', mica ti mangio, di', racconta dai.." "...Mi sa...."bisbiglia
"Oh BABBO NATA' che cosa ti sa?"
"Mi sa che mi sono perso..." mi dice ad occhi bassi.
"Cosa.......???"
"Ma cosa, cosa?"
"Cosa mi stai dicendo che tu, BABBO NATALE, ti sei perso?" e gli scoppio a ridere in faccia sulla barba bianca!
"oh, però un po' di rispetto, in fondo sono sempre BABBO NATALE, che diamine!" mi replica risentito.
"Scusa BABBO NATA', c'hai ragione! Sai com'è, però, non è che capita tuuti i giorni di trovarsi di fronte un babbo natale sub e che s'è pure perso!" a fatica trattengo le risa!"...A proposito, scusa ma io non mi sono ancora presentato, sono ZETA ZETA, piacere!"
"ZETA ZETA.... e che caxxo di nome è?" ora è lui a scompisciarsi dalle risate, continua..."AGENTE SEGRETO ZETA ZETA" e si sbellica ancora! Chi la fa l'aspetti..1 ad 1 palla alcentro!
"Babbo Nata' è un nome come un altro... "Hi Hi Hi...." sghignazza ancora in tono calante.. Riparto io "BABBO NATA', allora com'è 'sta' storia che ti sei perso?" Smette di starnazzare di colpo...tiè...e riprende il tono dimesso di prima. .......... "Allora racconta, mo' siamo diventati amici no?"
"AMICI!...è una parola grossa!
"BABBO NATA', ma che fai, mercanteggi? Anche tu?"
"Oh agente segreto zeta zeta...hi hi... devo campà pure io...
cogito....e, lampo di genio, gli dico "BABBO NATA', facciamo un patto!"
Che patto?
Tu mi racconti la storia di come ti sei perso, ed io ti faccio da guida sub per un giro sott'acqua dentro 'sto fiume! ....cogita lui adesso e poi mi dice "OK agente segreto ZETA ZETA!" Ed inizia a raccontarmi la faccenda......
..... La notte di natale me ne andavo in giro con la mia slitta trainata dalle renne e come ogni anno stavo consegnando i regali. Sai, un lavoro un po' stressante sotto le case oramai non trovo più da parkeggiare il mio mezzo! poi bisogna arrampicarsi sui tetti, calarsi dai camini con il sacco sempre più pesante sulle spalle, sai l'età...Finalmene, comunque, arrivo all'ultima consegna: poggio il regalino sotto l'albero e faccio per reinfilrmi su per il camino quando vedo appoggiata sul tavolo una bottiglia piena di vino rosso! Oh, fuori faceva freddo, io avevo finito tutto il lavoro per quest'anno, in fondo, perchè no, un cicchettino me lo meritavo proprio!...Glu glu glu...glu glu gu... glu....Hic!...praticamento mi sono scolato tutta la fiaschetta e mezzo m'briaco mi sono addormenato sul pavimento!...Quando di colpo, dopo, mi son svegliato sono corso subito fuori ma le renne non c'erano più!...Disperato sono rientrato in casa ho aperto una porta ed ho trovato st'attrezzatura da sub che così ho prelevato... BABBO NATA' chiamiamo le cose col proprio nome: L'HAI FREGATA!... Agente segreto ZETA ZETA, sei troppo pignolo... comunque queste sono solo piccole sfumature.... insomma mi metto 'sta roba addosso per non farmi riconoscere, rivado giù in strada cammino un po', vedo l'acqua di un fiume, mi ci butto dentro e.... il resto della storia la conosci!
Beh , effettivamente 'na bella storia, ci voleva un po' di fantasia solo ad immaginarla, poi ad esserci capitato dentro!....BABBO NATA', non è che dopo il vinello ti sei fatto pure.....un tocco di fumo?
Ma cosa dici? IO SONO BABBO NATALE!
UUUH e che fai il permaloso mo'? E che sarà mai 'na spippata!...Va be, ora tocca a me, ogni promessa è debito. Mi hai raccontato la tua storia ed io ti porto a fare un bel giro sotto questo bel fiume! ... ... Via giù! ... ... Babbo Natale è pure un bravo sott'acqua ... ... Riemerso s'era tolto la GIUBBA ROSSA e pure un pezzo di muta quando le mie narici hanno sniffato un penetratnte odore... d'acido urico: A BABBO NATA' ma che ti sei scompisciato nella muta? ...Ehm...ma i sub non fanno così...l'acqua era fredda...io c'ho pure 'na cifra d'anni quindi un po' d'incontinenza...
