DIVING & MOUNTAINS
Quando
mia figlia
era piccola,
un giorno
una signora
troppo curiosa
le chiese:
"MA CHE LAVORO FA
IL TUO PAPA' ?"
Lei ci pensò
un po' su.
Poi le rispose:
"LE IMMERSIONI
IN MONTAGNA !"
- Giacinto "zeta zeta" Marchionni
- PESCARA, PE - Pescara, Italy
Da sempre appassionato d'immersioni che ho iniziato in apnea e dal 1981 con autorespiratori ad aria, ossigeno e circuito chiuso. Nel poco tempo rimanente mi arrampico sopra qualche montagna.
Tuffi e scalate li racconto con "filmetti", parole e foto.
venerdì 20 dicembre 2024
^^montagna: "CHI SI CONTENTA ... GODI"
Le previsioni meteo riconsultate poco prima di mettermi in macchina, confermavano che in tutto l'Abruzzo interno montano ci sarebbe stata una finestra di bel tempo solo fino a mezzogiorno circa, poi sarebbero arrivati fitta copertura nuvolosa e nevischio.
Presa la decisione, al mio solito sono partito molto prima della buon'ora ed alle sette del mattino arrivavo e parcheggiavo immediatamente dopo il Valico di Monte Godi a poco più di 1600 metri di quota dove, ad un'ottima temperatura di -4°C per salire, ho iniziato pestando neve crostosa che per tutta la traccia alternava tratti portanti e sfondanti.
Divagandomi con ramponi e picche sono salito per il fianco di nord-est della montagna, e su pendenze attorno ai 40° con alcuni passi più inclinati tra le rocce, al sole che intanto s'era levato, ho raggiunto il crinale sommitale.
Con giro a semicerchio che offre bei panorami sui monti imbiancati del Parco Nazionale d'Abruzzo, Lazio e Molise, arrivavo ai 2011 metri della cima di Monte Godi.
Come da previsioni, le vette verso est erano già coperte da spessi nuvoloni scuri che avanzavano iniziando anche a velare il sole sopra di me, quindi dopo qualche minuto di relax ho preso la via per scendere.
Già nevischiava mentre accendevo il motore.
domenica 8 dicembre 2024
--immersioni: "OPERAZIONE CONGIUNTA"
Grazie a Max, amico di scalate ma non sub, che ho coinvolto e che materialmente mi ha aiutato nel trasporto degli equipaggiamenti da immersione, sono riuscito a realizzare il progetto di una prolungata esplorazione sotto la sponda sud-occidentale del Lago di Albano/Castelgandolfo(Roma).
Arrivato che mancava poco all'alba, vedevo che la superficie era spazzata dal previsto vento teso e freddo che formava piccole onde, però non fastidiose.
Finito tutto il pre-dive sull'apparato ed ultimato il resto, non appena Massimo mi raggiungeva caricavamo e legavamo per bene il rebreather e la bombola di bail-out sui due carrellini portamateriali apposta approntati per lo spostamento di un chilometro e seicento metri dal parcheggio fino al sito d'inizio immersione, che da tempo con ricognizioni avevo scelto per verificarne distanza e comodità di accesso all'acqua.
Caricati poi in spalla lui uno zaino con pinne, maschera ed altri accessori sub, ed io il g.a.v. side-mount dedicato, con passo tranquillo ci siamo mossi in senso antiorario attorno all'ovale del lago trainando i carrellini che si sono comportati in maniera egregia anche sul sentiero. Manovra non da meno agevolata anche dal peso e volume ridotto del rebreather Liberty side-mount rispetto ad un tipico e.c.c.r. ad indossaggio posteriore.
Con andatura da montagna e chiacchiere intervallate da brevi pause, in poco più di mezz'ora raggiungevamo la spiaggetta d'inizio sulla costa meridionale del lago.
Dopo aver posato tutta l'attrezzatura al bagnasciuga, prima di incominciare mi prendevo un breve riposo comodamente seduto mentre sgranocchiavo cioccolata.
Ripreso fiato entravo in acqua, agganciavo il reb. ed il bail-out a destra ed a sinistra, salutavo Max e m'infilavo sotto il lago.
Come diluente aria nel circuito chiuso e la minima ridondanza di una 11 litri in aperto, il mio programma logicamente non era quello di fare un'immersione profonda, ma dopo una veloce capatina sui cinquanta metri effettuare la lungha perlustrazione di un chilometro e mezzo in senso orario a batimetriche tra i venti e dieci metri, spingendo con le pinne.
Sul fondale di modesta pendenza composto da sedimento fangoso con sopra pochi sassi e scogli distanti tra loro, mi lasciavo alle spalle la sponda guadagnando con molta lentezza metri verso il basso per raggiungere il target della quota programmata. Poi ho invertito indirizzandomi verso l'alto attraversando fasce d'acqua con visibilità, a parte per qualche tratto, tutto sommato sufficiente.
Ad un certo momento della risalita, in una zona non estesa di fango molto compatto, mi colpiva un singolare tipo d'erosione mai notato prima, o per lo meno non in modo così marcato. Erano delle nette scanalature scavate verticalmente e parallele tra loro che mi hanno fatto subito pensare potessero essere state causate da emissioni di gas o fluidi che sgorgando dal fondale di consistenza di tipo coeso-argilloso, risalivano dritte dal basso verso l'alto, ed in un preciso punto c'erano anche dei profondi buchi circolari generati allo stesso modo.
Se invece fossero state erosioni in caduta dall'alto verso il basso come a seguito di forti piogge che trascinano sul fondo piccole frane di detriti, avrebbero creato dei solchi diversi, che qui ho già visto però più sottocosta e su pendenza decisamente maggiore rispetto a quella di dove mi trovavo.
Naturalmente queste sono solo mie considerazioni fatte al momento, magari qualcuno più competente di laghi vulcanici potrebbe spiegare meglio. Comunque in questo bacino sono note da moltissimo tempo emissioni, e per mia esperienza diretta mi capita di attraversare zone d'acqua non limpida ma biancastra dovute a fuoriuscite solforose che se dovessero trafilarne alcune gocce all'interno della maschera se ne sentirebbe subito il caratteristico odore di uova marce.
Mi sono fermato per registrare il video, poi ho ripreso la rotta in senso orario.
Dal fango sono passato a nuotare su scogli e massi del fondo inclinato, in mezzo ad un intreccio di rami e tronchi d'alberi giganteschi sradicati all'aria e dopo affondati. Sono transitato al lato di una rete da pesca incagliata ed attorcigliata su se stessa che sembrava un albero di natale.
I minuti che scorrevano sono diventati un'ora. Come pietra miliare delle distanze avevo, ed ho, il relitto di una Fiat 500 che normalmente si raggiunge in mezz'ora d'immersione a pinne partendo da sotto il parcheggio ed in direzione opposta a quella che seguivo.
Non l'ho mai immaginato come un percorso con tabella oraria, ma esattamente il contrario: un lento viaggio per avere il tempo di osservare con calma, quindi non mi sono mai affrettato. Se c'era qualcosa che m'interessava mi prendevo i minuti occorrenti, altrimenti proseguivo con ritmo lento, comunque senza mai forzare l'andatura subacquea.
Per questo motivo Max ed io ci eravamo accordati per un orario di riemersione di massima e non fisso per evitare nel probabile caso di prolungamento della durata dell'immersione: pensieri a lui che aspettava all'aria, ed a me la fretta di arrivare ad orario spaccato.
Osservavo con attenzione il panorama che allo stesso tempo era uguale e diverso, e che perciò come sempre mi incuriosiva parecchio.
Alla mia silenziosa apparizione due tozze carpe scure velocemente mi sfilavano di fianco.
Incastrato tra grandi i massi vulcanici vedevo il relitto di una canoa, dopo transitavo sotto l'ennesimo grande tronco d'albero affondato, un suo ramo curvo formava un arco.
Nella penombra dell'acqua, non limpidissima per la sospensione presente, al 120° minuto vedevo quello che da lontano pareva essere uno scoglio, ma che poi invece da vicino si materializzava nel piccolo "Cinquino" FIAT ricoperto di alghe.
