DIVING & MOUNTAINS
Quando
mia figlia
era piccola,
un giorno
una signora
troppo curiosa
le chiese:
"MA CHE LAVORO FA
IL TUO PAPA' ?"
Lei ci pensò
un po' su.
Poi le rispose:
"LE IMMERSIONI
IN MONTAGNA !"
- Giacinto "zeta zeta" Marchionni
- PESCARA, PE - Pescara, Italy
Da sempre appassionato d'immersioni che ho iniziato in apnea e dal 1981 con autorespiratori ad aria, ossigeno e circuito chiuso. Nel poco tempo rimanente mi arrampico sopra qualche montagna.
Tuffi e scalate li racconto con "filmetti", parole e foto.
lunedì 26 settembre 2022
^^montagna: "VIA MAURIZI-PERUCCI"
Dalla quota d'attacco di 1750 metri fino ai 2054 metri della vetta, la via Maurizi-Perucci con 300 metri di dislivello e 500 di sviluppo (e non 300 di sviluppo come erroneamente indicato dalle relazioni reperibili perché altrimenti si scalerebbe su di una parete verticale), percorre tutta la bella e panoramica cresta di nord-est del Monte Bicco nei Sibillini, con una linea semplice e logica che non si allontana troppo dallo spigolo e non va a forzare mai nessun passaggio.
Da Frontignano, piccola località del comune di Ussita (MC), prima camminando sotto la linea degli impianti di risalita sciistici e poi traversando a sinistra in direzione nord-ovest ci siamo immessi nella Val di Bove. Quindi perdendo quota e costeggiando la parete nord del Bicco alle 8 e mezza siamo giunti all'attacco del suo spigolo nord orientale, con vista sull'ampio anfiteatro morenico del Monte Bove Sud.
Per placche, camini e paretine intervallate da gradinate erbe inclinate superando anche qualche tratto di canale detritico, in una giornata con temperatura autunnale caratterizzata da vaghe ed alte velature di nubi, l'abbiamo risalita fin sull'arrotondata sommità del Bicco notando nell'ascesa alla nostra sinistra (destra orografica), diverse goulotte incassate che ripidamente ne incidono il corpo principale.
Nel ritorno, poco prima di tornare al parcheggio è arrivata un po' di pioggia.
Etichette:
Monte Bicco,
Sibillini,
Via Maurizi-Perucci
venerdì 23 settembre 2022
^^montagna: "CORNO ALLE SCALE"
Ai soggiorni bolognesi sono riuscito a "rubare" una veloce ascensione sul Corno alle Scale nell'Appennino Tosco-Emiliano.
Partito dal Rifugio Cavone (1424 mt), appena uscito dall'ombroso bosco supero il Passo della Porticciola ed il Passo del Vallone (1697 mt), quindi per l'aerea cresta dei Balzi dell'Ora raggiungo la grande croce metallica in punta al Corno alle Scale a 1945 metri.
Nel panoramico bel giro d'orizzonte, tra le verdi montagne riesco anche a scorgere lontano ad ovest il Mar Tirreno.
Etichette:
Appennino Tosco-Emiliano,
Corno alle Scale
lunedì 19 settembre 2022
^^montagna: "MIRKA"
Bella e continua la scalata sulla via Mirka della parete est del Corno Piccolo. Al termine, giunti sulla Cresta di Nord-Est, continuiamo fino in vetta.
lunedì 12 settembre 2022
^^montagna: "VIA DELLA PARETE"
Quando nel luglio del 1933 gli "Aquilotti" di Pietracamela, pionieri dell'esplorazione alpinistica del massiccio, aprirono quest'itinerario sulla parete nord-ovest della Vetta Orientale del Corno Grande, lo valutarono di difficoltà PD+, con passaggi di III° su roccia (Gran sasso d'Italia-Grazzini-Abbate-CAI TCI-1992).
Dopo averne effettuato la ripetizione, era da tempo un nostro progetto, afermiamo invece che il IV° superiore è anche abbastanza striminzito. Conoscendo la bravura degli Aquilotti, non ci siamo però meravigliati più di tanto della discrepanza tra difficoltà relazionate e difficoltà incontrate sul terreno.
