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PESCARA, PE - Pescara, Italy


Da sempre appassionato d'immersioni che ho iniziato in apnea e dal 1981 con autorespiratori ad aria, ossigeno e circuito chiuso. Nel poco tempo rimanente mi arrampico sopra qualche montagna.
Tuffi e scalate li racconto con "filmetti", parole e foto.

martedì 31 gennaio 2012

--immersioni: "LE LUCI DANZANTI"

In genere le acque del Lago di Paterno per gran parte dell'anno offrono spettacoli scuri e torbidi.
Solamente in un certo periodo e cioè nei mesi freddi di gennaio e febbraio, almeno così ci aveva detto un "locale", aprono i loro sipari con visuali più limpide.
Fiduciosi di queste parole siamo andati.
Macchè, neanche a parlarne!
Di sicuro tra tutte le immersioni che ho effettuato qui quella di oggi è stata quella nella quale abbiamo trovato la peggior visibilità in assoluto!
Solamente il grande affiatamento della "squadra" e le "LUCI DANZANTI" degli amici erano dei sicuri punti di riferimento in questo verde scuro paludoso. La nostra discesa si è fermata a circa 48 metri, dove la ripida sponda sulla quale siamo scesi abbatteva la sua pendenza. Per raggiungere il punto più fondo a 54 metri avremmo dovuto percorrere ancora un tratto nell'acqua ancor più torbida.

lunedì 9 gennaio 2012

^^montagna: "TOPPE VURGO (1917 mt)"

Posti poco frequentati spesso possono regalare delle soddisfazioni in termini di scoperta di piccoli angoli paesaggistici unici.
Così è stato mentre sci ai piedi salivamo alle Toppe Vurgo (1917 mt.) (zona Piana delle Cinque Miglia, Roccaraso), attraversando delle strette gole di roccia completamente innevate.

sabato 7 gennaio 2012

--immersioni: "EPIFANIA 2012"