Ne avevo ancora per una trentina di minuti alla riemersione, e se pure dovevo ancora sgambettare oramai ero nei paraggi di "casa" perchè sul bassofondo riconoscevo, visti e rivisti, un paio di pedalò e diverse barchette, come pure purtroppo il ciarpame di scarto indifferenziato per la maggior parte volutamente gettato oppure, ma in parte davvero minima, perso.
Pneumatici e cerchioni di automobili a iosa, pentole, bottiglie di vetro e plastica, un carello per natanti sfasciato, tubi spaccati di grandezze e materiali diversi, stivali di gomma, scarpe e ciabatte spaiate, blocchi di cemento, mattonelle, pezzi di guard-rail, posate, bicchieri, piatti, cartelli stradali, pezzi di ferro, lamiere, un water, e poi ... ecc. ecc. Ciò perché in questa zona del lago la strada accessibile alle macchine è vicinissima all'acqua. Oggi ho verificato di persona che sotto gran parte della sponda sud-ovest, dove all'aria si snoda solo un sentiero e per di più non vicino al greto dell'acqua, per la stessa logica (incivile), di pattume sommerso ce n'è praticamente niente.
Come previsto, nel finale dalla bassa profondità ho lanciato il pedagnetto in superficie per segnalare ed avvisare all'amico che aspettava su a riva che ero rientrato in zona.
Con una voragine nello stomaco per la fame e nelle gambe due ore e quaranta minuti di scorrere del timer sub, ero arrivato al termine del viaggio iniziato però nella mia testa non ricordo quando.
domenica 1 dicembre 2024
^^montagna: "CIMA POMILIO"
Lungo tour invernale sulla Majella, andata e ritorno 18 km. e 900 metri di dislivello, con i ramponi su neve che, sebbene pochina, per lunghi tratti ghiacciata in una ventosa giornata invernale.
giovedì 28 novembre 2024
--immersioni: " PER UNA POLENTA ! "
Per una polenta si sopporta un'immersione dentro un laghetto buio, fangoso e freddo, con temperatura finale all'aria di 0°C.
Lago di Paterno (RI) _ e.c.c.r. _ 52mt. _ 75min. _ 11°C
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Lago di Paterno (RI)
venerdì 22 novembre 2024
^^montagna: "DRY SERRA"
Nell'Appennino Abruzzese la prima perturbazione della stagione invernale ha appena imbiancato tutto il versanete nord della Serra di Celano/Monte Tino, ma non cerchiamo la neve perchè con ramponi e piccozze in una bella giornata soleggiata e ventilata, andiamo a ripetere in dry la sua Cresta Ovest.
giovedì 7 novembre 2024
lunedì 28 ottobre 2024
--immersioni: "ACQUA CHIARA ACQUA AZZURRA"
Nel mare molto limpido ho superato gli scogli vicino alla riva, e per precisa rotta poi ho pinneggiato sul fondale sabbioso.
Subito dopo i 40 metri sotto di me c'era l'orlo superiore dell'ampia volta della grotta, conosciuta dai sub della zona, nelle quale però non sono entrato perché ho continuato fino a 70 metri alla base della parete alla sua sinistra.
Da quel punto ho accostato sulla massima pendenza in direzione del mare aperto, ritrovando più giù la cresta rocciosa che già altre volte ho visitato.
Continuavo a stupirmi del chiarore azzurro dell'acqua che dalla superficie mi stava ancora accompagnando fino alle quote profonde alle quali ero arrivato e dove, in genere, tutto è penombra blu scura.
In una continua alternanza tra videoriprese, osservazione, curiosità, esplorazione della scogliera e controlli sugli apparati, come accade in ogni tuffo è giunto purtroppo il tempo di staccarsi, ed un po'a malincuore iniziare la risalita.
Allora dopo aver invertito la direzione, ho iniziato a riguadagnare metri verso l'alto serpeggiando tra le rocce.
Nella zona sabbiosa un trigone svolazzava verso di me, ma quando si è accorto della mia presenza ha deviato di colpo da un'altra parte.
(105mt./120min./doppio e.c.c.r)
Giacinto Marchionni
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-100 metri,
Lazzàro
giovedì 24 ottobre 2024
--immersioni: "MURATORI"
Mentre stavo preparando le attrezzature, ho scambiato qualche battuta con dei muratori che lavoravano ad una vicina palazzina sul lungomare, incuriositi mi facevano domande sulle immersioni.
Concluse tutte le procedure "pre-dive" sui rebreathers e salutati quelli al lavoro sul loro muro, mi sono avviato verso l'altro Muro, quello sott'acqua.
In questo tuffo nello Ionio Calabrese di una giornata di ottobre tiepida e soleggiata, sono stato accolto da mare calmo, acqua molto limpida e temperatura in superficie di 24°C. Insomma ho trovato le condizioni giuste per un profondo tuffo (105mt./120min./doppio e.c.c.r), con partenza dalla spiaggia.
Prendendomi il tempo necessario, in superficie e senza fretta ho ricontrollato tutto e mi sono ricontrollato ancora una volta.
Concentrato, poi ho iniziato.
A poco più 50 metri di metri dal pelo dell'acqua il pendio sommerso s'interrompe di colpo per diventare parete, il muro appunto, le cui basi hanno quote variabili che arrivano anche ad un centinaio di metri di profondità, e nell'acqua prima azzurra e poi blu è lì che sono andato.
Spaccature, anfratti in penombra, rientranze, salti verticali, fili da pesca intrecciati e persi sulla scogliera, videoriprese, colorati organismi incrostanti, stelle marine rosse ed arancioni stelle pentagono, la sabbia del fondo, laggiù l'acqua luminosa, musdee intanate, il corallo rosso, un ceppo in piombo di un'ancora antica, alternanza della respirazione tra i due rebreathers, sciamanti branchi di pesci che scappavano spaventati all'insolita luce del faro sub, controllo della respirazione, ciuffi di verde posidonia, la scogliera del bassofondo, le migliaia di castagnole, qualche seppia, la lunga decompressione, la riemersione.
Giacinto Marchionni
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Lazzàro
lunedì 21 ottobre 2024
^^montagna: "LE QUATTRO VETTE"
Articolato, lungo, panoramico e bell'itinerario alpinistico che nel massiccio del Gran Sasso d'Italia percorre le quattro vette più alte del Corno Grande, e di tutti gli Appennini.
Partiti molto presto dal piazzale dell'albergo di Campo Imperatore (2130mt.), passando per il Passo del Cannone e con breve tratto attrezzato abbiamo raggiunto la morena alla base dell'ex ghiacciaio del Calderone, che a seguito del riscaldamento globale è ridotto anch'esso ad una macchia nevosa di non più di qualche metro quadrato.
Da qui, prima su corde fisse e poi per traccia aerea siamo arrivati sulla prima cima, l'Orientale del Corno Grande a 2903 metri.
Su terreno ripido ed a tratti franoso, con attenzione abbiamo perso quota fino alla Forchetta Sivitilli, l'intaglio posto tra la cima dalla quale arriviamo e la Vetta Centrale.
La risalita verso questa avviene poi poco sotto ed appena a destra della cresta, sul versante ovest della montagna con il colpo d'occhio dell'imponente circo glaciale-morenico dell'ex ghiacciaio. Sebbene si debbano affrontare elementari passi di scalata, l'esposizione, la forte inclinazione ed il calcare tutt'altro che solido impongono attenzione fino ai 2893 metri delle punta.
Raggiunta la quale, siamo andati giù dentro un canale per passare sotto un grosso masso incastato che forma un breve tunnel, qualche movimento di disarrampicata di II° con faccia a valle, arrivando alla Forcella Gualerzi sotto il Torrione Mario Cambi.
Idem per la breve scalata fino alla vetta del Torrione a 2875 metri: basse difficoltà tecniche ma esposizione e roccia da valutare sempre.
Sul Cambi abbiamo fatto una pausa per mangiare qualcosa. La giornata era soleggiata, lievemente ventilata e decisamente autunnale, infatti all'ombra la temperatura dei 2800 metri di quota calava di colpo, ed allora abbiamo indossato le giacche a vento.