La via nella sua prima metà risale verticalmente un sistema di fessure seguite da camini strapiombanti, poi fino in punta rimonta in successione i gradoni e le ampie terrazze inclinate che sono l'evidente caratteristica visibile da lontano della parte medio alta di questo versante della Vetta Orientale.
Mentre scalavamo su roccia, che per lunghi tratti era più che delicata a causa di sfasciumi e detriti, spettacolari erano i colpi d'occhio sulle strutture vicino a noi e sulle restanti vette del Corno Grande, mentre in basso vedevamo solamente la pietraia della morena del ghiacciaio del Calderone totalmente scomparso.
Etichette:
Vetta Orientale del Corno Grande,
Via della Parete
giovedì 8 settembre 2022
--immersioni: "LA SIRENA DEL LAGO"
Avevo da tempo l'idea di posizionare sotto la sponda est del Lago di Castelgandolfo/Albano, una linea guida di discesa/risalita tra 10 e 90 metri con al termine una statuina di Sirena.
Semplice a pensarla, sapevo che per la realizzazione pratica sarebbero occorse molte immersioni impegnative di vero e proprio lavoro a profondità crescenti.
Abitualmente qui le immersioni si effettuano prevalentemente dalla sponda ovest, in corrispondenza di un comodo punto d'accesso vicino ad una trattoria con veranda sull'acqua.
Anni fa, osservando una carta nautica del lago con le indicazioni delle linee di profondità avevo notato sulla sponda diametralmente opposta, quella orientale, una precisa zona con pendenze più marcate.
Spinto dalla solita curiosità in una prima esplorazione andai sott'acqua dall'altra parte a dare un'occhiata. Trovai ancora fango e la solita moderata inclinazione.
La carta chiaramente non poteva sbagliare, ero stato io a non centrare la zona esatta.
Insistetti e la settimana successiva ritornai spostando di qualche centinaio di metri il punto d'esplorazione.
Scoprii un'interessante ripida franata fatta di massi e paretine che arriva fino a 75 metri di profondità e che poi da allora più volte nel corso del tempo ho esplorato.
A differenza del comodo punto d'ingresso vicino la trattoria sul lato opposto, dove a poche decine di metri dal parcheggio della macchina s'inizia l'immersione, qui l'avvicinamento è davvero molto più faticoso e lavorato perché dall'auto che si lascia in alto e non vicino, si deve trasportare scomodamente tutto l'equipaggiamento prima per un centinaio di metri e poi per un ripido viottolo fino al bagnasciuga, ed al termine chiaramente ripetere il lavoro al contrario.
Una volta raggiunta l'acqua poi bisogna spostarsi in superficie per 300 metri e non uno di meno, con l'equipaggiamento addosso per arrivare sulla verticale della zona.
Già da quando qui venivo in circuito aperto ero stato tentato dall'idea di sagolare la discesa, però gli elevati consumi di miscele gassose ternarie di tale sistema a profondità importanti ed in più immersioni mi aveva fatto desistere.
Il progetto poi mi è tornato in mente quando all'uso dell'autorespiratore a circuito aperto ho affiancato il più efficiente autorespiratore a circuito chiuso/rebreather.
Arrivò quindi il momento di passare ai fatti e concretizzare le idee.
Come prima pietra fissai ancorata su di uno scoglio a 10 metri di profondità una piccola boa di plastica, praticamente un segnavia in direzione della franata.
Tornando all'epoca dei tuffi in circuito aperto, per arrivare sul punto d'inizio avevo memorizzato una precisa roccia all'aria che, logicamente per risparmiare le scorte delle miscele respiratorie con elio, raggiungevo pinneggiando galleggiando con tutte le bombole di viaggio, di profondità e decompressive addosso. Mentre ora con la boetta affondata che funge da indicatore, con il rebreather effettuo il trasferimento immerso.
Da quel punto fermo e da quel momento ma sopratutto con la piena libertà di non avere nessuna scadenza di tempo, immersione dopo immersione in una direttrice che ricalca la linea di massima pendenza, a batimetriche crescenti ho fissato altri ancoraggi tra i quali ho tesato la cima guida. A volte per la ricerca del punto fermo che garantisse la solidità non m'è bastata la singola immersione.