A BABBO NATA', rimettiti immediatamente la muta addosso! ... S'é rivestito di tuto punto con l'attrezzatura e l'ultima cosa che mi ha detto prima di ripartire sott'acqua è stata che doveva assolutamente ritrovare la slitta e le renne perchè il 6 gennaio ha un appuntamento con una "pischelletta strafigona", che fa il suo stesso lavoro, che gli ha promesso non so quale ... regalo! Allora io gli ho detto: "BABBO NATA', ma chi è 'sta pischelletta strafigona la Befana!"
....La conosci anche tu? mi ha risposto.
SOLO IO?...BABBO NATA' la conoscono tutti, e passata e ripassata da tutti! ... E' andato via meditando....
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venerdì 29 gennaio 2010
--immersioni: UN'IMMERSIONE SOLAMENTE...IMMAGINATA
(Piattaforma FRATELLO CLUSTER)
Nonostante l'Abruzzo s'affacci sul medio Adriatico, per noi che ci abitiamo, subacqueamente parlando, è proprio vita grama. Per tutto il litorale, infatti, il fondale degrada lievemente e costantemente con un blando declivio sabbioso/fangogso, per trovare solamente lontano dalla costa delle rilevanti profondità. Quà, dalle nostri parti, rocciose morfologie sottomarine ce le possiamo solamente sognare la notte. A poche decine di chilometri dal mare, in linea d'aria, s'elevano dei massicci montuosi che arrivano a sfiorare anche 2900 metri di quota e, ironia della sorte, non sono altro che masse di calcare che milioni d'anni fa erano il fondo di caldi mari. Non di rado capita, infatti, che girovagando per questi monti ci si può imbattere in reperti fossili di conchiglie oppure anche denti di squalo. Comunque noi sfortunati, sempre subacqueamente parlando, sub abruzzesi le immersioni le dobbiamo inventare, oppure...immaginare!
E' il crepuscolo dell'alba di un mattino d'estate...
mercoledì 27 gennaio 2010
--immersioni: "ARDETECE LI' CANNILICCHIE !"
Oramai girando per le città gli sguardi non possono fare a meno, purtroppo, d'osservare muri, facciate di case, monumenti, mezzi pubblici e quant'altro, letteralmente imbrattati di scritte e disegni vari, fatti generalmente con vernici a spruzzo contenute in bombolette spry, che, decisamente fastidiosi, deturpano il paesaggio urbano...
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martedì 26 gennaio 2010
--immersioni: CHIACCHIERE TRA OCHE
CHIACCHIERE DA OCHE
-Quack...Quack....(traduz: Vladimiro, dove sei?) -Quaaa...ck...qua...qua...qua...(trad.: sono qui Genoveffa, arrivo!)
-QuaQuaquaquaquaqua...(tradu.: ci sono anch'io ragazzi!)
-Quack, quack...trad.:é arriavata pure quella che non sputa mai...
Ciao cara, che gioia rivederti Clarona!
-Quaquaquaquaquaquaqua...(trad.:Siii, sono proprio io e con me c'è anche Astolfo!)
-Quack...(ciao a tutta la compagnia!)
-...
-...
--immersioni: SUB SANO IN CORPORE SANO
31/10/2009 - Partendo dal presupposto che una “scrupolosa visita medica”, da ripetere a cadenza periodica, ed un “addestramento approfondito” (corsi), sono un ottimo passaporto di ingresso nell’attività subacquea, nel prosieguo della carriera sotto le onde è consigliabile alternare alle immersioni un percorso di vita sportiva fatto di un costante allenamento fisico da praticare almeno 2-3 volte la settimana, infatti un’attività di tipo “aerobico”, aiuta non poco il benessere dell’organismo in generale ed in particolare quello del sub durante le sue immersioni.