La discesa dal Torrione Cambi è avvenuta con manovre di due corde doppie successive che ci hanno fatto atterrare in prossimità della Forchetta del Calderone, dalla quale ci siamo legati in cordata per affrontare tutta l'ultima parte di salita alla cima dell'Occidentale.
Subito, con tecnica d'opposizione di schiena e piedi, a mezz'altezza abbiamo scalato scomodamente dentro uno stretto corridoio formato da due enormi lame di roccia ravvicinate alla cui uscita bisogna disarrampicare in verticale alcuni metri. Qualcuno pare che affronti il passaggio del corridoio sul suo fondo, a me però sembra molto più stretto ed ancora più scomodo.
Di seguito, in ombra e con splendido affaccio a nord-ovest sul lato teramano della montagna, abbiamo traversato verso destra fino al punto in cui con bella scalata verticale e continua abbiamo riguadagnato la cresta alla nostra mancina.
Da questo punto la croce della vetta era orami in linea d'aria vicina alla vista, ma materialmente separata da alcuni saliscendi da non sottovalutare.
In uno di questi, ripartendo da una sosta su di un masso piatto, abbiamo superato prima un ennesimo esposto intaglio, seguito poi da paretina verticale che terminava abbastanza comodamente con altra sosta in piano, dalla quale siamo quindi scesi delicatamente su roccia da valutare fino all'ultima forcella.
Ripartiti, con ancora qualche passo di arrampicata proprio davanti a noi, infreddoliti siamo arrivati ai 2912 metri della Vetta Occidentale del Corno Grande.
Dalla cima nella parte alta per ovest siamo scesi per la Via delle Creste fino alla Sella del Brecciaio, e nella parte bassa verso sud alla Sella di Monte Aquila ed al Piazzale dell'Albergo.
domenica 13 ottobre 2024
^^montagna: "B.H. SUL PEDALE"
Inforco la bicicletta ed attraverso Pescara che è ancora notte.
Sulla statale Adriatica vado verso sud e poco prima di arrivare a Francavilla al Mare(CH), imbocco la Fondovalle Alento(S.S. 649). Con il fanalino che m'illumina la via, proseguo al buio sul falsopiano di questa che lascio al bivio per Passo Lanciano.
Raggiungo Pretoro(CH) e sosto, intanto s'è fatto giorno.
Da questo punto la salita sarà costante, e tornante dopo tornante vado su mentre la temperatura dell'aria va giù, però il continuo spingere sui pedali mi surriscalda e mi fa sudare mentre avanzo sotto le faggete di questo lato della Majella.
Arrivo al Piazzale di Passo Lanciano a 1300 metri, che a tratti è spazzato da raffiche di vento.
Se qui al ridosso ci sono queste folate, sui pendii sommitali tutti scoperti sicuramente saranno più forti, allora mi fermo per coprirmi con la cerata.
Mangio cioccolata, miele e poi mi rimetto in sella.
Per qualche chilometro sono ancora sotto il bosco con le raffiche che non ancora mi disturbano, le sento solo sopra gli alberi. Non appena però la strada esce definitivamente dal limite superiore della vegetazione, il vento mi rallenta quando svolto verso la sua direzione di provenienza, nord-est. Mi fa riprendere un po' di fiato solamente quando, al successivo tornante, ce l'ho alle spalle.
A 1600 metri transito davanti Mammarosa.
Nei chilometri mancanti continuo l'ingaggio con la salita e con il Grecale, superando il Rifugio Bruno Pomilio alla Majelletta (1888mt).
Da questo punto in poi la strada si restringe ed è interdetta alle auto.
Ora l'asfalto è tutto a crepe e buchi causati dal ghiaccio invernale che obbligano le gambe ad un lavoro supplementare per zigzagarci in mezzo.
Salita, vento contrario, stanchezza e fossi: smoccolo qualche santo.
Arrivo ai 2058 metri di quota del Traguardo metallico dedicato ai ciclisti e continuo fino al vicino tabernacolo della Madonnina dove la strada finisce proprio sotto la cimetta del BlokHaus.
Prima delle fotoricordo, cambio la maglia intima bagnata di sudore con una asciutta e mi rivesto, aggiungendoci sopra il giacchino imbottito. Per la discesa, per lo meno fino a quando non risalirà la temperatura, indosserò anche i guanti invernali.
Osservando il panorama dell'alta Majella e del mare Adriatico, per pochi minuti con le gambe ferme, seduto e ben coperto, mangio, bevo e mi riposo un po' prima del ritorno.
lunedì 7 ottobre 2024
^^montagna: "MONTE GRECO E CIMA DELLO SCALONE"
Da Passo Godi in breve si guadagna il Valico dello Scalone a 1926 metri, quindi per bella e panoramica dorsale fino alla Rocca di Chiarano (2175mt).
Si scende verso est, perdendo un po' di quota, prima di salire a Monte Greco (2285mt), con il costante bramito dei maschi dei cervi in amore ad inizio autunno.
Si lascia la cima per lo Stazzo il Prato giù in basso; si transita alla base della lunga ed articolata parete nord-est della Rocca di Chiarano per rimontare ripidamente tra erbe gradinate, rocce e brevi canalini fino alla Cima dello Scalone a 2156 metri.
Il lungo giro escursionistico si chiude rientrando a Passo Godi dopo 22 chilometri.
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venerdì 27 settembre 2024
^^montagna: "MONTE CAFORNIA"
Alle sei del mattino, dagli 894 metri del parcheggio vicino ad un bel fontanile a monte di Massa D'Albe (AQ), per sterrata e prati abbiamo raggiunto la Fonte Canale (1202mt).
Risaliamo il versante sud del Monte Cafornia prima per l'arrotondata cresta che in basso ad est chiude la Valle Majelama. Poi traversando ad ovest per bei torrioni rocciosi e ripidi canali fino alla croce di vetta del Monte Cafornia a 2409 metri, di poco più in giù della quota massima (2424mt).
Comodamente scesi poi verso nord-ovest ai 2347 metri della sella sottostante, raggiungiamo il vicino Monte Velino (2486 mt) al vento freddo della prima vera giornata d'autunno che di colpo è giunto dopo un'estate torrida. Si riposa giusto il tempo per mangiare qualcosa. Dalla cima rapidamente verso sud perdiamo quota per rocce panoramiche, boschetti e prati, ed alla fine dopo circa 15-16 chilometri al parcheggio, chiudendo l'anello che come colonna sonora di sottofondo ha avuto il bramito dei maschi dei cervi pronti agli accoppiamenti.
Comodamente scesi poi verso nord-ovest ai 2347 metri della sella sottostante, raggiungiamo il vicino Monte Velino (2486 mt) al vento freddo della prima vera giornata d'autunno che di colpo è giunto dopo un'estate torrida. Si riposa giusto il tempo per mangiare qualcosa. Dalla cima rapidamente verso sud perdiamo quota per rocce panoramiche, boschetti e prati, ed alla fine dopo circa 15-16 chilometri al parcheggio, chiudendo l'anello che come colonna sonora di sottofondo ha avuto il bramito dei maschi dei cervi pronti agli accoppiamenti.
lunedì 16 settembre 2024
^^montagna: "LA SCHIARA"
Dalla vicina Belluno, netto si vede tutto il verticale ed articolato versante sud del gruppo della Schiara (2565mt), che forma una cerchia di picchi e creste di unica, selvaggia e solitaria bellezza, al tempo anche d'ispirazione per la penna dello scrittore bellunese Bruno Buzzati ("IL DESERTO DEI TARTARI"), che fu un loro appassionato frequentatore.
Partiti dal piccolo borgo Case Bortot a circa 600 metri di quota, prima in lieve falsopiano e discesa e poi più ripidamente, all'ombra del bosco in tre ore abbiamo raggiunto alla base delle pareti della Schiara il "Rifugio 7° Alpini" (1502mt), che di colpo ci è comparso nello splendido scenario da cartolina del Pis Pilon che solo di per se varrebbe una giornata tra questi monti.
Data l'asprezza e la verticalità che dominano incontrastate ovunque si guardi attorno, tutti i picchi del gruppo possono essere raggiunti quasi esclusimamente tramite ferrate, allora anche i mille metri di dislivello che ci separavano dalla vetta così li abbiamo saliti.