All'aumentare della profondità l'orizzonte sommerso del lago sfuma in tutte le tonalità di verde, da quello chiaro a quello scuro, ma oltre i 20 metri di luce non ne passa più ed il buio è costante.
In alcune circostanze può capitare di attraversare tra i 60 ed i 70 metri una fascia d'acqua biancastra, a significare che lì vicino ci sono delle sorgenti sulfuree sommerse. Della faccenda ci si rende conto se un po' d'acqua trafila all'interno della maschera, nel caso si sente l'odore di uova marce tipico dello zolfo.
Il fondale di questo lago ha sempre esercitato su di me un grande fascino che mi ha spinto gradatamente ad esplorarlo per scoprire nuovi panorami. Tutta la zona della franata di roccia vulcanica che dalla superficie arriva a settantacinque metri di profondità, è ricca delle più diverse geometrie di scogli lavici. A contornare il panorama, ci sono qui e là grossi tronchi, rami e radici d'alberi scivolati giù in basso. Non poche sono le lenze e le cime intrecciate sott'acqua. Purtroppo invece l'elemento svalutante è l'oramai abituale ed immancabile immondizia, il marchio incivile dei tempi consumistici. Non esagero dicendo che mi spiccerei prima a descrivere il ciarpame che non ho visto rispetto a quelli trovato.
L'ultimo punto fissato su roccia è a 67 metri su di una parete che definitivamente affonda a 75 metri sul fine sedimento fangoso che prosegue oltre.
Per poter continuare con la linea ho costruito dei picchetti in metallo per il fango che hanno lo scopo di mantenere sollevato il filo guida che altrimenti poteva essere seppellito dal limo.
Così in diverse immersioni alle quote di 75, 77, 80, 86 ed 88 metri ho trasportato e conficcato il nuovo picchetto che poi in una successiva discesa univo al precedente con il filo.
Lentamente e costantemente con il suo lieve zigzagare, immersione dopo immersione la geometrica linea spezzata si protendeva ogni volta un po' più in avanti.
Nel fondale fangoso capita d'incrociare qualche solitaria anguilla che serpeggia, mentre nella fascia rocciosa prossima alla superficie i persici sono molto più numerosi, molto meno le carpe, gli elusivi lucci e qualche volta branchi di amur. Purtroppo s'incrociano anche voraci tartarughe d'acqua non autoctone che al termine del loro soggiorno in qualche acquario casalingo, senza criterio sono state smaltite nel lago dove si sono riprodotte e dove puntualmente vanno a papparsi il novellame delle specie ittiche.
Intanto che procedevo con la posa della linea avevo disegnata e costruita in lamiera d'acciaio la Sirena.
A coronamento del progetto e del lungo e paziente lavoro, nel tuffo di chiusura del cantiere sommerso l'ho trasportata e con soddisfazione posata in sito in corrispondenza del capo-linea all'estremità più bassa a 90 metri.
Come ho già detto, non m'ero posto una scadenza temporale. Vivendo a Pescara ho diluito il lavoro in base al tempo libero.
Da oggi però ho un'ulteriore scusa per partire: come potrei mai rimanere sordo gli ammalianti richiami di questa gran bella gnokka di Sirena?
Immersione in ambiente lacustre a 90 metri di profondità, con visibilità sufficiente ma che a volte può risultare scarsa.
Superati i 20 metri la temperatura dell'acqua è sempre di 10°C costantemente in ogni mese dell'anno, mentre entro i 10 metri d'estate puo raggiungere anche 26°C.
L'impegno totale è aumentato dalla movimentazione degli equipaggiamenti prima dal parcheggio fino al bagnasciuga, secondo nello spostamento in acqua per raggiungere a 300 metri di distanza la zona dell'area sommersa interessata, e per terzo ed in ultimo, ma non da meno, ripercorrere tutto al contrario.
Giacinto Marchionni
Etichette:
La Sirena del Lago,
Lago di Castelgandolfo
Iscriviti a:
Post (Atom)