Senza entrare in approfondimenti specifici riguardanti la complessa fisiologia umana, schematizzando, si può dire che le attività così dette “aerobiche” sono quelle che sfruttano prevalentemente le risorse energetiche provenienti dal consumo dell’ossigeno, cioè da una fonte praticamente inesauribile alla quale si può attingere con la normale respirazione. Queste attività possono essere ad esempio il nuoto, la corsa, il ciclismo, lo sci da fondo, naturalmente praticate su distanze medie e lunghe.Le attività “anaerobiche”, sono invece quelle che sfruttano altri tipi di riserve (immagazzinate nei muscoli ed in taluni organi) in grado di fornire un’energia decisamente più intensa ma di durata, in termini di tempo, di gran lunga inferiore. Un classico esempio di attività anaerobica è la corsa sui 100 metri piani, lo sprint veloce puro.
L’allenamento utile alle immersioni, quello che ci interessa, è quello aerobico. Questa pratica, se fatta con costanza nel tempo, abitua l’apparato cardiocircolatorio a sopportare meglio le fatiche.Con l’allenamento, infatti, intervengono delle vere e proprie variazioni fisiche su organi ed apparati come cuore, polmoni, muscoli, e chimiche/fisiologiche a livello di complessi meccanismi cellulari.L’allenamento in pratica è un adattamento dell’organismo, tutto, alle nuove situazioni che si trova ad affrontare.Uno degli adattamenti che si verificano, nel corso del costante allenamento nel tempo, è quello dell’aumento della pervietà della rete dei piccolissimi capillari sanguigni.
Oltre a quelli di una generalizzata sensazione di benessere, specificatamente per quello che riguarda l’attività subacquea, i vantaggi riscontrabili a seguito dell’allenamento aerobico saranno riferiti alla diminuzione dei consumi personali dei gas respirati ed alla capacità di percepire meglio il sopraggiungere della pericolosa crisi d‘affanno.Naturalmente questi utili benefici saranno ad appannaggio di tutta la vasta tipologia di sub: da quelli che effettuano poche immersioni durante l’anno, a quelli che invece hanno una più assidua frequentazione con le immersioni sportive.
Come tutti sanno, durante un lavoro organico di qualsiasi tipo, l’elemento di scarto della combustione dell’ossigeno è l’anidride carbonica. L’anidride carbonica, quindi, è sempre prodotta normalmente. E’ l’eccesso di anidride carbonica, che l’organismo non riesce a smaltire in tempi brevi, ad essere la causa di potenziali problemi. In un fisico allenato aerobicamente, il recupero, cioè l’eliminazione dell’anidride carbonica, accadrà in modo molto più veloce rispetto a quello che invece succede in uno non allenato. Ad esempio, un sedentario arriverà al termine di un tratto di corsa con il fiato grosso. Uno sportivo con molto meno fiato grosso.Soprattutto, però, lo sportivo sarà pronto a compiere un altro tratto a ritmo sostenuto molto prima dell’altro perché il suo organismo rientrerà nei parametri della normalità fisiologica in tempi più veloci.Nella pratica, il sedentario avrà quello che è chiamato comunemente “fiatone“, in un certo arco di tempo lui compirà molti più atti respiratori rispetto all’altro. Nella situazione del sub immerso, questa maggior frequenza ventilatoria si traduce in maggiori consumi e non ottimale rimozione dell'anidride, quindi minor durata della scorta di gas immagazzinati nella bombola.
L’altra bestia nera del sub, è la crisi di affanno respiratorio: chi l’ha vissuta in prima persona racconta di essere arrivato ad una spiacevolissima sensazione di fame d’aria, se non addirittura ad un pauroso senso di soffocamento. Anche in questa situazione, un fisico allenato aerobicamente percepisce meglio e prima l’aumentare dei giri del suo motore, il pericoloso fiato corto e veloce (campanello d’allarme di una cattiva respirazione causata da eccesso di CO2), rispetto ad un fisico non allenato che risponderà in ritardo alla situazione innescata, e quando oramai il meccanismo è più complicato da gestire.
Va inoltre fatta un’altra seria considerazione sul fattore allenamento. Il cuore di un fisico allenato è un apparato pronto e reattivo in grado di subire carichi di lavoro superiori alla norma.In immersione può capitare di ritrovarsi in situazioni, anche se non volute e cercate,di forte stress fisico (ad esempio nuotare con le pinne energicamente per un lungo tratto controcorrente, trascinare/sollevare qualcosa di gravoso), emotivo (come uno spavento), o di temperatura (acqua fredda). In questi casi il cuore di colpo si troverà a dover sopportare carichi di lavoro sicuramente maggiori rispetto a quelli di situazioni di vita normali. Sono “intuibili” le conseguenze che possono verificarsi a seguito del cedimento della “pompa cardiaca” sottoposta a mai provati surplus lavorativi.