Dopo aver pernottato nell'accogliente rifugio squisitamente gestito da una giovane coppia, il mattino successivo molto presto abbiamo iniziato la salita verso i muri verticali, raggiungendo in cinquanta minuti la prima scala in ferro d'attacco della ferrata Luigi Zacchi.
Questa, intervallata appena da brevi tratti non attrezzati, piegando verso ovest in un continuo di cavi corrimano, scale e pioli in metallo, lungamente ed in esposizione e transitando su esili cenge cosparse di ghiaino, rimonta gli alti muri della montagna, raggiungendo il Bivacco Ugo Della Bernardina (2320mt), posto di fronte la slanciata Gusela del Vescovà.
Dalla sella sotto il piccolo ricovero abbiamo divagato la nostra linea scendendo sul versante opposto della Schiara, quello settentrionale, per andare a curiosare un po' anche da quella parte.
Ritornati al bivacco, per i 2565 metri della punta abbiamo imboccato la seconda ferrata, la Antonio Berti che seppur molto più corta rispetto alla Zacchi ha comunque alcuni tratti in forte esposizione.
I lunghi e faticosi avvicinamenti uniti agli articolati percorsi per le cime di questo massiccio, sono la causa della bassa frequentazione rispetto ad altri gruppi delle Dolomiti, rendendo queste vette davvero lontane e solitarie ma capaci di ragalare ancora le atmosfere del passato che assaporavano i pionieri. Nella nostra lunga giornata di montagna infatti abbiamo incontrato solamente altre due ungheresi in cima.
Dopo la lunga ricognizione, che è stata un'utilissima presa di conoscenza di questi monti, con le stesse ferrate siamo calati giù.
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La Schiara
giovedì 12 settembre 2024
^^montagna: "SASSO DELLE DIECI & SASSO DELLA CROCE"
Dal Rifugio Ospizio della Santa Croce a 2045 metri, in Alta Val Badia nelle Dolomiti, percorro in direzione sud la traccia che prima si snoda tra i mughi e, dopo aver risalito in verticale un canalino, va lungamente in traverso sotto le imponenti pareti occidentali del Sasso delle Dieci/Sass de la Diesc.
Sull'inclinato ed esposto pendio dedritico con tratti su corde fisse e scalette, a mezza costa salgo su esili cengie, gradoni, paretine, canali e rimonto fino ai 2612 metri della forcella del Passo della Santa Croce (Ju dla Santa Crusc).
Voltando a sinistra su pianeggianti sfasciumi, proseguo verso nord in direzione del visibile Sasso della Croce sul quale però al momento non mi dirigo, continuando invece per un paio di chilometri verso la meta.
In una salita che incrementa decisa la pendenza, rimonto e supero la serie di costolature stratificate che si attraversano prima della svettante pala finale del Sasso delle Dieci.
Dalla base di questo monolito risalgo un aereo spigolo seguito da un breve canalino che conduce alla grande croce in legno di vetta del Sasso delle Dieci a 3026 metri.
Breve sosta in punta con panorama unico, quindi vado giù verso il Sasso della Croce, detto anche L'Ciaval, che non salgo seguendo le tracce segnate, ma scalando più a destra ripidamente con alcuni passi di II° a pochi metri delle sue pareti verticali, ed arrivo così ai 2907 metri della cima dove mi prendo una pausa.
Dopo diverse ora di montagna accumulate nelle gambe, nella lunga discesa fatta per lo stesso itinerario, presto particolare attenzione nei tratti esposti.
lunedì 2 settembre 2024
^^montagna: "PIZ DLES CONTURINES & PIZ LAVARELA"
In località Armentarola, nell'alta Val Badia nelle Dolomiti, parto alle sei del mattino dalla Capanna Alpina (1720mt), verso il Piz Dles Conturines passando all'inizio proprio sotto l'articolato e verticale versante sud della montagna.
Superato il Col del Locia a 2069 metri mi immetto nella panoramica Gran Plan che percorro fino al Ju dal'Ega (2157mt).
Da questo punto m'indirizzo ad ovest osservando a sinistra il caratteristico Piz Taibun, propaggine orientale delle Conturines, per rimontare l'ampia valle morenica tra il Conturines ed il Lavarela, al cui centro si trova un piccolo laghetto glaciale asciutto vista la stagione avanzata.
Osservo erose e lunghe stratificazioni di calcare mentre raggiungo la sella tra le due montagne a 2885 metri, dove piego a sud in direzione del ripido cono di detriti alla base delle Conturines.
Su sentiero attrezzato guadagno prima un tratto verticale e poi con saliscendi di cresta la cima più elevata del Piz Conturines a 3064 metri, dopo tre ore di salita.
Giornata ventilata al punto giusto e limpida, con panorami non solo a giro d'orizzonte superlativi, ma anche verso il basso osservando i lunghi canaloni che ripidissimi cadono giù.
Dopo la breve pausa, a ritroso scendo dal sentiero attrezzato fino alla sella e poi verso nord a risalire con qualche elementare movimento di scalata al vicino Piz de Lavarela a 3055 metri.
Per la stessa linea fatta in salita, dopo circa 18 chilometri di montagne rientro al parcheggio nei pressi della Capanna Alpina da dove avevo iniziato nove ore prima.
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martedì 27 agosto 2024
--immersioni: "ALTRA SPONDA ALTRA LINEA"
Sarà un impegnativo tuffo nel lago, profondo e lungo che mi farà attraversare strati d'acqua con visibilità e, soprattutto, temperature diverse con una differenza termica importante di 18°C, perché dai 28°C della superficie arriverò ai 10°C alla massima profondità, perciò al solito indosserò muta stagna e sottomuta.
Essendo però in pieno agosto, bardato così per limitare nella pre immersione un eccessivo surriscaldamento, entro in acqua di mattina molto presto quando la sponda orientale del Lago di Castelgandolfo è ancora in ombra e non sotto il sole.
Mentre raggiungo la "linea", noto la straordinaria limpidezza dell'acqua che ha una dominante celeste/azzurra rara da trovarsi, nella quale scendo fino a circa venti metri.
Da qui ai trenta mi muovo in una zona un po' torbida. Di seguito pulitissima come in alto.
Mi torna utile nell'allenamento all'immersione fonda questa linea che apposta finii di posizionare qui un paio di anni fa.
Nel freddo a 10 gradi arrivo alla statuina della Sirena appoggiata a 90 metri, sulle cui curve s'è depositato un impalpabile strato di limo che rimuovo con una sventagliata della mano, e mentre faccio fotovideoriprese penso che una manciata di minuti prima ai 28 gradi del bassofondo stavo sudando dentro la muta.
Al raggiungimento del tempo programmato saluto la bella, inverto la direzione e nel rispetto dei tetti decompressivi mi avvio verso l'alto.
Negli ultimi metri allargo appena il collo della muta stagna per far entrare acqua che immediatamente bagnandomi il corpo mi rinfresca.
Giacinto Marchionni
mercoledì 14 agosto 2024
^^montagna: "VIA MARCHEGGIANI-ADE"
Sul versante nord del Primo Pilastro del Monte Camicia nel massiccio del Gran Sasso d'Italia, si sviluppa la Marcheggiani-Ade (V° / D / sv.500mt), che nei primi 4/5 "regala" una scalata su roccia "pessima", e quella relazione che descrive roccia discreta è fuorviante.
Il laborioso avvicinamento l'abbiamo fatto prima salendo dai 1620 metri di Fonte Vetica ai 2240 metri di una selletta posta più in basso della sommità del Primo Pilastro; quindi perdendo quota su erbe, sassaie e canalini ripidi per arrivare alla Forchetta di Penne a 2245 metri; ed in ultimo proprio alla base delle rotte pareti del pilastro in ambiente severo, scendendo ancora un centinaio di metri sia su sfasciumi di tutte le dimensioni che ci franavano sotto i piedi, che in equilibrio su tratti terrosi ugualmente instabili.
Così siamo giunti all'attacco della via su una piccola macchia d'erba.