Carico con il bibombola 12+12 sulle spalle e con la fotovideocamera in una mano, facendo molta attenzione mentre sto percorrendo in discesa il ripido ed oggi fangoso e scivoloso stretto viottolo che porta verso l'acqua, mi sento salutare: "Ciao!"
Mi trovo davanti un tipo in completa mimetica militare e con stivaloni di gomma. Ricambio il saluto, lui sta trasportando in salita una batteria per automobili in una mano e nell'altra un piccolo motore fuoribordo del tipo elettrico.
E' un pescatore sportivo che sta sbaraccando la sua attrezzatura.
Raggiungo le sponde del lago dove di fianco alle mie pinne ed il caschetto con il faretto, che in una precedente discesa avevo portato giù c'è una piccola barchetta di plastica di color verde scuro, deve essere del pescatore.
Il tempo d'entrare con i piedi nell'acqua ed iniziar ad infilare le pinne che il tipo ritorna e, caricandosi il mezzo nautico in spalla, inizia faticosamente ad arrancare su.
Allora gli dico:"Certo che da queste parti il matto non sono solamente io!"
Si gira interrogativamente, poi afferrato il senso della mia battuta sorride e continua: "Sai, è da quattro giorni che sono accampato intorno a questo lago per pescare!"
"Però!" dico io, "Proprio una bella passione la tua!"
"Ognuno ha la sua!" ribatte lui.
E già, ha ragione. E' proprio vero, ognuno ha la sua.
Partito in piena notte da casa, arrivato all'albeggiare, sto preparandomi per una immersione profonda in solitaria nel Lago di Castelgandolfo in un sito che offre delle incredibili pendenze con l'intenzione d'esplorare una zona dove non sono mai stato.
Sistematomi per bene mi lascio andare completamente nel lago per percorrere un breve tratto in superficie fino ad uno scoglio che, un po' in alto sulla sponda, m'indicherà la partenza dell'immersione.
Sono pronto e vado.
Inizio cautamente la discesa perchè in questa zona l'acqua è molto lattiginosa ed i miei occhi non ancora si sono abituati, e per imboccare uno stretto canalone sommerso che inizia più o meno a 30 metri devo usare la bussola seguendo le indicazioni della rotta che conosco.
Nell'acqua diventata scura già dopo pochi metri rasento giganteschi massi accatastati. Ecco alla mia destra ed alla mia sinistra vedo le sponde del canale grazie all'acqua ora pulita e limpidissima. Noto "il segnavia": una sedia di plastica bianca buttata quaggiù che incontro ogni volta che m'immergo da queste parti.
Mi mantengo sul lato orografico sinistro di questa goulotte sommersa e continuo la discesa.
Ho in mano la fotovideocamera dentro la custodia però per il momento, faccio solo pochi scatti perchè sono molto concentrato sull'immersione.
Rallento ancora la discesa arrivando a 50 metri.
Gonfio un po' la stagna ed il gav, sono in assetto neutro ad un metro dal fondo. Controllo al tatto i rubinetti del "bibo" dietro la testa, e continuo lentamente. Dei grossi massi scuri d'origine lavica e piccole paretine si alternano a zone di rena spoglie.
L'illuminatore sub rischiara la strada sotto di me che fra poco andrò a percorrere.
Per quanto potente la luce, l'orizzonte che mi apre agli occhi è limitatissimo dal buio intorno però quello che vedo basta a gratificarmi: la pendenza è notevolissima.
Vado giù.
Supero i sessanta metri ed adesso scendo al rallentatore. Sento il mio respiro lento, controllo ancora i rubinetti e le luci di rispetto, una sul caschetto e l’altra agganciata con un moschettone al giubbetto.
Scelgo un grande masso e con calma mi ci dirigo.
Quaggiù c‘è un panorama lunare freddo, buio e terso. Le mie idee e le mie azioni sono altalenanti: un momento penso alla bellezza di quello che ora in questo breve tempo io solo, un po’ egoisticamente, posso osservare; il momento successivo sono a controllarmi, a verificare l’attrezzatura a monitorare. Questa altalena non ha dei breck di pausa durante i quali ragionando mi dico. “Bene, ora cambio modalità, ma procede in automatico in flusso continuo.
Osservo i due strumenti al polso che mi danno la profondità, ho raggiunto la quota stabilita e non vado oltre, 78 metri.
Mi assesto caricando ancora poco la stagna ed adesso assaporo appieno il tempo.
Come da programma che mi era prefissato, al contrario di quello che abitualmente faccio assieme ai miei amici d’immersione quando siamo qui, cioè di accostare sulla mia dritta, lo faccio invece verso sinistra per esplorare un’ampia zona sulla quale non ho mai posato gli occhi.
Non è che oggi sia alla ricerca di un qualcosa di particolare magari indirizzato dalle dritte di qualcuno.
Oggi girovago senza meta apparente, in assoluta libertà, alla ricerca di nulla di preciso.
A queste profondità non trovo buttati manufatti umani come invece se ne trovano a iosa proprio ad un tiro di sasso dalle sponde, è tutto pulito qui. Meglio.
Massi, pareti alte tre, quattro metri, corridoi tra rocce, arenili fortemente inclinati si parano davanti e generano lunghe ombre dietro di loro una volta investiti dalla mia luce artificiale. Con misurati colpi di gambe, senza mai assolutamente spingere oltre lo sforzo muscolare, avanzo con calma. Solo così e senza fretta i miei occhi possono registrare il panorama intorno.
Inizio ad adoperare in maniera più sistematica la fotovideocamera, cercando scorci.
Mi fermo e spengo completamente tutti gli illuminatori. Volgendo lo sguardo in alto dopo un po’ gli occhi nonostante la profondità riescono a percepire appena i contorni rocciosi.
E’ giunto il momento d’iniziare a riportarmi a quote superiori.
Allento un po‘, svitandola, la valvola di scarico della stagna posta sul braccio sinistro in modo tale da far fuoriuscire dal mio vestito di protezione l’aria in eccesso che si espanderà.
Continua il viaggio.
L’acqua su in alto riprende lentamente un colore verde scuro a sfumare verso tinte più chiare.
A trenta metri rincontro la zona più lattea che a tratti mi farà compagnia fino al termine del tuffo.
Nel momento fisico del passaggio dal limpido profondo al latteo superiore devo, per forza di cose, rallentare e riadattare l’andatura.
Una lunga, ma non per questo noiosa decompressione mi aspetta, ne approfitto per cercare spunti fotosub che mi vengono offerti dai tanti tronchi e rami caduti dalle sponde nell’acqua.