Praticando attività aerobiche 2-3 volte a settimana con una durata minima di una quarantina di minuti, aiuteremo il nostro organismo non solo nella nostra vita di subacquei.
Il discorso fatto all’inizio sulla scrupolosa visita medica, ha maggior peso se riferito a quelle persone che vogliono iniziare a praticare per la prima volta nella loro vita una qualche forma di allenamento/preparazione fisica. Anche in questo caso è intuibile il motivo: da un giorno all’altro il sistema cardiocircolatorio si troverà a dover lavorare con un carico maggiore rispetto a quelli ai quali fino a poco tempo prima era abituato.
L’allenamento in fondo è un graduale adattamento dell’organismo a nuove condizioni stressanti. Questo adattamento deve assolutamente avvenire in modo lento, gradino per gradino e con metodica costanza. Altre vie non esistono, a meno che non si voglia barare con se stessi. Il tempo dedicato a tale pratica dovrebbe far parte dei normali impegni che ognuno ha nella propria vita, pensando che, in fondo, va visto come un investimento a lungo termine. Naturalmente, come tutti gli investimenti esso ha un costo espresso in fatica, sudore e piccoli sacrifici.
L’allenamento effettuato con costanza porta nel corso del tempo ad una sorta di assuefazione e quando, per un qualsiasi motivo, si è costretti ad interromperlo per un periodo se ne sente fisicamente la mancanza, come il fumatore incallito sente la mancanza della sua subdola amante, la sigaretta.A tal proposito è utile sottolineare ancora che sub o non sub, sportivo o non sportivo, SIGARETTE E FUMO SONO ASSOLUTAMENTE DA EVITARE!
A conclusione si può dire che per quello che riguarda le attività aerobiche da praticare utili alla subacquea, nella scelta metterei sicuramente in una posizione privilegiata, rispetto alle altre citate, il nuoto per chiare ed evidenti affinità acquatiche con l’immersione.Aggiungo che lo scopo di questo scritto è quello di ricordare alcuni “antichi” e sani principi, ancor più validi in quest’epoca moderna immersa in tantissima comoda frenesia e pochissimo utile movimento, e non quello di fornire delle tabelle, programmi, tipi di allenamento che richiederebbero una trattazione più personalizzata e specifica. Al di là comunque della forma di training che si sceglie di fare è, e lo sottolineo ancora una volta, la costanza nel corso del tempo della preparazione a dare i suoi frutti non solo direttamente sul fisico ma anche sulla mente.
Giacinto Marchionni
Senza entrare in approfondimenti specifici riguardanti la complessa fisiologia umana, schematizzando, si può dire che le attività così dette “aerobiche” sono quelle che sfruttano prevalentemente le risorse energetiche provenienti dal consumo dell’ossigeno, cioè da una fonte praticamente inesauribile alla quale si può attingere con la normale respirazione. Queste attività possono essere ad esempio il nuoto, la corsa, il ciclismo, lo sci da fondo, naturalmente praticate su distanze medie e lunghe.Le attività “anaerobiche”, sono invece quelle che sfruttano altri tipi di riserve (immagazzinate nei muscoli ed in taluni organi) in grado di fornire un’energia decisamente più intensa ma di durata, in termini di tempo, di gran lunga inferiore. Un classico esempio di attività anaerobica è la corsa sui 100 metri piani, lo sprint veloce puro.
L’allenamento utile alle immersioni, quello che ci interessa, è quello aerobico. Questa pratica, se fatta con costanza nel tempo, abitua l’apparato cardiocircolatorio a sopportare meglio le fatiche.Con l’allenamento, infatti, intervengono delle vere e proprie variazioni fisiche su organi ed apparati come cuore, polmoni, muscoli, e chimiche/fisiologiche a livello di complessi meccanismi cellulari.L’allenamento in pratica è un adattamento dell’organismo, tutto, alle nuove situazioni che si trova ad affrontare.Uno degli adattamenti che si verificano, nel corso del costante allenamento nel tempo, è quello dell’aumento della pervietà della rete dei piccolissimi capillari sanguigni.