Con le sfilate di corda iniziali abbiamo guadagnato la sommità della cresta, che poi abbiamo percorso su delicati saliscendi dentellati per raggiungere un cocuzzolo, dal quale ci siamo poi calati con breve corda doppia in un canalino sottostante.
Questi sono i 400 metri di roccia "pessima" dove con la massima cautela abbiamo scalato a comando alternato soppesando ogni singolo movimento dei piedi e delle mani. Nonostante ciò venivano giù scaglie e sassi appena sfiorati dalle corde, e con prese credute solide che invece prima ci rimanevano tra le dita e poi volavano giù.
Su questo calcare crepato e fragile non è stato immediato trovare e posizionare le protezioni, tant'è che in alcuni tiri la prima siamo riusciti ad infilarla a 20 metri dalla sosta ... lontana.
Utilissimi ci sono stati i chiodi che in ogni filata abbiamo piantato e tolto.
Effettuata la corda doppia, prima abbiamo risalito un canale e poi dei ripidi prati proprio sotto il lungo diedro-camino finale, alla base del quale tiravamo un po' il fiato.
Su questo abbiamo incontrato le maggiori difficoltà tecniche, però finalmente su roccia solida che ci ha consentito una progressione decisa con bei movimenti continui per due lunghi tiri.
Su rocce più appoggiate, con la tirata finale siamo usciti dalla via in prossimità della cima del Primo Pilastro in questa intensa giornata di montagna.
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Monte Camicia,
Via MARCHEGGIANI-ADE
venerdì 9 agosto 2024
--immersioni: "LINEA CONTINUA"
E' un filo guida ininterrotto quello che si segue per fare un profondo tuffo lacustre, da circa 10 metri fino a quando termina sul fango a 90 metri in corrispondenza di un mazzolino di fiori di plastica.
Qualsiasi tipo di immersioni siano, tecniche o ricreative, la costante pratica è la linea continua.
Giacinto Marchionni.
giovedì 25 luglio 2024
^^montagna: "VIA SALADINI-ALESI"
Sulla parete nord del Corno Piccolo al Gran Sasso d'Italia, ripetizione delle via Saladini-Alesi.
Scalata altre volte, ma oggi per l'uscita originale degli apritori che esce poco sopra il primo risalto della cresta di nord-est del C.Piccolo (la variante invece poco sotto), con il sesto e penultimo tiro di difficoltà continue dal primo all'ultimo metro della sfilata della corda.
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via SALADINI-ALESI
lunedì 22 luglio 2024
--immersioni: " ADERNO' "
Tuffo sull'Adernò, uno dei relitti affondato a 58 metri poco al largo di Civitavecchia, che è capace di offrire sempre spunti d'interesse.
Non appena gli si giunge sopra, infatti, subito si nota la mitraglera che fu installata per la sua difesa antiaerea.
Una moltitudine di pesci sciamanti tra le sue strutture metalliche e reti impigliate decorano il resto dell'immersione che abbiamo avuto la fortuna di fare dentro un'acqua con bella visibilità.
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relitto ADERNO'
mercoledì 17 luglio 2024
^^montagna: "BACHETTI - CALIBANI"
Ogni volta che sul Gran Sasso si ripete una delle sue via, fine anni sessanta, si ha conferma di quanto fosse bravo l'alpinista ascolano Francesco Bachetti.
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via BACHETTI-CALIBANI
lunedì 15 luglio 2024
^^montagna: "FANTONI..MODENA + VIA DELLA VIRGOLA"
Concatenando due linee alpinistiche sulla Parete Nord della Prima Spalla al Corno Piccolo, andiamo a cercarci una scalata continua appena interrotta dalla cengia mediana.
Non guastava di certo il fatto di essere stati sempre in ombra che è stata voluta sia nella scelta del versante, che nell'abituale avvicinamento iniziato prima del sorgere del sole.
martedì 25 giugno 2024
^^montagna: "LA CARROZZA"
Partiti alle cinque del mattino dal Rifugio Pomilio alla Majelletta, transitiamo per lo Scrima Cavallo e per breve sentiero attrezzato raggiungiamo la parte bassa dell'Anfiteatro delle Murelle. Sotto imponenti pareti verticali, su ghiaioni, rimontiamo verso lo spigolo per entrare nella sezione superiore della parete nord delle Murelle.
Attraversiamo quindi il roccioso e selvaggio anfiteatro glaciale che sorregge la vetta e guadagnamo il Passo della Capra.
Da questo punto proseguiamo a mezza costa per ampi pendii erbosi dove troviamo un piccolo masso con firma del 1885 di un Brigante di nome Pasquale, ed attraversati un paio di canaloni più incisi, giungiamo alla sella della Carrozza (2136mt), posta tra la cima del Martellese (2259mt) e quella delle Murelle. Una breve pausa, quindi per la sua panoramica cresta est in vetta.
Dopo quasi nove ore rientriamo al Pomilio percorrendo venti e passa chilometri di bella montagna.
sabato 22 giugno 2024
^^montagna: "BIANCANEVE E I 7 TIRI"
Scalata nell'Appennino Molisano di Cerro al Volturno (IS), sul versante nord-ovest del vicino Monte Foresta sulla via "Biancaneve e i sette tiri", una linea con roccia dal super grip che si snoda tra la vegetazione che però mai disturba.
La discesa avviene nel canalone detritico situato alla sinistra orografica dell'uscita, nel quale si arriva dalla selletta sottostante l'uscita, per seguire poi una sbiadita indicazione rossa ed omini che conducono a 2 spit per breve doppia. Con attenzione poi fino alla base del canale un po' franoso.
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giovedì 20 giugno 2024
--immersioni: "SPIAGGIA DELLE TAVINE"
Immersione sotto la Spiaggia delle Tavine di Salò (BS), sul Lago di Garda dove giacciono alcuni relitti.
In questo tuffo prima a 32 metri ho visitato il "Berardi", oggi nella sospensione, poggiato con la prua verso il largo in assetto di navigazione. In origine era un natante in acciaio adibito al trasporto merci; divenuto successivamente privato e riattrezzato, per inutilizzo fu ormeggiato a Toscolano Maderno. Infine in situazioni poco chiare nell'agosto del 1977 affondò a Salò.
Poi in risalita a 27 metri mi sono soffermato sul relitto di un piccolo cabinato a vela completo di alberatura, boma, sartiame e stralli, anch'esso in assetto di navigazione.
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mercoledì 19 giugno 2024
--immersioni: "SCIVOLANDO VERSO SUB"
Sponda occidentale del Lago di Garda _ 107mt. _ 2h 25min. _ e.c.c.r.
Il cielo è coperto mentre dalla macchina, per ripido sentiero, di mattino presto con attenzione sto trasportando gli apparati e le attrezzature al bagnasciuga.
Della nuvolosità o dell'eventuale pioggia però poco m'importa, quello che m'interessa è che a quest'ora sul lago non c'è un filo di vento con conseguente acqua senza onde, perchè il fondo della spiaggia d'inizio di questo tuffo non è composto da ghiaia su cui camminare comodamente, ma da spigolosi sassi di varie dimensioni sui quali mi devo muovere attentamente. Alle sette e mezza inizio.
Rispetto alle mie due precedenti immersioni in questa zona del versante occidentale del Lago di Garda, mi trovo ulteriormente spostato verso nord a cercare ed esplorare pendenze più sostenute.
Della cosa ho conferma non appena arrivo sulla ventina di metri. Infatti nell'acqua ancora limpida mi trovo in una valle subacquea tra due bastioni di roccia.
Vado giù seguendo la naturale linea di questo kenion che rapidamente mi fa guadagnare quote. Nuotando sospeso a mezz'acqua, osservo scogliere che si susseguono senza interruzioni.
Superati i 100 metri dalla superficie arrivo su di un terrazzo di roccia sotto il quale, nonostante l'acqua pulitissima, il fascio del mio illuminatore poco può perchè sotto si apre una parete nel buio.
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Lago di Garda
martedì 11 giugno 2024
^^montagna: "SERRA SPARVERA"
Bel giro per boschi, prati appenninici e pietraie che, partendo da Roccapia (AQ), e passando per le Toppe Vurgo mi fa arrivare fino alla Serra Sparvera (1998mt), da dove posso ammirare un bel panorama a giro d'orizzonte sul Monte Marsicano, Monte Godi, Serra di Chiarano, Monte Greco, Altopiano delle Cinque Miglia ed in basso verso il Lago di Scanno (AQ).
domenica 2 giugno 2024
--immersioni: "IL GROSSO"
Con la ciurma del "Tremiti Diving Center" immersione al Grosso, versante nord di Capraia alle Tremiti.
Lì abbiamo seguita la bella parete che va giù dritta fino alla sabbia attorno ad una quarantina di metri, poi abbiamo proseguito per andare a buttare un'occhio su di un paio di scogli isolati a 54 metri.
Tutta la risalita l'abbiamo fatta di fronte alla colorata falesia, osservando le tante spacche pullulanti di organismi marini.
venerdì 17 maggio 2024
^^montagna: "VALLONE SANTA MARGHERITA"
Partiti dall'arroccato paese di Pettorano sul Gizio (AQ) a 630 metri s.l.m., lungamente siamo saliti per i 1500 metri di dislivello che ci separavano dalla cima dal Monte Genzana (2170mt), percorrendo l'ombroso e poco frequentato Vallone di Santa Margherita.
Sempra al centro dell'impluvio tra gli scoscesi costoni ai lati, per lunghi tratti abbiamo attraversato l'intrico di alberi e di rami caduti fino ad uscire definitivamente dal fitto bosco a circa 1700 metri di quota. Poi per i ripide pietraie e pratoni sommitali siamo arrivati in vetta al Genzana spazzato da un vento teso.
In discesa prima abbiamo deviato per curiosare sotto la fascia di rocce che sorrege la modesta elevazione situata proprio poco sotto il Genzana, e dopo abbiamo ripreso l'identica linea fatta in salita.
venerdì 3 maggio 2024
^^montagna: "ANTICIMA DEL PESCOFALCONE"
Da Guado Sant'Antonio (1200mt), all'anticima del Pescofalcone (2630mt), per 1400 metri di dislivello a cercare le ultime e poche nevi di questa stagione invernale 2023/24, avara di precipitazioni.
Inizio la solitaria salita molto presto tra un numeroso branco di cervi al pascolo, e poco sopra il Monte Rapina (2027mt) trovo neve buona, ed a tratti anche dura per i ramponi.
Mi sono sempre tenuto proprio sul filo della direttrice del lungo spartiacque di cresta allineato per Nord/NordOvest-Sud/SudEst del Pescofalcone, andando anche a cercare alcuni passi di misto e roccia su di una piccola torretta.
Splendida la vista sull'articolato versante ovest del Monte Rotondo.
In discesa vario un po' la linea infilandomi prima nel così detto Cucchiaio, una valletta sulla destra orografica della cresta, e poi transitando per il rifugio Barrasso che in salita avevo volutamente bypassato.
giovedì 25 aprile 2024
--immersioni: "NO INDICATION"
Lago di Garda _ Sponda Occidentale _ 110mt. _ 2h 13min _ e.c.c.r.
Al di là del muricciolo tra la vegetazione c'è un viottolo che scende ad una ghiaiosa spiaggetta sulla sponda ovest del Lago di Garda.
Una bandiera fissata su di un albero mi dice essere uno spot per surfisti: il Garda è definito la "fabbrica del vento".
Da questo angolo riparato osservo la bellezza di questo grande lago che dal bordo acqua si esalta ancor di più, ed osservo anche il bagnasciuga che risulta essere abbastanza comodo per l'ingresso con gli autorespiratori: decido che questo è il sito del tuffo.
Inizio la trafila pre immersione che mi occorre non solo per preparare e ricontrollare tutto, ma anche per trovare la concentrazione per un profondo tuffo esplorativo in solitaria, in un sito dove non sono mai stato e probabilmente non frequentato da sub. Al termine, infatti, un velista assiduo di questa caletta mi dice che è la prima volta che ci vede qualcuno con autorespiratore.
Qualche su e giù per movimentare le attrezzature, bevuto e mangiato qualcosa e procedo con la vestizione della muta, la preparazione delle fotovideocamere, l'indossaggio del g.a.v. side-mount e dei guanti stagni. Finito, scendo all'acqua.
Calzate le pinne, agganciati gli apparati, effettuo un ultimo check ed inizio.
Subito oltrepasso la limitata zona delle ghiaie della spiaggetta che per qualche metro prosegue anche sott'acqua, poi la boscaglia delle verdi e lunghe piante d'acqua bassa. Dopo trovo il fondale che fino ad una trentina di metri ha una visibilità con dominante verde chiaro.
Non mi pongo dubbi sulla rotta da seguire perchè un netto solco nel pietrisco è orientato per 165° sulla massima pendenza, per altro molto accentuata.
Rispetto al tuffo precedente nel Lago di Garda sono spostato verso nord di mezzo chilometro. La morfologia è livemente diversa perchè tutta la fase fonda è stata caratterizzata da una serie di costolature dovute a stratificazioni geologiche che formano ampi gradini di roccia, mentre nell'altro posto prevaleva il sedimento.
Gradatamente entro nella fascia d'acqua più buia, ma sempre tersa, dove avanzo con circospezione.
Dopo 70 metri vedo una lastra di roccia inclinata che forma un ciglio e che scavalco.
A 90 metri i classici piccoli galleggianti ovoidali sono quello che rimane di una rete da pesca persa.
Rggiungo un'altra costola di roccia chiara.
Con la luce e con gli occhi sondo il buio che ho davanti e sotto, e avanzo con misurati colpi di pinne.
Superati i 100 metri continuo ancora oltrepassando il salto di un altro gradino per arrivare su un'area di sassi frantumati: 110 metri. Lì la temperatura dell'acqua sempre limpida è di 10°C, in superficie dodici.
Inverto la rotta e navigo per 345° riguadagnando gli stessi scogli dov'ero transitato prima.
A 70 metri con gli occhi oramai condizionati dal buio provo a spegnere per qualche momento l'illuminatore riuscendo a vedere nettamente, seppur in forte penombra, a conferma della notevole limpidezza dell'acqua di questo lago rispetto ad altri che frequento.
Lentamente come la mia velocità di risalita, anche la prospettiva sfuma dal verde molto scuro a quello chiaro.
Alla base di uno scoglio c'è un piccolo persico che scoda intrappolato dentro la matassa aggrovigliata di una rete. Con il tagliasagole recido i sottili fili che l'avevano imprigionato e lo libero.
Piano vado su in direzione della zona più luminosa fino a rivedere la mia boa segnasub galleggiare in superficie.
Riemergo dopo due ore e tredici minuti.
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-100 metri,
Lago di Garda
giovedì 18 aprile 2024
martedì 9 aprile 2024
--immersioni: "GARDESANA OCCIDENTALE"
Lago di Garda/sponda ovest _ 104mt/130min _ e.c.c.r.
Giunto nel posto dove avevo già immaginato d'immergermi, una verticale parete sommersa, devo variare il programma perchè ci sono ovunque non solo inequivocabili divieti di sosta con indicazione di rimozione forzata del mezzo, ma anche un'invalicabile transenna perché tutta l'area è interdetta causa frana.
Un po' deluso riprendo la statale Gardesana Occidentale in direzione sud e dopo qualche chilometro su questa, vedo alla sinistra una rara piazzola di sosta nella quale m'infilo per fare il punto della situazione.
Apro la carta del Lago di Garda per capire dove mi trovo, ed osservando le linee batimetriche sommerse della zona, verifico che proprio qui sotto il fondale ha comunque una decisa pendenza. Tra l'altro il posto è evidentemente frequentato, infatti proprio vicino c'è un breve e comodo viottolo a gradoni che scende al bagnasciuga di una spiaggetta all'ombra.
Ed allora senza stare più di tanto a smoccolare perchè il target nel quale mi sono già immerso con la fantasia non so quante di quelle volte è impraticabile, anche se non ho alcun tipo di informazione sul nuovo sito dove mi trovo o se ne valga la pena, decido che con gli apparati andrò qui.
Come sempre mi succede quando mi trovo in un posto che non conosco, al tempo stesso nei miei pensieri c'è un'altalena che in continuo ondeggia tra l'attenzione e la curiosità.