Oltre a quelli di una generalizzata sensazione di benessere, specificatamente per quello che riguarda l’attività subacquea, i vantaggi riscontrabili a seguito dell’allenamento aerobico saranno riferiti alla diminuzione dei consumi personali dei gas respirati ed alla capacità di percepire meglio il sopraggiungere della pericolosa crisi d‘affanno.Naturalmente questi utili benefici saranno ad appannaggio di tutta la vasta tipologia di sub: da quelli che effettuano poche immersioni durante l’anno, a quelli che invece hanno una più assidua frequentazione con le immersioni sportive.
Come tutti sanno, durante un lavoro organico di qualsiasi tipo, l’elemento di scarto della combustione dell’ossigeno è l’anidride carbonica. L’anidride carbonica, quindi, è sempre prodotta normalmente. E’ l’eccesso di anidride carbonica, che l’organismo non riesce a smaltire in tempi brevi, ad essere la causa di potenziali problemi. In un fisico allenato aerobicamente, il recupero, cioè l’eliminazione dell’anidride carbonica, accadrà in modo molto più veloce rispetto a quello che invece succede in uno non allenato. Ad esempio, un sedentario arriverà al termine di un tratto di corsa con il fiato grosso. Uno sportivo con molto meno fiato grosso.Soprattutto, però, lo sportivo sarà pronto a compiere un altro tratto a ritmo sostenuto molto prima dell’altro perché il suo organismo rientrerà nei parametri della normalità fisiologica in tempi più veloci.Nella pratica, il sedentario avrà quello che è chiamato comunemente “fiatone“, in un certo arco di tempo lui compirà molti più atti respiratori rispetto all’altro. Nella situazione del sub immerso, questa maggior frequenza ventilatoria si traduce in maggiori consumi e non ottimale rimozione dell'anidride, quindi minor durata della scorta di gas immagazzinati nella bombola.
L’altra bestia nera del sub, è la crisi di affanno respiratorio: chi l’ha vissuta in prima persona racconta di essere arrivato ad una spiacevolissima sensazione di fame d’aria, se non addirittura ad un pauroso senso di soffocamento. Anche in questa situazione, un fisico allenato aerobicamente percepisce meglio e prima l’aumentare dei giri del suo motore, il pericoloso fiato corto e veloce (campanello d’allarme di una cattiva respirazione causata da eccesso di CO2), rispetto ad un fisico non allenato che risponderà in ritardo alla situazione innescata, e quando oramai il meccanismo è più complicato da gestire.
Va inoltre fatta un’altra seria considerazione sul fattore allenamento. Il cuore di un fisico allenato è un apparato pronto e reattivo in grado di subire carichi di lavoro superiori alla norma.In immersione può capitare di ritrovarsi in situazioni, anche se non volute e cercate,di forte stress fisico (ad esempio nuotare con le pinne energicamente per un lungo tratto controcorrente, trascinare/sollevare qualcosa di gravoso), emotivo (come uno spavento), o di temperatura (acqua fredda). In questi casi il cuore di colpo si troverà a dover sopportare carichi di lavoro sicuramente maggiori rispetto a quelli di situazioni di vita normali. Sono “intuibili” le conseguenze che possono verificarsi a seguito del cedimento della “pompa cardiaca” sottoposta a mai provati surplus lavorativi.
Praticando attività aerobiche 2-3 volte a settimana con una durata minima di una quarantina di minuti, aiuteremo il nostro organismo non solo nella nostra vita di subacquei.
Il discorso fatto all’inizio sulla scrupolosa visita medica, ha maggior peso se riferito a quelle persone che vogliono iniziare a praticare per la prima volta nella loro vita una qualche forma di allenamento/preparazione fisica. Anche in questo caso è intuibile il motivo: da un giorno all’altro il sistema cardiocircolatorio si troverà a dover lavorare con un carico maggiore rispetto a quelli ai quali fino a poco tempo prima era abituato.
L’allenamento in fondo è un graduale adattamento dell’organismo a nuove condizioni stressanti. Questo adattamento deve assolutamente avvenire in modo lento, gradino per gradino e con metodica costanza. Altre vie non esistono, a meno che non si voglia barare con se stessi. Il tempo dedicato a tale pratica dovrebbe far parte dei normali impegni che ognuno ha nella propria vita, pensando che, in fondo, va visto come un investimento a lungo termine. Naturalmente, come tutti gli investimenti esso ha un costo espresso in fatica, sudore e piccoli sacrifici.
L’allenamento effettuato con costanza porta nel corso del tempo ad una sorta di assuefazione e quando, per un qualsiasi motivo, si è costretti ad interromperlo per un periodo se ne sente fisicamente la mancanza, come il fumatore incallito sente la mancanza della sua subdola amante, la sigaretta.A tal proposito è utile sottolineare ancora che sub o non sub, sportivo o non sportivo, SIGARETTE E FUMO SONO ASSOLUTAMENTE DA EVITARE!
A conclusione si può dire che per quello che riguarda le attività aerobiche da praticare utili alla subacquea, nella scelta metterei sicuramente in una posizione privilegiata, rispetto alle altre citate, il nuoto per chiare ed evidenti affinità acquatiche con l’immersione.Aggiungo che lo scopo di questo scritto è quello di ricordare alcuni “antichi” e sani principi, ancor più validi in quest’epoca moderna immersa in tantissima comoda frenesia e pochissimo utile movimento, e non quello di fornire delle tabelle, programmi, tipi di allenamento che richiederebbero una trattazione più personalizzata e specifica. Al di là comunque della forma di training che si sceglie di fare è, e lo sottolineo ancora una volta, la costanza nel corso del tempo della preparazione a dare i suoi frutti non solo direttamente sul fisico ma anche sulla mente.
Giacinto Marchionni
--immersioni: I PICCHI DI ELENA
Isole Tremiti
L'acqua straordinariamente pulita e tersa è davvero invitante. Dalla sommità più elevata della Secca delle Vedove, invece di seguire il solito itinerario...
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domenica 24 gennaio 2010
--immersioni: LA MARINELLA IN CARRIOLA!
MAGGIO '09
La Marinella è un piccolissimo borgo di pescatori, appartenente al comune di Palmi(RC), incastonato tra ripidissime pareti rocciose che cadono quasi a perpendicolo nel mare blu della punta dello stivale. La spiaggia è composta principalmente da un acciottolato di grosse dimensioni reso tondeggiante dall'eterna azione di risacca delle onde. La particolare posizione la rende raggiungibile oltre che via mare anche da una stretta strada che, tornante dopo tornante, scende dall'alto...
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venerdì 22 gennaio 2010
--storie: AGHI DI PINO
Il giardiniere con il passo lento ed un po' strascicato, che l'età gli consentiva, camminava immerso nei suoi pensieri. Il manico di legno del rastrello poggiato sulla spalla completava la sua asciutta figura lievemente curva su se stessa. Come sempre si stava recando in quella zona della tenuta chiamata da tutti "La pineta"...
--immersioni: LA BORRACCIA
Un pescatore con la sua canna tra le mani pazientemente, da più di un'ora, è seduto quasi immobile su un sasso tra arbusti ed alberelli in prossimità dell'acqua del lago. La stessa posizione un po' rannicchiata, mantenuta praticamente senza muovere muscolo al freddo del mattino presto degli 800 metri di quota, gli ha un indolenzito le gambe...
giovedì 21 gennaio 2010
--immersioni/montagna: MONTAGNE SOMMERSE
Un giorno sotto l'ombrellone al mare una signora curiosissima chiese a mia figlia: "Ciao piccolina, ma il tuo papà che lavoro fà?"
Lei prima di parlare ci rimuginò su, poi radiosa le disse:
"Le immersioni in montagna!"
Aveva elaborato questa diretta, semplice ed efficace risposta nella sua mente fresca.
E come poteva non essere altrimenti?
Appassionato, o meglio, malato d'immersioni ed amante della montagna, in tutto il mio tempo libero pratico queste due attività nel rapporto di tre a uno, tre immersioni per un'ascensione.
Lei puntualmente quando vede che armeggio con pinne, maschere, bombole da sub o zaini, corde, sci ed altri ammenicoli, vuole sapere dove sto andando, ricevendo sempre le due solite risposte: immersioni e montagna!
Così è come mi vede, nel suo mondo cristallino, ma in fondo pensandoci bene è proprio così che mi vedo anch'io!
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