Messa la testa sott'acqua noto subito la sua limpidezza e luminosità, per lo meno qui nella bassa profondità, con temperatura di 10°C.
Nella mia testa il programma del tuffo è chiaro: con nessuna divagazione m'indirizzo sulla linea di massima pendenza ma senza un obbiettivo definito da raggiungere, valuterò strada facendo .
Tra i tre ed i sette metri oltrepasso lunghe e verdi piante acquatiche, poi il pavimento del fondo ritorna di sedimento e di scogli tutti ricoperti di due specie di molluschi bivalvi infestanti e non autoctoni simili a piccole cozze ma di soli 3 centimetri, la Dreissena polymorpha e la Dreissena bugensis.
Inizio la vera e proprio calata nell'inaspettato terso tanto che fino ad una certa quota non ho la necessità d'illuminare. Penso alla differenza che c'è rispetto al Lago di Scanno, in Abruzzo, dove a mezzogiorno a sei metri di profondità a volte non è raro trovarsi nel buio.
Scendo ed effettuo videoriprese, mentre piccoli branchi di persici mi osservano e mi seguono.
Grazie al fondo molto inclinato mi ritrovo abbastanza velocemente a più di 70 metri, a conferma del fatto che la precedente stima della pendenza era corretta.
Distante alla mia destra intravedo un masso molto grande, però ligio al programma non devio e proseguo giù con i persici che continuano a scortarmi.
D'abitudine alterno ogni dieci minuti la ventilazione tra i due apparati a circuito chiuso, controllo le indicazioni degli strumenti ed il ritmo della respirazione. Un colpo di pinna dietro l'altro, senza mai spingere troppo, arrivo a 90 metri.
La temperatura continua a riamanere costante a 10°C, cosa per me insolita in quanto in altri siti di acque dolci o salate che siano, normalmente diminuisce all'aumentare della profondità. Quindi oltre alla limpidezza fin'ora trovata incamero anche questo nuovo fatto.
Non varia neanche l'inclinazione del fondo che prosegue verso il basso.
A 100 metri controllando i valori di decompressione indicati dagli strumenti, stimo un run-time totale di circa un paio d'ore che non intendo allungare, quindi accosto per la risalita.
Come sempre succede, da questo punto di vista dal basso in su percepisco ancora meglio la pendenza. Disseminati un po' a destra ed un po' a sinistra passo tra alcuni scogli.
Arrivo sui 50 metri, e grazie all'acqua pulita sono investito dalla luminosità che piove dall'alto. Ed allora mi viene più che naturale il paragone con un altro lago, quello di Castelgandolfo, dove alla stessa profondità l'unico colore da vedere è il nero.
Rimanendo sempre un po' più basso del tetto decompressivo vado su riportandomi fino al bosco di piante verdi che hanno intrecciati sopra numerosi nastri bianchi e gelatinosi delle uova dei persici.
Qui trascorro l'ultima parte della decompressione che con mia procedura di risalita da un tuffo impegnativo, anche oggi e senza alcuna fretta allungo oltre il valore indicato degli strumenti.
Giacinto Marchionni
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-100 metri,
Lago di Garda
martedì 2 aprile 2024
^^montagna: "TRAVERSATA DELLA CRESTA DELLA ROCCA DI ORATINO"
Traversata sulla Cresta della Rocca di Oratino(CB), una solitaria torre medievale d'avvistamento posta su di una montagna in miniatura.
La prima parte della scalata, sempre in esposizione a mezzo metro dal vuoto, si snoda sulle stratificazioni situate proprio sul filo della parete che netta cade a nord e con un tiro d'uscita si breve, ma spettacolare perchè su di un bel diedro inclinato a destra.
Poi sulla cresta il continuo saliscendi tra cocuzzoli di roccia, intagli e verticali affacci che terminano proprio in corrispondenza dell'antica "Rocca" di Oratino, con panorama a 360° sulla valle del Biferno e su antichi piccoli borghi.
Giacinto Marchionni
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Cresta della Rocca di Oratino,
Molise
domenica 24 marzo 2024
^^montagna: "NASTRO DI GHIACCIO"
Ripeto per la seconda volta sulla parete ovest della Costa della Tavola (Massiccio del Velino nell'Appennino Abruzzese), la via invernale Nastro di ghiaccio (Abbate-Risi; AD+; 55°/65°).
Contrariamente alle condizioni trovate nella scorsa scalata del febbraio 2022 quando, con neve molto pesante, affondavamo ad ogni passo anche fin quasi al ginocchio, questa volta un buon fondo portante per gli attrezzi ci ha consentito una salita spedita.
Lasciata all'albeggiare l'auto ai Piani di Pezza, abbiamo rimontato la fitta e ripida faggeta posta tra la parete ovest della Tavola ed il cocuzzolo della Castelluccia. Usciti dal bosco sulle sassose morene basali di questo articolato versante della montagna, a circa 1900 metri abbiamo trovato la neve che da lì in poi abbiamo pestato fino in punta.
Con la costante pendenza a più di 50° per tutta la salita, alcuni tratti anche più inclinati, grosso modo a metà ascensione muovendoci sul misto d'Appennino in cordata abbiamo superato un traverso molto esposto su di una stretta cengia ricoperta da neve vuota sotto, andando a sostare immediatamente dopo.
Subito dopo la ripartenza passi a 65° di misto, e poi via dritti dentro un bellissimo canale continuo che ci ha condotto sulla cupola sommitale ed in vetta sulla Costa della Tavola (2182mt).
Dopo la pausa, velocemente siamo scesi verso sud alla sella sottostante per poi rimontare al Capo di Pezza a 2177 metri.
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Costa della Tavola
lunedì 18 marzo 2024
--immersioni: "UNICO POSTO"
Ionio Calabrese
Lazzaro (RC) _ La Castelluccia _ 127mt _ 216 min _ e.c.c.r.
Dopo aver superato a circa 40 metri il bordo superiore di una bellissima parete sommersa parallela alla spiaggia, sono arrivato alla sua base sulla settantina. Ho quindi seguito una poco distante e bassa crestina di rocce orientata a 90° dalla parete, che già in una passata immersione costeggiai fino a 107 metri. Allora, vedendo che la scogliera proseguiva, progettai di tornarci ed esplorarla un po' più giù.
Raggiunto e superato il punto della scorsa volta, ho continuato fin dove definitivamente a 112 metri la cresta si spegne sul sedimento sabbioso.
Spinto dalla curiosità, sul fondale vuoto ho deciso comunque di andare oltre e sempre sull'inclinazione massima con misurati colpi di pinne ho raggiunto i 127 metri.
Nonostante la quota, la luminosità trovata era ottima perchè avrei anche potuto non accendere il faro sub, che ho adoperato solo per le videoriprese.
In risalita due ceppi in piombo d'epoca romana, il notevole scorcio dal basso della parete ed una moltitudine di pesci hanno ulteriormente decorato il tuffo in questo unico e splendido sito.
Oramai a quote basse c'era un refolo di corrente proveniente da ovest, la mia sinistra, fastidioso che cercavo di evitare riparandomi dietro gli scogli.
Giacinto Marchionni
mercoledì 28 febbraio 2024
^^montagna: "SP 65"
Sul pedale, da Pescara al Rifugio Pomilio alla Majelleta passando da Lettomanoppello, e ritorno.
domenica 18 febbraio 2024
--immersioni: "IL CONTRAFFORTE"
Una circoscritta area sommersa sul lato est del Lago di Castelgandolfo/Albano è caratterizzata da rocce che variano il tipico fondale melmoso con modesta pendenza di quasi tutto il perimetro del bacino.
Questa zona si estende per circa 200 metri in lunghezza ed ha il margine superiore a profondità variabile tra i 40 ed i 50 metri.
Da questo bordo una falesia va giù con pareti verticali e franate di scogli le cui basi poggiano tra i 60 ed i 75 metri. Praticamente una sorta di muraglia sommersa sbrecciata, dall'andamento molto articolato e di altezze variabili.
Come confine alla sua sinistra orografica (sud), c'è un ultimo sperone di roccia che è orientato sulla massima pendenza e termina ad una settantina di metri come tutto il resto del contrafforte, ed è su questo sperone che passa la linea di discesa/risalita che un paio di anni fa ho tesato tra i 10 ed i 90 metri.
Il "filmetto" è una sintesi di una serie di tuffi che ho dedicato all'esplorazione di questa circoscritta e stimolante area rocciosa che interrompe la monotonia del fondo fangoso.
Mentre risalivo da uno di questi, tra la superficie ed i venti metri di profondità mi sono stupito di sentirmi scarrocciare lateralmente da una fastidiosa corrente che raramente prima d'ora, e mai con tale intensità, m'era capitato d'incontrare. Era causata dal forte e tesissimo vento di scirocco che soffiava parallelo al lato orientale del lago, che oltre a generare in superficie onde con creste spumose, spostava anche l'acqua.
Giacinto Marchionni
domenica 28 gennaio 2024
--immersioni: " IL MURO"
Nella lunga fase di decompressione del mio scorso tuffo alla Marinella di Palmi incrociai quattro sub con i quali oltre a scambiare i classici segnali a gesti standardizzati, per iscritto ci presentammo grazie alla lavagnetta di Max, uno di loro mentre Luigi, un altro, videoriprendeva.
Contattandoci successivamente per telefono ci siamo presentati meglio, logicamente chiacchierando anche di attrezzature e d'immersioni nello Stretto di Messina.
Allora ci eravamo ripromessi di farne una assieme non appena avessi avuto un altro fine settimana libero per la mia distante trasferta.
Così è stato, ed allora eccoci sul lungomare di Lazzàro mentre prepariamo gli apparati per quella che poi sarà una bella discesa fino alla base del "Muro", singolare struttura rocciosa sommersa che a 50 metri interrompe lo scivolo sabbioso per cadere verticale giù.
Mentre nell'acqua trovata molto limpida costeggiavamo, loro con scooter ed io a pinne, questa bella falesia sommersa, potevo osservare un interessante spaccato di Mediterraneo subacqueo.
Murene, musdee, più recenti ancore ammiragliato, più antichi ceppi in piombo romani, fittissimi branchi di anthias, stelle pentagono, il tutto ulteriormente impreziosito da una piccola colonia di Corallium Rubrum: mica poco!
Diviso dagli altri, atterravo alla sua base alla massima profondità, notando la volta appena strapiombante che forma una rientranza sulla sabbia: il punto dove il muro s'interrompe.
Da qui ho proseguito seguendo comunque il suo ciglio roccioso che piegando nettamente a sinistra verso nord, in direzione della spiaggia, riguadagna gradatamente quota.
Ripassando sulle rocce meno fonde della struttura, ho ritrovato la sabbia ed un'isolata macchia di posidonia.
Girovagando e curiosando sotto costa tra gli scoglietti ed i cavi d'ormeggio delle barche dei pescatori locali, ho trascorso l'ultima parte di questa super immersione nello Ionio Calabrese.
_ 103 mt. _ 140 min. _ temp. acqua 16°C _ e.c.c.r. _
Giacinto Marchionni
martedì 16 gennaio 2024
--immersioni: "NIRVANA BLU 2"
La condizione fondamentale per immergermi da riva alla Marinella di Palmi(RC), è che devo essere più che certo che non ci siano ne' vento e tanto meno onda, perchè in caso contrario la spiaggia d'ingresso in acqua con il suo acciottolato di grandi dimensioni già di per se scomoda per un bagnante, per me solitario sub con diversi equipaggiamenti da movimentare diverrebbe impraticabile. In passato infatti in un'occasione, proprio all'ultimo minuto pronto con l'autorespiratore in spalla ed un paio di bombole ai fianchi, qui mi capitò di dover abortire il tuffo perchè si alzò un'onda frangente che rendendomi l'entrata impossibile, mi obbligò a ricaricare tutto in macchina e per non perdere la giornata d'acqua poi spostarmi su altro sito.
Le buone condizioni che avevo seguite e tenute sotto controllo nelle ultime 24 ore permangono, ed una volta giunto la vista diretta del mare che continua ad essere in calma piatta mi conferma le previsioni.
Senza fretta effettuo il lavoro di facchinaggio per trasportare a spalla gli apparati dall'automobile alla riva, prima scendendo e risalendo più volte su scalinate e poi muovendomi con attenzione sui grossi sassi di questa cala.
Terminato il lavoro di braccia, vestito sottomuta, muta ed indossato il giubbetto ad assetto variabile Side Mount, entro in acqua ed aggancio gli apparati e la bombola di b.o.
A profondità man mano crescente costeggio lo sperone che alla destra orografica chiude la cala, nuotando su di un panorama subacqueo fatto di grandi scogli che per forma ricalca quello all'aria.
Raggiunta la cinquantina di metri passo di fianco all'imponente monolito roccioso della Motta, infilandomi poi sul ripidissimo pendio sottostante ammantato di gorgonie che offrono un magnifico spettacolo.
Non mi soffermo più di tanto ad osservarle. Lo farò successivamente in risalita, perchè rimango concentrato sulla calata, ed allora con costanza e senza mai forzare spingo con le pinne a guadagnare profondità.
A ciclo continuo monìtoro gli apparati, le indicazioni degli strumenti, la respirazione ed osservo fuori.
Superati gli ottanta metri le rosse paramuricee diradano nettamente, ma non per questo il panorama diventa per me meno interessante, anzi!
Il fondo si perde chissà dove verso il basso ed intorno il blu del mare diventa sempre più intenso parallelamente alla discesa.
Proseguo la profonda esplorazione sopra salti, gradini e scogli sparsi sul fondo inclinatissimo.
Lo stretto fascio di luce che parte dal casco schiarisce la rotta, ma anche senza riesco a vedere nella penombra del mare.
Manca poco ai 120 metri e sono sospeso ed immobile a mezz'acqua poco distante da questa scogliera che, seppur meno ricca rispetto a quote meno fonde, non poco mi attrae.
Inizio la risalita e come sempre, da questo punto di osservazione dal basso verso l'alto la notevole pendenza sembra più sostenuta.
Mentre diminuisce la quota, spesso mi volto a sbirciare ancora giù da dove sto arrivando.
Raggiungo e zigzago dentro la fittissima boscaglia di gorgonie dal color rosso acceso ubriacante che ospita anche organismi marini come trasparenti claveline, ricci di mare ed intrecci bianchi di filigrana implexa. Questi sono quelli che subito colpiscono lo sguardo. A soffermarsi ce ne sono tanti altri che non so quante immersioni basterebbero per curiosarci per bene.
Riguadagno metri, riguadagno la Motta e riguadagno acque più luminose nel rispetto del tetto decompressivo.
Rientro nella fascia dei dieci metri ed in lontananza riconosco il chiarore delle bolle di scarico dell'autorespiratore di un sub che si avvicina. Non è solo però, sono in quattro: due in circuito aperto e due in circuito, chiuso come me.
Naturale è la reciproca sorpresa iniziale, poi le presentazioni scribacchiate sulla lavagnetta sub di Max, uno dei quattro, mentre Luigi, un altro del gruppo, videoriprende il simpatico incontro.
Io ricambio presentazioni e videoriprese.
A differenza di me arrivato da riva, loro hanno raggiunto il sito in gommone.
Non prima di esserci lasciati i recapiti ci salutiamo, nei giorni a seguire ci presenteremo meglio, poi prese rotte diverse li vedo scomparire alla vista verso la superficie.
Nonostante per me il debito decompressivo da smaltire in termini di tempo sia ancora lungo, mai mi annoio dentro questo mare che oramai, ad un tiro di sasso dalla battigia, è divenuto celeste.
Mi attende il lavoro finale.
Se all'inizio me l'ero presa con calma per scendere le attrezzature fino all'acqua, figurarsi ora che lo devo fare in risalita ed in più viaggi.
Quest'ultima fatica però si stempera con le immagini dell'immersione appena conclusa che mi scorrono ancora davanti agli occhi e che per parecchio vi rimarranno.
_ 118 metri _ 180 minuti _ temp. acqua 16°C _ e.c.c.r. _
Giacinto Marchionni
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